Spresal Asl/To4, favoreggiamento e falso: a processo sei investigatori di Ivrea
IVREA. Dopo alcune udienze preliminari e richieste di perizie da parte delle difese il gip Fabio Rabagliati ha disposto il rinvio a giudizio per otto persone, tra cui sei investigatori dello Spresal (Servizio prevenzione e sicurezza del lavoro) dall’Asl/To4, che lavorano a stretto contatto con la procura di Ivrea per le indagini sugli infortuni sul lavoro.
Parliamo della seconda emergenza dopo il codice rosso nel popoloso circondario delle procura di Ivrea, il secondo di tutto il Piemonte: ben 884 fascicoli, di cui 365 assegnati allo Spresal nel 2023. Le armi già spuntate dell’ufficio giudiziario in materia, però, si sono assottigliate ancor di più in seguito a questa inchiesta che a gennaio finirà in un’aula di tribunale.
Sei degli imputati sono dirigenti e funzionari degli uffici eporediesi, sotto la lente a vario titolo per reati come favoreggiamento, falso, perdita del corpo del reato. Nell’inchiesta ci sono i nomi dei tecnici Massimo Gai, 63 anni (avvocato Luca Fiore), Salvatore Orifici, 62 anni (avvocato Andrea Aliprandi), Barbara Masseroni, 53 anni (avvocato Paolo Campanale), Simone Gaida, 31 anni (avvocata Marta Lageard), poi dell’ex direttore, ora in pensione, del servizio, Lauro Reviglione, 68 anni (avvocato Pio Coda) e l’attuale direttrice Letizia Bergallo, 48 anni (avvocata Alessia Caserio).
Quasi tutta la polizia giudiziaria che si occupa di infortuni sul lavoro a Ivrea, insomma, è indagata. Gli altri due imputati invece sono i vertici della Omp di Busano, Michele e Fabrizio Rosboch, di 81 e 52 anni, difesi dagli avvocati Gianluca Vallero ed Elena Corgnier, che però sono accusati delle sole lesioni personali colpose.
La vicenda ha la sua origine in una indagine del 2018, quando il dito di un operaio dell’Omp fu tranciato da un macchinario, una brocciatrice.
Intervennero, come è di uso in ogni infortunio sul lavoro, i tecnici dello Spresal di Ivrea, tra cui Orifici, che poi firmò la relazione insieme a Reviglione, suo direttore. E avrebbero dato il via libera all’azienda per lavorare, sotto l’obbligo di rispettare alcune prescrizioni per rimettere a norma il macchinario. Poi, però, non avrebbero più controllato che le prescrizioni fossero effettivamente state attuate. Questo almeno fino al 2022, quando il fascicolo è finito sulla scrivania della pm Valentina Bossi.
La sostituta procuratrice ha chiesto conto allo Spresal dell’accaduto e ha ordinato un’altra ispezione del macchinario. A questo punto i due incaricati, Gai e Masseroni, inviati avrebbero dato di nuovo il via libera all’utilizzo. La magistrata allora ha chiesto una verifica a un consulente esterno, un ingegnere.
Secondo il professionista, però, la macchina non era a norma e non poteva lavorare. Nei quattro anni intercorsi tra l’incidente e l’avvio della successiva indagine sarebbero stati persi anche alcuni pezzi sequestrati del macchinario, per cui è contestata la mancata custodia a Reviglione e Bergallo.
Inoltre alla richiesta della pm di una foto del macchinario funzionante, ne sarebbe stata inviata una di una macchina gemella. Una foto sbagliata, quantomeno, inviata in questo caso dal solo Orifici. Che poi, insieme a Gaida, è anche accusato di non aver segnalato alla procura la pericolosità di otto macchine aziendali.
Le indagini sono state svolte dalla pm Bossi sulla base dei riscontri inviati dall’ingegnere esterno.