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L’Usl 6: «Enorme aumento dell’uso di psicofarmaci tra i giovani»

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«Stiamo assistendo a un enorme aumento dell’uso di psicofarmaci tra i giovani».

A rivelarlo è la dottoressa Valeria Zavan, direttrice del Servizio per le Dipendenze di Padova e Piove di Sacco, nonché coordinatrice del Dipartimento Funzionale per le Dipendenze dell’Usl 6.

L’Euganea, ha recentemente recepito il piano triennale per le dipendenze della Regione che guiderà gli interventi sul territorio fino al 2026 con l’obiettivo di rispondere ai bisogni emergenti.

La fotografia

Complessivamente, il Dipartimento per le Dipendenze accoglie annualmente 350-400 utenti nella fascia 14-24 anni: giovani segnalati dai genitori o dalle istituzioni in seguito al ritiro della patente, a un arresto o per l’appartenenza a un nucleo particolarmente problematico. Quelli che arrivano spontaneamente, hanno fatto quasi tutti uso di Thc ((la sostanza responsabile dell’effetto stupefacente della canapa ndr), ossicodone o cocaina.

La fotografia sul fenomeno della tossicodipendenza sul territorio dell’Euganea ricalca sostanzialmente quella nazionale tratteggiata nella relazione annuale al Parlamento: la più diffusa tra le sostanze è la cannabis, cui seguono cocaina, sostanze chimiche (come ecstasy e amfetamine) e l’eroina.

A livello generale, uno studente su 4 tra i 15 e i 19 anni ha utilizzato, almeno una volta nella vita, una sostanza illegale.

Da registrare anche la risalita dell’utilizzo del tabacco, in particolare tra le ragazze: oltre un terzo degli studenti ha fumato una sigaretta prima dei 13 anni. Molto diffuso anche l’utilizzo duale di tabacco e sigarette elettroniche.

Ancora, uno studente su cinque ha dichiarato di aver consumato alcolici fino a ubriacarsi, anche qui con un sorpasso delle ragazze sui maschi. Numerosi anche coloro che hanno ammesso di aver utilizzato psicofarmaci senza prescrizione medica, ad esempio per migliorare la performance o per autocura.

Confermato, infine, il profilo di rischio nell’uso di Internet con un aumento dei casi legati al cyberbullismo e il ricorso all’isolamento volontario – poco meno di uno studente su 5 –, condizione potenzialmente riconducibile a una diagnosi di “Hikikomori”.

Disagio e sostanze

Le dipendenze, spiega la dottoressa Zavan, vanno a ondate: negli anni ’90 guidava l’eroina, quindi è subentratala cocaina – che pure non è minimale –, tuttavia oggi si è arrivati ai un uso delle sostanze in modo voluttuario.

«Negli anni i comportamenti compulsivi sono cambiati: una volta erano molto più selettivi, ora sono aspecifici» sostiene Zavan «dopodiché dobbiamo anche considerare che l’età adolescenziale è quella della sperimentazione. La maturazione cerebrale si conclude attorno ai 23-25 anni, quando subentrano i sistemi di controllo e la temerarietà lascia spazio alla valutazione del rischio. Il problema è che oggi ci sono tante più sostanze a disposizione e una serie di tecnologie per ottenerle e questo aumenta il rischio».

Ovviamente, chiarisce, non tutti i consumatori diventeranno dipendenti: la trappola scatta quando l’uso si inserisce in situazioni di disagio.

«Il primo contatto con le sostanze avviene con alcol e Thc, ma gli psicofarmaci stanno assumendo un ruolo che in passato non avevano» rivela Zavan «i ragazzi cominciano provando i farmaci a disposizione in casa, come può essere il sonnifero usato dal nonno, ma poi continuano con lo scambio o con la compravendita online».

L’obiettivo è l’alterazione dello stato di coscienza. «Gli psicofarmaci così come le sostanze contro il dolore, come l’ossicodone, danno questo effetto. Basta che online qualcuno dica di aver provato un antidepressivo che “gli ha dato una botta” per far scattare la curiosità. Talvolta lanciano delle vere e proprie sfide online» assicura.

La prevenzioni

La dipendenza è legata alle caratteristiche dell’individuo.

«Una quota dei ragazzi che fa un uso voluttuario di sostanze si recupera da sé, dopodiché se c’è una certa fragilità si arriva alla dipendenza, ma va anche detto che intervenendo per tempo una parte la recuperiamo» prosegue «mediamente, la propensione alla dipendenza è per metà genetica e per metà è ambientale. Va da sé che i nostri interventi tendono ad agire su quest’ultima. Ecco perché è importante agire sugli stili di vita».

L’obiettivo è fornire linguaggi ed esperienze diversificati e innovativi su tre i livelli di prevenzione: universale, ad esempio nelle scuole – «per educare alla sostenibilità delle emozioni e sugli stili di vita» –, sui gruppi a rischio – ad esempio ragazzi che vivono in ambienti degradati – e sul singolo, intercettato e seguito all’interno del servizio.

«La prevenzione è fondamentale ma anche il territorio e il tessuto sociale sono importanti e devono fare la loro parte» conclude Zavan.




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