Crisi del lavoro, Julia e Stark in ansia per il futuro delle aziende: contratto di solidarietà per 150 dipendenti
Inizia oggi un nuovo periodo di ammortizzatori sociali per i lavoratori della Julia Utensili di Tarcento. Sei mesi di cassa integrazione attivata per tutta la forza lavoro – 76 persone – che verrà utilizzata a rotazione per gestire il calo dei volumi di produzione. Si tratta dell’ennesimo ricorso agli ammortizzatori sociali da parte dell’azienda tarcentina, realtà leader nella produzione di seghe circolari per il taglio dei metalli.
Scadrà invece il prossimo 19 dicembre la solidarietà alla Stark di Trivignano Udinese, azienda che «fa capo alla stessa proprietà e alla stessa direzione generale» fanno sapere i sindacati, occupa 70 dipendenti e produce a sua volta utensili per il taglio dei metalli ma anche per la lavorazione del legno. Anche qui la prospettiva è di un nuovo periodo di ammortizzazione: le parti sociali hanno infatti già ricevuto la richiesta di un nuovo esame congiunto.
«In entrambe le realtà, la disponibilità di ammortizzatori sociali è ormai agli sgoccioli» dichiarano sindacati e lavoratori, denunciando la propria preoccupazione per il futuro dei due stabilimenti: «Non si vedono prospettive» dicono Francesco Barbaro e Sandra Fabro, rispettivamente segretari di Fim Cisl Fvg e Fiom Cgil Udine a margine dell’esame congiunto relativo alla solidarietà.
«Dal Covid in poi, Stark – ha sempre usufruito degli ammortizzatori: prima della Cigo, poi della solidarietà, che scadrà il 19 dicembre con un’ultima possibile proroga di sei mesi, che a oggi però la direzione non ha ancora richiesto».
Quanto a Julia, «dopo aver utilizzato la metà disponibile di Cigo firmeremo un contratto di solidarietà in continuità per sei mesi, a copertura del primo semestre 2025, ma anche qui non è stata prospettata nessuna azione per uscire dal perdurare di calo di lavoro» aggiungono i due sindacalisti.
Insomma, la netto del continuo ricorso agli ammortizzatori sociali, secondo Barbaro e Fabro la proprietà non starebbe mettendo in campo alcuna soluzione utile a rimettere in moto le sue aziende, un’assenza di investimenti e strategie che allarma, oltre al sindacato, anche i 150 lavoratori, tanti quelli complessivamente a libro paga dei due siti.
Ad aggiungere preoccupazione a preoccupazione, anche il rapido turnover ai vertici.
Ancora Barbaro e Fabro: «Negli ultimi sei mesi, a fronte del pensionamento del direttore generale, si sono succeduti due nuovi dg che però hanno terminato anzitempo il loro mandato. Risultato: l’azienda ha richiamato in forze il vecchio».
Il calo della produzione nei due stabilimenti si aggira, sempre a sentire il sindacato, intorno al 40-50 per cento. Un calo importante, affrontato ricorrendo ripetutamente agli ammortizzatori sociali.
«Negli esami congiunti effettuati per le cigo o per i contratti di solidarietà – denunciano i sindacalisti –, le due aziende hanno semplicemente scaricato la riduzione di carico di lavoro sulla situazione di mercato, congiunturale e politica, avendo un atteggiamento attendista e speranzoso di una ripresa del mercato».
«I lavoratori sono spaventati – concludono Barbaro e Fabro –, con buste paga più povere e senza figure responsabili . Sono giustamente spaesati e chiedono risposte all’azienda, che dopo diversi tavoli chiusi in modo interlocutorio, adesso è tempo venga a raccontarci quali sono i suoi piani per rilanciare i due stabilimenti friulani».