Polveriera mediorientale tra guerra, tregue e accordi. Tajani: “Italia pronta a fare di più: ora e dopo la fine del conflitto”
La polveriera mediorientale torna a infiammarsi. Dalle strade di Gaza alle alture del Golan, passando per le macerie di Aleppo, il panorama geopolitico si agita sotto tensioni incrociate che minacciano di riscrivere le mappe della regione. Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano, ha ribadito la necessità di «rilanciare il processo politico per una soluzione a due Stati» durante la Conferenza umanitaria per Gaza, un appello che riecheggia il bisogno di stabilità in un contesto che sembra ormai sfuggire al controllo.
Tajani: “L’Italia è pronta a fare di più: adesso e dopo la fine del conflitto”
La Striscia di Gaza continua a essere il teatro di una crisi umanitaria senza precedenti. Tajani ha sottolineato che «le persone a Gaza non possono più aspettare», mentre ha elencato gli sforzi italiani, tra cui i 70 milioni di euro donati per aiuti alimentari e medici. «Siamo pronti a fare di più per aiutare i bambini in Palestina o riceverne altri nei nostri ospedali», ha aggiunto.
«La pace nel Medio Oriente è una priorità per la presidenza italiana del G7, e siamo molto preoccupati per la situazione umanitaria, a Gaza, in Libano e in Siria», ha affermato il ministro. Anche dopo la fine del conflitto, l’Italia sarà «pronta a fare la sua parte» — ha ribadito Tajani — «siamo pronti a ricoprire un ruolo importante nella ricostruzione». Tuttavia, il ministro è stato chiaro: «Il nostro interlocutore è l’Autorità palestinese, e siamo pronti a dispiegare il nostro personale per una missione di pace Onu sotto la guida araba».
Siria: il fantasma della guerra torna a farsi sentire
Ad Aleppo, il conflitto siriano ha ripreso vigore con un’offensiva a sorpresa dei ribelli, guidati da Hayat Tahrir al-Sham, ex affiliati di al-Qaeda. «È la più grande battuta d’arresto per Assad degli ultimi anni», hanno dichiarato fonti locali. La riconquista di Aleppo da parte dei ribelli segna un punto di rottura in una guerra che sembrava cristallizzata. Le forze governative, sostenute dalla Russia e Iran (questi ultimi attori che controllano da tempo punti strategici nella regione), hanno lanciato una controffensiva, mentre la Turchia gioca un ruolo ambiguo tra sostegno ai ribelli e richieste di compromessi politici. È in una conferenza congiunta, infatti, che il ministro degli esteri turco e il suo omologo iraniano hanno affermato che lavoreranno per stabilire la pace e la tranquillità in Siria. «L’integrità territoriale e la sovranità della Siria devono essere preservate», secondo il ministro iraniano. Ci sono sia differenze che accordi comuni.
Ma il quadro si complica con l’arrivo di milizie irachene, sostenute dall’Iran, per rafforzare Assad, e con le dichiarazioni di Israele che avverte: «Non permetteremo all’Iran di sfruttare il conflitto per armare Hezbollah».
Libano: tregua fragile e accuse incrociate
Anche in Libano, nonostante l’Italia resti «in prima linea con Unifil», come ribadito da Tajani oggi, le tensioni si intensificano. La tregua con Israele, mediata dagli Stati Uniti, vacilla sotto il peso delle accuse reciproche. Mentre il presidente del parlamento libanese Nabih Berri denuncia 54 violazioni israeliane, Israele accusa Hezbollah di trasferire armi attraverso il Litani. La situazione, già esplosiva, rischia di trascinare nuovamente il Libano in un conflitto aperto.
La partita diplomatica si gioca nell’ombra
Sul fronte diplomatico, in parallelo alla conferenza in Egitto, emergono trattative sotterranee tra Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti per allontanare Assad dall’influenza iraniana. Una fonte statunitense ben informata sulla questione ha rivelato che funzionari della Casa Bianca hanno esplorato la possibilità di un’apertura con gli emiri, evidenziando il loro interesse a finanziare la ricostruzione della Siria e sfruttare la “posizione indebolita” di Assad dopo l’offensiva israeliana contro Hezbollah. Secondo la stessa fonte, l’ipotesi di una revoca delle sanzioni su Assad, ha aperto una «finestra di opportunità» per implementare una strategia di «bastone e carota», mirata a incrinare l’alleanza tra Damasco, Teheran e Hezbollah. Tuttavia, la Repubblica degli ayatollah ha già avvertito Assad: «Non dimenticare il passato».
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