Dallo studio sull’enzima alle celle telefoniche: così si cerca di arrivare alla verità sul caso Resinovich
Nella stanza del sostituto procuratore Maddalena Chergia, che dirige le indagini, la documentazione relativa al caso di Liliana Resinovich occupa una sezione decisamente corposa.
L’ultimo tassello
La nuova relazione medico-legale sarà l’ultimo, sebbene il più importante, tassello che andrà a comporre un articolato mosaico fatto di perizie, controperizie, analisi, rapporti. Da una parte quelle dei consulenti incaricati dalla stessa Procura, dall’altra quelle dei professionisti ingaggiati dal marito, dal fratello, dalla nipote e dalla cugina della donna. In campo, per sciogliere i dubbi che ancora pesano sul giallo ci sono figure di altissimo rilievo.
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La prima svolta
Il giudice per le indagini preliminari Luigi Dainotti, lo scorso anno, rigettando la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura, aveva disposto l’iscrizione a carico di ignoti per il reato di omicidio volontario (finora ad allora il fascicolo indicava il sequestro di persona), indicando nell’ordinanza inviata alla Procura 25 punti da approfondire.
Nel disporre una nuova perizia medico-legale, il gip aveva indicato alla Procura di analizzare alcuni nuovi elementi, anche per accertare la data della morte. È avvenuta il giorno della scomparsa oppure «ragionevolmente 48-60 ore prima del ritrovamento del cadavere», come indicato dalla prima consulenza?
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Lo studio sull’enzima
A questo scopo il giudice aveva disposto la misurazione di uno specifico enzima mediante un prelievo dai muscoli, utilizzando quello già acquisito al momento dell’autopsia, «al fine di verificare la fondatezza dell’ipotesi del congelamento o del raffreddamento del cadavere», indicava l’ordinanza. A ciò si aggiungeva, tra le richieste, quella «di uno studio accurato sullo sviluppo della rigidità cadaverica nei casi di congelamento».
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L’analisi dei dispositivi
Oltre agli aspetti medico-legali, il gip aveva disposto l’analisi di tutti gli account e i dispositivi digitali in uso a Liliana e la verifica delle celle telefoniche dell’area del ritrovamento. Anche i dispositivi telefonici del marito Sebastiano Visintin e di Claudio Sterpin, l’uomo con cui Lilly aveva una relazione, sono stati passati ai raggi x. Sono stati sottoposti nuovamente ad analisi anche i sacchi neri trovati infilati sul corpo di Liliana.
Dna e soldi
Le tracce di Dna rinvenute sulla bottiglietta, sugli slip, sul cordino usato per allacciare i sacchetti in testa sono stati comparati con il profilo genetico degli uomini vicini alla donna. Il giudice non ha trascurato neppure la pista dei soldi, chiedendo lumi sui contanti (si parla di qualche migliaio di euro) scoperti nell’abitazione di Lilly e Sebastiano. —
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