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Ucciso dal voltafieno a Gorizia, condanne confermate

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Sentenza di primo grado confermata per la morte di Milovan Stevanovic, il 68enne sloveno che nel novembre 2015 fu colpito dai raggi di una macchina voltafieno nell’area dell’aeroporto “Duca d’Aosta”, in un punto del lato che costeggia via Stradalta a Rupa.

Nel valutare il procedimento per omicidio colposo, la Corte di Appello di Trieste ha ribadito le condanne a un anno e due mesi di reclusione con la sospensione condizionale della pena nei confronti di Saverio e Devid Humar.

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Padre e figlio, il 20 dicembre del 2022, erano stati condannati anche a un risarcimento provvisionale ai familiari della vittima di 175 mila euro. Una sanzione di 45 mila euro era stata poi stabilita nei confronti del Centro Zootecnico Goriziano, la cooperativa di Savogna d’Isonzo che si occupava dello sfalcio dell’erba dell’aeroporto di via Trieste il cui legale rappresentante era Devid Humar.

Allora la pubblica accusa, rappresentata dal vice pretore onorario Gianluca Brizzi, aveva chiesto al giudice Concetta Bonasia 3 anni di reclusione per entrambi gli imputati e una sanzione di 105 mila euro per la cooperativa agricola.

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L’incidente era avvenuto durante l’attività svolta nel perimetro del “Duca d’Aosta”. Secondo le ricostruzioni Saverio Humar, allora 75enne, aveva acceso il trattore attivando in quel modo anche il meccanismo del rimorchio voltafieno e, a quel punto, le raggiere delle pale si erano messe automaticamente in moto, cominciando a girare velocemente. Il sessantottenne di Merna si trovava però nel campo d’azione del macchinario e non aveva potuto fare niente per evitare d’essere colpito alla fronte, rimanendo ucciso. Nel concedere la sospensione della pena, il giudice Bonasia aveva riconosciuto una provvisionale di 100 mila euro per la vedova e di altri 75 mila complessivi per il figlio e le nipoti di Stevanovic.

Sul fronte della difesa, in appello l’avvocato Dario Obizzi e Andrea Finizio hanno sollevato la questione dell’applicabilità delle norme sulla sicurezza nell’ambito agricolo. «Purtroppo, l’unica cosa certa è che ci troviamo di fronte a una tragedia - ha osservato Obizzi -, per il resto attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza. Soltanto dopo, decideremo cosa fare».

Sul fronte opposto, l’avvocato Marco Mizzon, legale della vedova di Stevanovic, e il collega Stefano Tigani, legale del figlio e delle due nipoti della vittima, hanno posto l’accento sul fatto che si è trattato di un incidente sul lavoro, anche se Stepanovic non era stato regolarizzato. «Al momento la parte civilistica è ferma, ma ci troviamo di fronte a un rapporto di lavoro. Al momento nessuno ha risarcito nulla, ma una volta consolidata la sentenza, ci attiveremo nei confronti dei soggetti che devono pagare il risarcimento: da un lato i condannati, dall’altro l’Inail».—

RIPRODUZIONE RISERVATA




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