La Genesi ‘liberata’: così Blackie Edizioni spoglia i testi classici di sacralità e ce li fa riscoprire
Ci sono classici che proprio a causa alla loro pervasività nella nostra cultura hanno smesso di essere letti. Sembra un paradosso vero? Eppure è così. L’intelligente sfida di Blackie Edizioni con la collana “classici liberati” è quella di farci riscoprire il piacere della lettura di testi togliendoli dalla propria “sacralità”.
Esemplare in questo senso l’ultimo uscito della collana: Genesi liberata, con sottotitolo Il Big Bang dell’umanità. Il libro della Genesi, scritto secondo la tradizione da Mosè 2500 anni fa, è un testo di grandissima potenza narrativa ed evocativa. Inserito tra i testi sacri da diverse religioni: ebraica, cristiana, e anche islamica, narra della creazione del mondo. Ritradotto laicamente da Erica Baricci, il testo esce da una lettura canonica. Ecco come suonano le prime righe: “In principio Elohìm creò i cieli e la terra. La terra era un caos informe e le tenebre incombevano sulla faccia dell’abisso mentre lo spirito di Elohìm aleggiava sulle acque. Elohìm disse ‘Sia luce!’. E luce fu”.
Quella della creazione dell’universo e dei primi uomini è una storia avvincente, affresco visionario di una visione del mondo e di una filosofia di vita, ma anche, semplicemente, una bellissima storia. Il volume è arricchito da diverse riflessioni sul testo illuminanti.
Nelle pagine della Genesi sono racchiuse tante storie ideate per rappresentare le sfaccettature dell’animo umano. Con la storia di Abele, ad esempio, si narra del primo omicidio, e si riflette sul motivo dell’esistenza del male. Epicuro nel III secolo a.C. si chiede: se un Dio esiste ed è onnipotente perché permette il male? O non è onnipotente o è malvagio, o non esiste, oppure noi non lo capiamo.
Come non emozionarsi poi nella descrizione del diluvio universale, che tanto ricorda le odierne alluvioni, simbolo di fine e di inizio allo stesso tempo.
Per molti secoli la scienza cercò di adattare le proprie scoperte per farle accordare con le pagine della Bibbia, con effetti a volta comici, altre volte inquietanti. L’incontro di menti illuminate con le tesi religiose diventa poi bizzarro nel ‘700 quando gli illuministi Diderot e D’Alambert fanno un lungo calcolo per capire come doveva essere fatta l’arca di Noe, e quanto cibo doveva trasportare, per poter permettere l’impresa del salvataggio dal diluvio.
La Genesi fu per millenni la risposta più accreditata dell’occidente alla più atavica delle domande: Chi siamo? Da dove veniamo? Nel libro è contenuta anche una riflessione sul tema del fisico Stephen Hawking in cui lo scienziato parla delle molte teorie susseguitesi su queste domande. Parla dei Bushongo dell’Africa centrale che sostenevano che il dio Bumba avesse vomitato il sole che asciugando l’acqua aveva fatto emergere la terra e di Aristotele invece, secondo cui l’universo era sempre esistito, ma gli esseri umani non potevano ricordarlo perché continue inondazioni avevano cancellato la storia umana e la memoria delle antiche civiltà.
Se invece, come nella Genesi, l’universo aveva avuto un inizio, la domanda era: cosa c’era prima dell’inizio? Cosa faceva Dio prima di creare il mondo? La risposta arrivò solo con Albert Einstein nel 1915, ed era meno intuitiva del previsto: il tempo non esiste. Si tratta di una grandezza dinamica che viene modellata dalla materia e dell’energia dell’universo. Cercare l’inizio del tempo sarebbe come cecare la fine della superficie terrestre.
Il Big Bang infine è stata la risposta che la scienza ha dato alla domanda della creazione. Ma anche questa lascia aperta una grossa questione: perché esiste la vita? A questa domanda non c’è una risposta. Per questo è ancora molto avvincente rileggere antichi testi come la Genesi, non più per trovare risposte, ma al contrario per riscoprire antiche domande per il nostro presente.
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