La destra teme il conflitto sociale e reprime il dissenso: bisogna attivare tutti gli anticorpi democratici
Di chi ha paura il governo e la maggioranza delle destre? Non certo di una opposizione parlamentare debole, resa inefficace da leggi che hanno mortificato il ruolo del parlamento, scarsamente credibile per quanto fatto e non fatto quando i partiti di opposizione si sono trovati a governare il Paese. Alle forze di governo reazionarie, oscurantiste e autoritarie, preoccupa la crisi di consenso nell’opinione pubblica e la crescita di un’opposizione sociale. L’opposizione politica non capitalizza con efficacia le difficoltà delle destre, ma pensa, come anche altre volte le è riuscito, di incassare i risultati quando si andrà nello stretto della campagna elettorale e il solito mantra unite e uniti, turandosi il naso, per battere le destre avrà una sua presa. E così avremo un altro giro, altra corsa, senza che il sistema però si rompa e vi sia un effettivo cambiamento di rotta politica, e non solo, nel Paese.
Ma le forze di destra, e in generale il potere reazionario dell’ordine costituito, temono il crescente conflitto sociale. Temono le lotte operaie, l’attivismo sindacale, le contestazioni studentesche, le proteste che aumentano, la rabbia sociale, la delusione e la sfiducia dei ceti medi, le rivendicazioni di ampi settori sociali. Il dissenso monta e la rabbia cresce. Le riforme, le manovre e gli atti del governo sono pericolosi e segnano una marcata svolta autoritaria nel Paese. Le forze reazionarie puntano a sminare l’informazione tenendola sotto controllo e addomesticare la magistratura, portando poi un attacco frontale alla democrazia, alle libertà e ai diritti con il cosiddetto disegno di legge sicurezza, il famigerato DDL 1660, che con la sicurezza non ha nulla a che vedere se non quella di garantire al manovratore la sicurezza di non essere disturbato.
Il pugno duro della pena e del carcere per chi dissente non è solo un attacco mirato e strategico contro le aree del dissenso organizzato e antagonista del paese, ma anche una manifesta intimidazione nei confronti di chiunque si azzardi a partecipare e solo manifestare dissenso verso l’ordine costituito rappresentato dalle politiche delle destre. L’aumento esponenziale di fogli di via delle questure e delle proposte di misure di prevenzione utilizzate per mafiosi e terroristi fa scivolare sempre di più il nostro paese verso lo stato di polizia. La magistratura garante dello stato di diritto è sotto attacco perché il potere gradirebbe una magistratura che ritornasse ad essere, come soprattutto nel dopoguerra e in parte fino agli inizi degli anni 80, braccio togato delle forze reazionarie di governo per bloccare ogni forma di lotta dal basso che possa disarcionare il sistema e farlo vacillare.
Ai tempi dei neofascismi universali e del liberismo sempre più disumano e violento, il dissenso non è consentito e va represso, con le buone o con le cattive. E se magari un pezzo molto piccolo delle forme estreme del dissenso dovesse scivolare in forma di lotta violenta, questa è una delle variabili che il sistema ha prediletto nella storia per stroncare tutto ciò anche che con la violenza non aveva nulla da spartire. La politica fuori dal sistema deve organizzare sui territori forme di forte resistenza costituzionale e costruire laboratori dal basso per l’alternativa. Le forze sociali non devono dismettere le lotte per i diritti. Alla magistratura compete, come in tutti i momenti di forte crisi democratica e con tutti i limiti di una categoria anche screditata agli occhi della opinione pubblica, di non consentire l’arretramento dello stato di diritto e attuare in profondità tutti i principi costituzionali con rigore. Bisogna attivare tutti gli anticorpi democratici e costituzionali per fermare una deriva autoritaria di evidente stampo neofascista. Perché i fascismi non sono mai tutti uguali, quello nostrano e mondiale degli ultimi tempi è però particolarmente pericoloso.
Se non si lotta, il disegno eversivo sfonderà le difese, trovando un popolo il più delle volte sedato, fermo o indifferente, e i danni, se si tramutano sempre più anche in modifiche della Costituzione, rischiano di divenire irreversibili e dalla terapia intensiva della democrazia si passerà verosimilmente al coma farmacologico praticato da un potere tossico e nocivo.
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