Padova, busta con proiettili al legale di Turetta: disposta la sorveglianza. Gino Cecchettin: “Inconcepibile in una società civile”
Una busta con tre proiettili è stata consegnata giovedì a Padova allo studio di Giovanni Caruso, avvocato e professore ordinario di Diritto penale all’università cittadina, difensore di Filippo Turetta, reo confesso del femminicidio della 22enne Giulia Cecchettin e per questo condannato all’ergastolo al termine del processo di primo grado. Una volta scoperto il contenuto dell’involucro, Caruso ha contattato la Questura che ha inviato sul posto personale della Squadra mobile, della Digos e della Polizia scientifica. Su segnalazione del questore, in serata il prefetto di Padova ha disposto un servizio di vigilanza a tutela del legale, che interesserà l’abitazione, lo studio e l’università. Il mattino successivo il professionista ha depositato denuncia contro ignoti.
Nelle scorse settimane Caruso era stato criticato per la sua arringa in difesa di Turetta, mirata tra l’altro a fargli riconoscere le attenuanti generiche ed evitargli così il carcere a vita. Tra i primi a esprimere solidarietà all’avvocato, però, c’è stato proprio Gino Cecchettin, papà della giovane uccisa: “La notizia della busta contenente proiettili inviata all’avvocato Giovanni Caruso è profondamente inquietante e inaccettabile da concepire in una società civile”, ha affermato. “Ogni forma di intimidazione o violenza, anche simbolica, è da condannare senza esitazione. La giustizia deve fare il suo corso in un clima di rispetto e serenità. Atti come questi non rappresentano alcuna forma di solidarietà verso le vittime, anzi rischiano di offuscare la serietà del lavoro che stiamo portando avanti nella Fondazione Giulia Cecchettin. È solo attraverso questi principi che possiamo costruire una società più giusta e umana”, ha sottolineato.
Sulla vicenda sono intervenute anche l’Associazione dei professori di diritto penale e l’Unione delle Camere penali, con una nota congiunta firmata dai rispettivi presidenti, Gian Luigi Gatta e Francesco Petrelli: “Il grave atto intimidatorio rivolto al professor avvocato Caruso ci obbliga a fare appello alla responsabilità dei media, della politica e di tutti su una narrazione delle vicende giudiziarie equilibrata nei toni e rispettosa dei ruoli dei diversi attori del processo”, scrivono. “Il rischio paradossale, altrimenti, è che perfino dopo una sentenza di condanna dell’imputato di un femminicidio, alla pena più grave prevista dall’ordinamento, e quando gli sforzi della nostra società sono volti al contrasto della violenza contro le donne, si generino ulteriori episodi di violenza che rendono necessario addirittura assicurare l’incolumità di un avvocato e professore universitario”.
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