Il sindaco Conte al forum della Tribuna di Treviso: «All’università 60 milioni»
Sindaco Mario Conte, partiamo col fare un bilancio di questo primo anno di secondo mandato alla guida di Treviso. Non crediamo si bocci. Quindi si considera promosso o rimandato?
«Beh, non mi piace dare voti, in primis a me stesso, ma direi... otto e mezzo. E questo grazie a una maggioranza granitica e di tanti progetti messi a terra con la collaborazione di tutti (ed elenca)».
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Il progetto del 2025?
«Direi la città universitaria, tra noi, Padova e Venezia stiamo mettendo a terra un piano da quasi 60 milioni. Ci saranno tanti cantieri. Sotto forma di nuovi spazi e studentati Padova investirà alla caserma Salsa. E poi corsi internazionali per attrarre studenti dall’estero grazie all’aeroporto Canova. L’obiettivo è arrivare a 6 mila studenti nel 2026».
Ah. Però pensavamo fosse tempo di Park Vittoria. O dopo mesi di attese state cambiando idea?
«Assolutamente no. Sono e siamo convinti sia un’opera necessaria e da fare, la migliore in assoluto. Ma non spetta a noi l’ultima parola. Stiamo aspettando che i tecnici ci dicano che si può».
Sì, ma l’attesa sta diventando eterna. Quanto aspetterete?
«Aspetteremo e integreremo le carte fino a quando non diventerà un prolungarsi di tempo infinito. Poi dovremo trarre conclusioni».
Ma una alternativa la avete?
«Le stiamo studiando».
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Voi, o voi e il privato?
«Per ora solo noi. Poi se sarà necessario siederemo al tavolo per discuterle. Sono tanti gli aspetti da vagliare e vorrei ricordare che ci sono contratti, penali, e spese fatte fin qui».
Ribadite infattibile un multipiano alle ex Poste?
«Si, non è la soluzione».
Allora su cosa ragionate?
«L’ex Siamic. L’area è privata come le ex Poste in ferrovia ma strategicamente più rispondente alle necessità. Ma servono accordi con la proprietà. Per ora son valutazioni, come quella di più park esterni alle mura, che però non ricalcano la strategia alla base del Vittoria».
Ma per l’ex Siamic serve prima la nuova stazione dei bus. Li siamo fermi.
«Le demolizioni inizieranno nel 2025, sarà pronta nel 2026».
Nel frattempo pedonalizzazione ferma?
«Noi prima facciamo le infrastrutture, poi pedonalizziamo, non come hanno fatto altri, sbagliando. Stiamo preparando il Fast park al Foro Boario (altri 150 posti, ndr) e studiando un altro park fuori mura. Andremo a dama».
Il traffico è un nodo scorsoio. Strategie?
«Nel 2025 con i nuovi mezzi Mom inizieremo la rivoluzione del trasporto pubblico. Bisogna indurre gli utenti a usare i mezzi, e per questo servono nuovi bus e reti più utili. Non è possibile ci siano ancora le linee 9, 7, 1 come quando ero ragazzino... Il mondo è cambiato. Pensiamo a un trasporto più utile, più sistematico e magari meno caro, che faccia rete con bike sharing e magari anche colonnine elettriche. E poi serve decongestionare».
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Ecco: il famoso IV lotto della tangenziale c’è su carta. Ma i soldi?
«Quelli arriveranno, ne sono certo. Quando non lo so, non spetta a noi. Ma stavolta si fa».
Park, stazione, bus, tangenziale... Non si sta buttando palla avanti?
«Non mi pare. La città è un cantiere. Guardate le fogne. Altro che palla avanti. Per fine mandato la città avrà l’80% degli edifici collegato».
Altro tema cardine per la città è l’emergenza abitativa. Partiamo dai richiedenti asilo sgomberati dal Park Appiani e che hanno trovato spazio all’ex caserma Serena fino a febbraio. Poi cosa succederà?
«Ancora non sappiamo. L’amministrazione comunale sta dando risposte su un tema che, però, non deve ricadere sempre e solo sui Comuni e in particolare sul capoluogo. Abbiamo trovato immediatamente una sistemazione ai pakistani, ma anche ad altre persone che si sono aggiunte, anche col foglio di via. Ma non possiamo continuare a farlo, stiamo tamponando una situazione che però non deve competere solo noi».
L’emergenza casa però tocca anche i trevigiani, le giovani coppie, i lavoratori, che non trovano sistemazioni a prezzi abbordabili.
«Il tema della casa è un problema ed è evidente che è diventato necessario un piano casa».
Cosa vuol dire fare un nuovo piano casa?
«Significa poter disporre degli immobili dello Stato, come per esempio caserme, e fare in modo che vengano rigenerate per altri usi, università, ambiti sportivi. Il punto è che nessuno si sta preoccupando. La nostra amministrazione sta investendo tanto sulla riqualificazione e la messa a norma degli immobili esistenti perché noi ogni anno rimettiamo sul mercato un centinaio, 150 appartamenti che hanno bisogno di essere adeguati da un punto di vista impiantistico e li rimettiamo a disposizione, ma sono sempre insufficienti. E poi serve anche altro».
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Cosa?
«Una politica di responsabilizzazione degli utenti, perché serve anche lì un percorso di grande formazione degli utenti che per la stragrande maggioranza dei casi sono stranieri, quindi con culture diverse, con abitudini diverse, perché il tema dei pagamenti degli affitti, seppur bassi e simbolici, deve essere insindacabile».
È possibile quantificare il fenomeno?
«Siamo arrivati ad avere un milione e 400 mila euro di affitti e spese condominiali non pagate. Una situazione insostenibile. Quindi è un tema che va affrontato certamente a livello comunale se ci vengono dati gli strumenti che sono risorse economiche per sostenere chi ha bisogno di una casa e di spazi».
Un esempio di spazi?
«Il complesso di via Capodistria e di via Albona di proprietà di Inps. Stiamo trovando un accordo con Israa per procedere all’acquisto di una trentina di appartamenti, una parte saranno destinati ai dipendenti della casa di riposo, l’altra a giovani coppie. L’operazione sarà finalizzata entro il 2025».
Questione elezioni regionali. In questo momento la prospettiva della Regione, per Conte, è una possibilità, una speranza o un progetto?
«Difficile rispondere, ho un amore viscerale per la mia città e un senso di responsabilità nei confronti di ciò che abbiamo cominciato. Il tema del terzo mandato riguarda Zaia, ahimè oggi riguarda anche me, fra tre anni finisco la mia esperienza di sindaco. Dovessi immaginare un futuro, il canale dell'amministratore lo sento mio, più di quello politico, e io sono entrato dal versante amministrativa. E mi sento davvero bene, per me servire la comunità è la cosa più bella che potessi fare nella mia vita. Quindi certo la Regione è una possibilità, fermo restando che io sogno sempre, anche se le speranze diventano sempre più piccole, che possa continuare il nostro presidente Zaia».
Ne ha già parlato con Salvini?
«Ho parlato con Salvini non ovviamente della mia posizione, non sarebbe né rispettoso né corretto ma della situazione, e ho fatto presente che in Veneto c'è una sensibilità amministrativa che oggi è ancora rappresentata dalla Lega, c'è una classe dirigente di sindaci e di amministratori, a partire da Zaia che ha un consenso importante nei territori. E chiunque andrà a sedersi a quel tavolo questa sensibilità le deve portare».
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La sensibilità di questa Lega appare, francamente, distante da quella della Lega che siede a Roma. E più in generale da una linea politica che si sposta verso destra.
«La distanza della Lega di territorio dalla Lega di governo è cresciuta, ma è una sensibilità che non guarda certo a destra, ma guarda ai bisogni delle persone in modo abbastanza trasversale. Quando devo risolvere un problema non guardo né i partiti d’appartenenza né i voti che esprimono, devo risolvere il problema ai miei cittadini e creare delle condizioni di sviluppo del territorio indipendentemente dalle sensibilità politiche. La politica guarda a destra e a sinistra, i sindaci guardano ai problemi delle persone che non hanno colore, nazionalità e neanche distinzione. Per questo ritengo che oggi il nostro paese abbia bisogno della sensibilità dei sindaci. E mi pare l’ abbiano detto anche gli elettori: in Liguria, Emilia Romagna e Umbria hanno vinto tre sindaci».
Ma perché questa Lega più moderata e pragmatica non si fa sentire nel dibattito interno? Zaia, storicamente, l’ha sempre tenuta fuori, parallela ai giochi di partito e agli apparati.
«Credo sia giunto il momento che questa Lega, se prima non ha mai trovato un suo canale per entrare nel gioco interno del partito dei veneti, lo cerchi. Penso si debba mettere un po’ da parte anche il mi no vo a combatar, è ora di tirare fuori la nostra forza, la nostra identità e farla sentire anche dentro la Lega».
Non c’è paura di perdere il Veneto per gli equilibri politici? Piemonte, Friuli, Lombardia sono tutti a guida leghista.
«Non c’è paura di perderlo, piuttosto la determinazione di tenerlo. Lo dico perché la partita delle regionali è anche questione di sopravvivenza della Lega, e della sua ragion d’essere in Veneto. Non candidare un esponente della Lega, e spero sempre sia Zaia, rischia di farci diventare un partito che non ha più senso qui».
Lei guida Anci Veneto. C’è un possibile partito trasversale dei sindaci?
«Non è un partito, è una realtà, ma vorrei dire una comunità che mi sta dando soddisfazioni enormi, noi sindaci dobbiamo mettere al centro il cittadino, io come presidente di Anci metto al centro i sindaci che pure in una fase difficile e complicata – meno risorse e personale, mille responsabilità - e al di là delle appartenenze politiche condividiamo gioie e dolori ma anche tante buone pratiche, ringrazio tutti, dal confronto quotidiano con tutti imparo molto. I sindaci, tutti, devono essere un riferimento anche per la politica regionale o nazionale per la loro sensibilità e pragmatismo nei confronti della gente. E per me va ascoltata anche quando si andrà a decidere chi domani guiderà il Veneto».