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Caso key-box, il prefetto di Venezia scrive a tutti i sindaci: «I turisti vanno accolti di persona»

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«Identificazione persone ospitate presso locazioni turistiche». L’oggetto della lettera che il prefetto di Venezia, Darco Pellos, ha inviato martedì ai 44 sindaci della Città metropolitana mette in chiaro e precisa quanto disposto dal ministero dell’Interno nei giorni scorsi: niente più identificazioni da remoto ma accoglienza di persona degli ospiti degli alloggi turistici.

Misura necessaria per «prevenire rischi per l’ordine e la sicurezza pubblica in relazione all’eventuale alloggiamento di persone pericolose o legate a organizzazioni criminali o terroristiche». Misura che avrà un impatto molto forte nella città storica, in terraferma e in tutte quelle località - si pensi ai comuni della costa - dove è massiccia la presenza degli appartamenti turistici.

Oggi, nella maggior parte dei casi, funziona così: si prenota online e, per il chek-in, si raccolgono le chiavi di casa da un key-box grazie al codice arrivato sul telefonino. Quando va bene si spediscono i documenti d’identità via mail o via WhatsApp a chi gestisce l’appartamento. Una volta conclusa la vacanza si lasciano le chiavi sul tavolo dell’appartamento o si ripongono nella key-box. E si lascia la città.

Dopo la stretta del ministero, ribadita nella lettera inviata dal prefetto ai sindaci, non potrà più essere così. La modalità di ricezione della clientela con la key-box «scavalca la fase dell’identificazione personale degli ospiti al momento dell’accesso alla struttura», si legge nella lettera del prefetto, «e non garantisce la verifica della corrispondenza del documento al suo portatore» come invece previsto dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

Le norme prevedono inoltre che entro le 24 ore successive all’arrivo degli ospiti - entro le sei ore successive nel caso di soggiorni inferiori alle 24 ore - i gestori comunichino alla questura le generalità delle persone alloggiate. Un obbligo che scatta anche nel caso in cui si partecipi a uno scambio casa attraverso la piattaforma Home Exchange e pure per quelle che il ministero dell’Interno, nella circolare che ferma il self check-in, definisce Marina Resort. Il riferimento è alle barche trasformate in alloggi, ben presenti a Venezia. «Strutture organizzate per la sosta e il pernottamento dei turisti», si legge nella lettera del prefetto Pellos, «all’interno di unità navali da diporto ormeggiate in uno specchio d’acqua attrezzato in strutture dedicate alla nautica».

L’intervento del Viminale anticipa quel che il Comune ha previsto nel testo del nuovo regolamento comunale sugli affitti brevi di cui ora si sta dibattendo nelle commissioni consiliari e che è atteso in consiglio comunale per l’approvazione definitiva. Tra le regole previste per chi affitta per più di 120 giorni l’anno infatti c’è anche l’obbligo di ricevere di persona gli ospiti, oltre a quello di iscriversi in uno specifico registro di Ca’ Farsetti presentando una scia per la destinazione d’uso: per gli alloggi turistici è residenziale e resterà residenziale con la possibilità aggiuntiva di fare affitto turistico.

Ora, con il richiamo del ministero dell’Interno, anche chi affitta per meno di 120 giorni l’anno dovrà adeguarsi alle nuove norme sul chek-in. Come? Nel caso in cui gli alloggi siano gestiti da agenzie ci sarà di più da lavorare per il personale. Nel caso invece di alloggi turistici a gestione familiare è probabile che, per chi prenota l’appartamento, compaiano le fasce orarie nelle quali sarà possibile accedere. Se poi questa ulteriore stretta porterà alla sparizione delle key-box si capirà solo nelle prossime settimane. Camminando per Venezia non sarà difficile capire se la circolare, da questo punto di vista, sarà stata efficace. Oppure no.




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