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Декабрь
2024

M5s, nella separazione tra Conte e Grillo emergerebbero anche alcuni aspetti economici

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di Fabio Selleri

Nel duello all’ultimo sangue che contrappone Conte a Grillo, e che purtroppo sta eclissando il dibattito sulla riforma del Movimento, l’accusa più frequente rivolta al Garante dai suoi detrattori riguarda il compenso annuo di 300.000 euro percepito come consulente per la comunicazione. In effetti, è lecito nutrire qualche perplessità sulla congruità di un simile compenso, soprattutto tenendo conto della presenza estremamente saltuaria del fondatore del Movimento nel dibattito pubblico e delle difficoltà nel valutare il suo effettivo apporto alle strutture comunicative. Ma se l’oggetto del contendere, come nel più bellicoso dei divorzi, deve diventare la questione pecuniaria, allora diventa inevitabile dare un’occhiata anche al rendiconto dell’Associazione Movimento 5 Stelle.

Il primo aspetto critico riguarda la sua mancata approvazione da parte dell’Assemblea. L’articolo 10 lettera b) dell’attuale Statuto riconosce agli iscritti da oltre 6 mesi il compito di approvare il bilancio consuntivo. Tuttavia, non risulta che sia mai stata convocata un’assemblea su questo punto: il rendiconto 2023, come i precedenti, è stato approvato dal solo Consiglio Nazionale. Non si tratta di una mancanza meramente formale, in quanto la discussione del bilancio consentirebbe agli iscritti, o almeno ai loro delegati, di chiedere delucidazioni e porre domande che, come vedremo più avanti, rischiano invece di restare senza risposta. Si tratta peraltro di un obbligo tassativamente previsto dalle Linee guida della Commissione di garanzia degli statuti per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici.

Scorrendo le cifre che compongono il rendiconto, i primi dati che richiamano l’attenzione sono il consistente saldo di disponibilità liquida, superiore a 9 milioni, e l’avanzo di esercizio pari a 1,9 milioni di euro. Il forte incremento rispetto al dato del 2022 (126.000 euro) è determinato dalla nuova risorsa del 2 x 1000, pari a 1,8 milioni per il 2023. Se l’obiettivo di un’impresa privata è il conseguimento di un utile, per un’Associazione senza fini di lucro le considerazioni devono essere diverse. I fondi che vengono raccolti dovrebbero essere utilizzati per rendere più efficace l’attività politica, mentre il conseguimento di un importante avanzo di bilancio denota una scarsa capacità di spesa.

Criticità che risulta ancora più evidente se consideriamo che l’Associazione dichiara di non avere sostenuto spese elettorali per le elezioni comunali del 2023, mentre le campagne elettorali per le regionali di Lazio, Lombardia, Friuli, Molise e Sardegna hanno comportato uscite di cassa per complessivi 56.211 euro. Una cifra piuttosto modesta, soprattutto confrontandola con l’intenzione dichiarata di volersi radicare sui territori.

Le voci di costo più rilevanti sono “Oneri per servizi”, pari a 1.022.960 euro, ed “Accantonamenti”, pari a 1.920.729 euro. La nota integrativa non fornisce ulteriori dettagli, quindi la domanda “cosa c’è lì dentro” sarebbe probabilmente la prima a venire posta dagli iscritti chiamati ad approvare il bilancio. Se il Movimento spende 315.000 euro per personale dipendente e poco o niente per le attività sul territorio, il dubbio sulla destinazione di questi 2,9 milioni è più che lecito.

Conte non sta rispondendo all’invito, rivoltogli dai suoi oppositori, ad andarsene e fondare un proprio partito. Questo comporterebbe la consegna ad altri della gestione amministrativa del Movimento, libri contabili compresi. Pur essendo i 9 milioni in cassa una cifra molto più significativa rispetto ai 300.000 di Grillo, è poco plausibile che sia questo a renderlo così riottoso a “cedere le chiavi di casa”. Ben più imbarazzante dal punto di vista politico potrebbe essere l’avere finalmente una risposta al perché si usano così poche risorse sui territori e così tanto su capitoli di spesa caratterizzati da scarsa trasparenza.

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