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Sansavini tratteggia il Codivilla del futuro: «Pazienti anche dall’estero»

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«Non è stato facile arrivare a questo accordo, ma ce l’abbiamo fatta: possiamo completare i lavori al Codivilla. Andiamo avanti, punteremo anche a clienti dall’estero».

Tira un respiro di sollievo Ettore Sansavini, fondatore e presidente di Gvm Care & Research, uno tra i maggiori gruppi italiani attivo nel settore della sanità da oltre 50 anni, che con le sue strutture in Italia e all’estero conta oggi circa 12 mila addetti.

Gvm Cortina Srl è la società che oggi gestisce il Codivilla, struttura di proprietà pubblica che fa capo all’Ulss 1 Dolomiti, e che lo sta ristrutturando per poterlo poi gestire per 20 anni.

Ma il percorso è stato tortuoso e la ristrutturazione del Codivilla Putti rischiava di saltare.
A salvare il progetto è stato l’accordo raggiunto nei giorni scorsi con la Regione e l’Ulss 1 Dolomiti per la revisione del Piano economico finanziario, con la concessione di 20 milioni di euro in più a copertura delle maggiori risorse necessarie per eseguire i lavori alla struttura ospedaliera di proprietà pubblica e un adeguamento delle date dei vent’anni di gestione.

Presidente Sansavini, può spiegare di cosa si tratta?

«È stato rivisto il Piano economico finanziario del bando per la ristrutturazione dell’ospedale per poter arrivare fino in fondo e continuare il servizio anche dopo le Olimpiadi. L’intervento si è rivelato più oneroso rispetto a quanto era previsto nel bando, sia per i privati, sia per la Regione. Ma i rischi erano del privato che sta eseguendo i lavori. Ora, con questo accordo, ognuno se ne è fatto carico».

Vi hanno dunque dato più soldi?

«No, non hanno dato più soldi a noi. Gvm sta lavorando per la costruzione di un ospedale pubblico, di proprietà della Ulss, non stiamo lavorando su una struttura nostra. C’è stata una revisione dei conteggi dovuta al cambiamento dei prezzi da quando è stato stilato il bando. La gara è stata fatta parecchi anni fa, e dopo le varie vicende del Covid, della guerra e altro, il cronoprogramma si è rallentato e i costi sono saliti notevolmente. Senza questo accordo per noi non sarebbe stato possibile andare avanti, ci avremo rimesso per una struttura che non è nostra. Inoltre è stata spostata la data della concessione della gestione dal 2019/2039 di prima, al 2022/2042 di adesso. Non è stato facile, ad un certo punto abbiamo avuto dei dubbi, ma l’importante è che ora sia andato in porto».

Che cosa ci guadagnate allora?

«Ci guadagniamo la gestione ventennale della struttura attraverso la concessione. Noi eseguiamo i lavori per conto della Regione e dell’Ulss, e abbiamo la gestione dell’ospedale per vent’anni. Ma per farlo rendere non possiamo solamente farne un ospedale territoriale: dobbiamo puntare su pazienti provenienti da altre regioni, anche dall’estero, con una attività privata su attività particolari».

Ci sarà dunque sia sanità pubblica, sia servizi privati?

«Esattamente. Nel momento in cui apre l’ospedale, parte l’ammortamento. Paghiamo l’affitto alla Ulss che è la proprietaria dell’immobile, e lavoriamo per il Servizio sanitario nazionale attraverso la concessione. Il cittadino quindi troverà i servizi di prima ai prezzi del pubblico, e i ricavi in questo campo sono sostenuti dai Drg, dalle tariffe del pubblico. Ciò però non basta, e quindi puntiamo su una attività privata per i ricavi. Una volta finiti i lavori, l’ospedale sarà molto più grande di prima. Per questo non si può pensare di avere solamente un ospedale territoriale, non starebbe in piedi».

Questo sistema della concessione secondo lei può essere un sistema per far funzionare la sanità pubblica?

«Personalmente sono un grande sostenitore della sanità pubblica, non sono per nulla contrario, ma il sistema deve essere tenuto in piedi. La gestione deve essere diversa, più snella, in un’ottica aziendale; nel pubblico oggi i medici si trovano a svolgere ad esempio mansioni burocratiche che limitano il loro lavoro, cosa che un privato può svolgere con gli uffici, mentre il medico può fare solamente il medico. La concessione pubblico/privato può essere una modalità nuova per garantire il futuro della gestione sanitaria nazionale».




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