Il load balancing, una questione sconosciuta a chi ha scritto il Piracy Shield
Quanto accaduto nella serata di lunedì 9 dicembre 2024 al giornale online DDay ci porta ad aprire un nuovo fronte legato alla miriade di problemi legati al sistema del Piracy Shield in Italia. Un IP secondario su cui si appoggia la testata telematica che si occupa di tecnologia e digitale, è stato oscurato dopo una segnalazione arrivata – attraverso la piattaforma gestita da Agcom da parte di uno dei detentori dei diritti di trasmissione delle partite di Serie A (presumibilmente Dazn che ha trasmesso, contestualmente a quanto accaduto, in esclusiva il posticipo Monza-Udinese) – nel corso della serata. Ed è qui che è necessario sottolineare come chi ha scritto la legge (peggiorandola ancora di più negli ultimi mesi) non conosca le dinamiche di internet, ignorando che le CDN gestiscono il traffico attraverso il load balancing.
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Piccola premessa. Come abbiamo spiegato nel nostro precedente approfondimento, lo stesso direttore DDay ha spiegato che non è stato oscurato (temporaneamente) l’IP principale, ma uno secondario fornito automaticamente dalla CDN utilizzata dalla testata online:
«Evidentemente il nostro provider CDN ha un sistema di gestione del load balancing che fa in modo che qualche sessione venga indirizzata proprio all’IP bloccato».
Una notizia che non è una notizia. Infatti, la gestione del load balancing è una dinamica tipica del mondo di internet, con le CDN che spostano parte delle sessioni di traffico di un determinato sito (per questo il blocco e l’oscuramento ha “colpito” solamente parte degli utenti, esattamente come accaduto a ottobre con Google Drive) su altri server per evitare il sovraccarico.
Load balancing, cos’è e cosa sbaglia Piracy Shield
Ma come funziona questo “bilanciamento del carico”? Si tratta di una tecnica, tipica dell’informatica e di internet, che ha come obiettivo quello di instradare le richieste degli utenti – anche quelle di collegamento verso un sito – verso il server (di conseguenza, verso un IP) più adatto a gestirle in un determinato momento. Il tutto si basa su criteri e algoritmi che consentono ai sistemi di procedere in modo automatizzato. Dunque, una sorta di “vigile” che gestisce il traffico stradale spostandolo verso altre direttrici. E una CDN funzionante, per evitare sovraccarichi dei server, fa proprio questo.
Per questo motivo è stato colpito un IP secondario di DDay. Ma chi ha scritto la legge che ha dato vita al sistema Piracy Shield era a conoscenza di tutto ciò? A quanto pare no. Anche nel caso in cui un indirizzo IP fosse inserito in una “white list”, l’eventuale oscuramento di un IP potrebbe comunque rendere indisponibile l’accesso a un sito. Anche se non ha commesso illeciti. Evidentemente, questo elemento strutturale del funzionamento delle CDN e dell’ecosistema internet deve essere sfuggito a chi ha scritto e approvato la norma.
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