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Декабрь
2024

Attacchi Usa in Siria, obbiettivo le armi di Assad

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Emergono nuovi elementi sulle operazioni militari che hanno accompagnato la caduta del regime siriano e su quelle che vengono oggi ritenute necessarie per evitare che le armi siriane cadano nelle mani dell'Isis. Gli Stati Uniti, con un comunicato del Comando centrale unificato delle forze (Centcom), hanno affermato di aver effettuato decine di attacchi aerei contro obiettivi Isis in Siria subito dopo la caduta di Damasco e la fuga in Russia del presidente Bashar al-Assad. Tra sabato e domenica gli Usa avrebbero quindi colpito oltre 75 obiettivi, tra i quali alcuni leader dell'organizzazione, reparti operativi, campi di concentrazione dei miliziani e centri logistici, in modo che i gruppi armati non approfittassero della situazione per compiere azioni militari e dotarsi di armi come droni, missili e testate chimiche. Tre gli assetti principalmente utilizzati dagli Usa, i grandi bombardieri B-52 Stratofortress giunti in Medioriente nelle ultime settimane, i Boeing F-15 Strike Eagle e i vecchi ma sempre efficacissimi bombardieri anticarro A10. Tutti supportati da aerocisterne e velivoli radar.

Sempre secondo il Centcom non ci sarebbero state vittime civili, come ha specificato il suo comandante, generale Michael Erik Kurilla: “Non permetteremo all'Isis di ricostituirsi e trarre vantaggio dall'attuale situazione in Siria; tutte le organizzazioni militari dovrebbero sapere che le riterremo responsabili se collaborano o supportano l'Isis in qualsiasi modo”. Nella giornata di sabato 7 dicembre il consigliere uscente per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, aveva affermato che gli Stati Uniti avrebbero continuato a svolgere un ruolo in Siria, dove dal 2014 hanno schierato truppe per combattere l'Isis. “Ci sono tre cose su cui dobbiamo concentrarci in modo particolare”, ha affermato Sullivan al Reagan National Defense Forum di Simi Valley, in California, “che i combattimenti in Siria non portino alla rinascita dell'Isis nella forma che abbiamo conosciuto, e prenderemo provvedimenti noi stessi, direttamente e lavorando con le Forze democratiche siriane e i curdi, per garantire che ciò non accada. Ma anche che i nostri alleati nella regione, Israele, Giordania, Iraq, altri che confinano con la Siria, o che potrebbero potenzialmente affrontare effetti della ricaduta di quanto accade, siano forti e sicuri. Infine, che tutto ciò non porti a una catastrofe umanitaria”.

Il funzionario della Casa Bianca ha anche affermato che Hayat Tahrir al-Sham, il principale gruppo ribelle, aveva alcuni legami con l'Isis e gli Stati Uniti lo hanno classificato come organizzazione terroristica nel 2018 e che presto alcuni alti funzionari dell'amministrazione di Washington saranno nella regione per “mantenere attiva la missione contro l'Isis, aiutando a garantire la stabilità nella Siria orientale, proteggendo il personale Usa da qualsiasi minaccia, ma soprattutto impegnandosi con tutti i gruppi siriani per stabilire e aiutare ovunque possibile la transizione dal regime di Assad a una Siria sovrana indipendente”. Esiste quindi la conferma che gli Stati Uniti erano attivamente coinvolti con più gruppi in Siria e con i partner nella regione. “Voglio solo sottolineare che il futuro qui sarà scritto dai siriani. Non stiamo elaborando un progetto politico da Washington” ha quindi dichiarato Sullivan, che non ha fatto mistero sul fatto che gli Usa siano anche preoccupati per l'arsenale di armi chimiche di Assad. “Ci sono una serie di sforzi in corso in tal senso, anche con alcuni dei nostri partner nella regione che sono stati coinvolti. Quindi è qualcosa su cui siamo molto concentrati, ma è improbabile che schiereremo truppe aggiuntive in Siria per affrontare questo problema.”

A preoccupare gli Usa, ma anche Israele e la Nato, è il fatto che la Siria di Assad produceva e possedeva armi chimiche, missili e droni, che in parte sono stati colpiti dalle missioni statunitensi proprio affinché non cadessero nelle mani dell'Isis. In particolare sono importanti le attività del Cers siriano (Centro studi e ricerche scientifiche), che contava circa 20.000 addetti distribuiti su 26 centri, magazzini e fabbriche che Israele considera un sistema di “collaborazione tra Siria-Iran ed Hezbollah”, non a caso a presidiarli e garantirne la sicurezza erano le forze Quds, che sono i reparti speciali delle Guardie iraniane della Rivoluzione e dal Nucleo 9000 di Hezbollah. Alcune di queste strutture, quelle situate nei pressi della città di Aleppo, alla fine di novembre erano cadute in mano ai ribelli, ovvero il Suleiman Compound e il Defense Factories Compound.

I combattimenti avevano visto la anche conquista da parte delle forze Hts del centro di sperimentazione Masyaf situato a circa 30 km a ovest di Hama, dove sorge l'Istituto 4000“, dove pare fosse in fase di realizzazione un sistema missilistico di precisione e dove venivano costruiti droni, razzi Fateh-110 e munizioni. Il Cers sarebbe anche il centro di conservazione delle testate chimiche anche se nel settembre 2014 era stata dichiarata chiusa la missione congiunta Opac-Onu per la rimozione e distruzione di quanto rimaneva delle armi chimiche che Assad aveva utilizzato per la repressione delle rivolte. A dubitare che ciò sia effettivamente accaduto è Israele, che ricorda agli alleati che il regime di Assad fosse capace di produrre nuove scorte, tanto che le sue forze (Idf) avevano più volte colpito tali impianti, anche nel settembre scorso.




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