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La nuova arma politica si chiama filantropia

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«Gli europei sono stati immigrati clandestini in Africa per secoli. Hanno saccheggiato. Trafficavano esseri umani. Hanno massacrato… Questa è la conseguenza». È l’allucinante messaggio scritto sullo scafo blu di Solidaire, l’ultima nave della flotta Ong del mare, che porta migranti in Italia. L’armatore è l’attore, pilota e filantropo argentino, nato a Genova, Enrique Piñeyro, che in collaborazione con gli spagnoli di Open Arms ha fatto salpare una vera ammiraglia lunga 66 metri, larga 15 e con una coperta di 353 metri quadrati. Piñeyro è un dettaglio nel club dei super ricchi, soprattutto americani.

Panorama traccia la mappa dei filantropi che incassano e spendono cifre da capogiro. Nicoletta Dentico, autrice del libro Ricchi e buoni? - Le trame oscure del filantrocapitalismo (Emi), sostiene che le visioni «umanitarie» delle fondazioni dei ricchissimi e generosissimi, da John Rockefeller a Bill Clinton e Mark Zuckerberg, «sono potenti strumenti di controllo planetario». Nel mondo esistono 2.562 miliardari: 746 in America, 470 in Cina e 180 in India. Secondo il magazine Forbes i 400 «Paperoni» degli Stati Uniti hanno un patrimonio di 4,5 trilioni di dollari. E i ricchi investono appunto nella filantropia 190 miliardi di dollari. La fetta più grossa delle donazioni, 91 miliardi, arriva dagli Usa seguita dall’Europa con oltre 60 miliardi.

Il Vecchio continente conta ben 180 mila fondazioni che, negli ultimi 20 anni, hanno aiutato 2,8 milioni di Ong e organizzazioni caritatevoli con Francia e Germania all’apice dei contributi, seguite da Olanda e Italia. Talvolta con idee discutibili come quelle di Piñeyro: «Una delle cose che più mi indigna di quello che sta accadendo nel mondo è come un continente ricco e potente come l’Europa abbia riempito l’Africa di immigrati clandestini (gli stessi europei), che non sono arrivati con barche o gommoni ma con le armi». Il filantropo argentino aggiunge: «Anni dopo, le persone provenienti da quei luoghi già depredati devono migrare per cercare il sostentamento che è stato loro tolto e gli europei guardano dall’altra parte. È davvero scandaloso».

Piñeyro è un italo-argentino di 67 anni, che ha ereditato una fortuna dalla famiglia del nonno, Agostino Rocca, fondatore del gruppo Techint. Il «milionario ribelle», una via di mezzo fra Che Guevara e Michael Moore, ha creato con la moglie, Carla Calabrese, la fondazione Solidaire nel 2021. All’inizio, come pilota di due Boeing di sua proprietà, andava a recuperare profughi ucraini, afghani o in Sudan; è successo con un’ultima missione del 16 ottobre scorso. Poi ha acquistato e rimesso in sesto la nave che batte bandiera panamense dopo aver conosciuto Oscar Camps, l’ex bagnino fondatore della Ong spagnola Open Arms, grande accusatore di Matteo Salvini nel processo di Palermo. Nave Solidaire era in vendita per 4 milioni e 750 mila dollari e sono stati fatti diversi lavori per poter imbarcare in emergenza anche mille migranti. I costi operativi si aggirano attorno ai 25 mila euro a settimana secondo una fonte di Panorama. Il 23 novembre sono sbarcati da Solidaire, a Ortona, Abruzzo, 50 persone provenienti da Guinea, Egitto, Bangladesh, Pakistan, Eritrea, Sudan, tutti maschi, anche minori, partiti dalla Libia. «Le navi ammiraglie costano un milione di euro l’anno» osserva il veterano di una delle Ong più importanti. «Il dubbio, dopo decenni sul campo e in mare, è che i grandi donatori vogliano ripulire un po’ di denaro o garantirsi un’immagine buonista diversa dalla realtà. Anche solo in termini di contatti e influenza un ritorno c’è sempre».

Piñeyro e la moglie ricordano un’altra coppia di «benefattori», che in realtà facevano anche business, Christopher e Regina Catrambone, pure loro con origini italiane, fondatori della Moas. Tra il 2014 e il 2017, durante le missioni nel Mediterraneo e nell’Egeo, con nave Phoenix, la Ong pubblicizzava di avere soccorso 40 mila migranti, quasi tutti portati in Italia, nonostante la sede fosse a Malta. E il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva nominato Regina, nata a Reggio Calabria, Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana per il contributo umanitario. La coppia ha sempre sostenuto di avere sborsato otto milioni di dollari di tasca propria per le missioni di soccorso. Secondo i bilanci del 2015, però, quasi due milioni di euro dei donatori sono andati a finire nella casse delle società private dei fondatori per il noleggio della nave. Moas ha abbandonato il Mediterraneo ed è rispuntata in versione «combat» con 150 medici, soccorritori, autisti e 50 ambulanze in prima linea in Ucraina «fin dal primo giorno» dell’invasione russa, sostenendo di aver salvato 60 mila vite. «Il denaro è potere e la filantropia uno dei modi per poter affermare la propria influenza nella società» ha affermato Katherina Rosqueta, che dirige il Center for High Impact Philanthropy dell’Università della Pennsylvania.

L’America è l’Eldorado dei filantropi buonisti. Al primo posto c’è sempre Warren Buffett, che ha 93 anni e un patrimonio di 131 miliardi di dollari: nella sua vita ha donato 56,7 miliardi. Fra i primi dieci non mancano Bill e Melinda Gates, adesso separati, che hanno donato più del 20 per cento del loro patrimonio conquistando «un’influenza sulla scena delle politiche internazionali con una presenza e penetrazione troppa invasiva» sottolinea Dentico. «Nella corsa al vaccino anti-Covid spicca la Bill & Melinda Gates Foundation. Solo un caso?» ha scritto nel suo libro. «Non proprio. Sono esempi dello svuotamento, operato da privati, delle più alte istanze internazionali di ambito pubblico».

L’effetto boomerang sul fondatore di Microsoft comincia a sentirsi, a cominciare dall’Africa, dopo «aver comprato» il controllo delle malattie come la poliomielite e finanziato interi uffici dell’Organizzazione mondiale della sanità. L’alta Corte del Kenya ha sospeso «privilegi e immunità» della fondazione Gates ottenuti il 19 settembre. George Soros è un altro membro dell’Olimpo dei filantropi Usa, come MacKenzie Scott, che ha divorziato da Jeff Bezos nel 2019, ottenendo il 4 per cento delle azioni di Amazon (38 miliardi di dollari). Nella sua vita ha donato 16,58 miliardi «ponendo l’accento sull’uguaglianza economica, razziale e di genere». Di sicuro buoni propositi: ma poi si scopre che negli Usa «per ogni dollaro investito nella propria fondazione privata, il miliardario recupera fino a 74 centesimi in agevolazioni fiscali». Il cofondatore di Netflix, Reed Hastings, finanziatore della candidata sconfitta alla Casa Bianca, Kamala Harris, ha aiutato con 1,8 miliardi di dollari associazioni caritatevoli non meglio identificate. La tempistica delle donazioni a fin di bene ha sollevato sospetti sull’utilizzo della sua fondazione come scappatoia fiscale. «Dopo aver fatto fortuna, vuoi rendere il mondo a tua immagine e somiglianza per plasmarlo secondo le idee personali» dichiara a Panorama, Marco Bassani, esperto degli Stati Uniti e docente all’UniPegaso. Per non parlare dei «talebani» della filantropia, come Solidaire negli Stati Uniti, «nata dall’esigenza di combattere contro l’avidità aziendale, la disuguaglianza economica, il cambiamento climatico, l’ingiustizia di genere e razziale». Una rete che si mobilita per ottenere fondi a favore di progetti che sembrano saltati fuori dal linguaggio di Vladimir Lenin. Sono riusciti a raccogliere «solo» 15.721.688 nel 2023.

Il business delle donazioni si sta allargando a Paesi come l’India «dove c’è il più alto incremento di miliardari del mondo» osserva Dentico. «E anche in Africa emergono dei filantropi dopo aver capito che è uno strumento di influenza». L’Europa non è da meno, con una particolare attenzione ai migranti. European Philantropic Initiative for Migration è un’importante e longeva fondazione che vuole un continente «in cui la migrazione è accettata come parte della sua storia, presente e futura, dove i migranti appartengono, affermano i loro diritti e hanno l’energia per plasmare il loro futuro».

Uno dei maggiori filantropi europei, politicamente corretti, è stato Ingvar Kamprad, fondatore miliardario dell’Ikea. Intanto la fondazione Robert Bosch, celebre industriale tedesco, sostiene che «la filantropia non è neutrale (…) le fondazioni non dovrebbero mai essere imparziali o nascondersi dietro il pretesto della neutralità». Al contrario devono «sfruttare il loro potere politico e impegnarsi in politica» per cambiare la società. Fra le prime dieci fondazioni Ue c’è la Zennström Philanthropies svedese, nata grazie a Catherine e Niklas Zennström, che ha inventato Skype. La loro «missione» è aiutare «le organizzazioni che lottano per i diritti umani e lavorano per fermare il cambiamento climatico». Non poteva mancare un aiuto all’Asgi, l’Associazione dei giuristi italiani che si batte per le «porte aperte»; e quel finanziamento serviva a stendere il Rapporto sulla detenzione dei migranti in Italia.




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