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In Italia 1 adulto su 3 ha competenze inadeguate: ripartire dall’istruzione è la soluzione urgente

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Bisogna ripartire dall’istruzione per sostenere la produttività. È il chiaro messaggio che arriva dall’ultima indagine Ocse: in Italia 1 adulto su 3 ha competenze inadeguate. Siamo agli ultimi posti tra i Paesi avanzati per capacità di calcolo, di comprensione del testo e di problem solving. Le conseguenze sulla produttività del lavoro sono evidenti e la povertà conoscitiva aumenta insieme a quella economica

Lo studio dell’Ocse ha fotografato la situazione negli anni 2022-2023 in 31 Paesi, dopo dieci anni dall’ultima rilevazione. Risultato? Il problema di competenze in Italia esiste e purtroppo non è migliorato. In termini di comprensione del testo, gli adulti italiani tra i 16 e i 65 anni hanno ottenuto un punteggio medio di 245, ben al di sotto della media OCSE di 260. Più di un terzo degli italiani si ferma a un livello minimo di competenza, capace di affrontare solo testi brevi e informazioni chiaramente organizzate, mentre solo il 5% raggiunge i livelli più alti, rispetto al 12% della media internazionale. Anche nelle abilità di calcolo, i dati non sono migliori. Il punteggio medio italiano è di 244 contro i 263 della media OCSE, con una quota preoccupante di persone che riesce a svolgere solo operazioni basilari, come sommare o sottrarre numeri semplici. La situazione peggiora ulteriormente quando si analizzano le capacità di problem solving adattivo: il punteggio medio è di 231, con quasi la metà della popolazione adulta incapace di gestire problemi anche moderatamente complessi. Questi risultati, se confrontati con l’indagine precedente del 2013, mostrano una stagnazione generale, ma anche un allargamento delle disuguaglianze. Mentre chi possiede già competenze elevate registra un lieve miglioramento, chi è in difficoltà si trova ulteriormente penalizzato.

Una delle cause principali è la difficoltà del sistema educativo a offrire a tutti le stesse opportunità di apprendimento. I giovani italiani, pur ottenendo risultati leggermente migliori rispetto agli adulti più anziani, restano infatti lontani dagli standard dei coetanei di altri Paesi avanzati. Emblematico è il confronto con i Paesi nordici, dove i diplomati raggiungono competenze superiori a quelle dei laureati italiani. A ciò si aggiunge la scarsa mobilità sociale: il livello di istruzione dei genitori continua a essere un fattore determinante per le competenze dei figli, riflettendo l’incapacità del sistema educativo di colmare le disuguaglianze socioeconomiche di partenza.

Anche la formazione professionale e continua resta un punto debole. Gli adulti italiani hanno poche opportunità di aggiornarsi e migliorare le proprie competenze, una carenza che rende il Paese poco pronto di fronte ai cambiamenti tecnologici e organizzativi. Non va dimenticata l’esclusione degli stranieri dal sistema educativo e formativo. Questo, come sottolinea l’OCSE, perpetua la povertà educativa ed economica, limitando la mobilità sociale e contribuendo all’inefficienza del mercato del lavoro.

Le conseguenze di questo scenario sono evidenti. Chi possiede maggiori competenze, specialmente nelle abilità matematiche, ha maggiori probabilità di trovare un lavoro, minori rischi di disoccupazione e salari più alti. Tuttavia, con un terzo della popolazione che non raggiunge i livelli minimi di competenza, il Paese nel suo complesso paga un prezzo alto. La produttività resta stagnante, i salari medi sono più bassi rispetto ai principali partner europei, e le imprese faticano a trovare personale qualificato per ruoli strategici. Ripartire dall’istruzione è dunque una necessità per l’Italia, per non rimanere intrappolata in un circolo vizioso di povertà educativa ed economica.

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