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Matteo Arnaldi: “La vita da tennista non è facile, ma non mi pesa. Sono un gran lavoratore”

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Il tennis italiano continua a brillare grazie a giovani talenti che stanno lasciando il segno sul palcoscenico internazionale. Tra questi, Matteo Arnaldi, nato a Sanremo nel 2001, si è affermato come uno dei giocatori più promettenti della sua generazione. Dopo un 2024 assolutamente positivo, di grande crescita più che altro, Arnaldi ha consolidato il suo posto tra i migliori del circuito ATP, rappresentando una delle maggiori speranze per il futuro del tennis azzurro.

Intervista da GQ Italia, Matteo ha parlato della sua passione, della sua dedizione e di come viva un tennista, anche fuori dal campo chiaramente.
Arnaldi ha iniziato a coltivare la sua passione per il tennis fin da bambino, ispirato dai racconti del nonno e guidato dal suo amore per lo sport. La sua carriera è decollata già nelle competizioni giovanili, quando ha vinto il singolare e il doppio ai campionati italiani Under 13.

Nel 2024, Arnaldi ha raggiunto risultati significativi, come il quarto turno al Roland Garros, dove ha sconfitto il numero 6 del mondo, Andrey Rublev, in un match memorabile. Un altro punto saliente della stagione è stata la semifinale raggiunta al Masters 1000 di Montréal, un traguardo che pochi giocatori della sua età riescono a raggiungere. Nonostante questi picchi così positivi, non possiamo definire il 2024 “l’anno di Matteo Arnaldi”, e lui stesso lo sa: “Quest’anno non ho espresso il tennis che volevo, però sicuramente è stato un anno di miglioramenti, che riguardano vari aspetti: il lavoro fisico, quello mentale, la gestione delle partite. L’esperienza, anche: ho giocato match importanti in campi importanti, che prima non mi erano mai capitati, e questo per il futuro mi servirà tantissimo.”

Ciò che accompagna Arnaldi, oltre alla passione per il suo lavoro (che lo rende un vero e proprio stacanovista) e un team affiatato, è la vicinanza di tutti i colleghi, che Matteo racconta con piacere: Tra di noi siamo veramente amici, ci divertiamo insieme, ci troviamo spesso a cena. Ognuno ha il proprio team, il proprio percorso, quindi in campo è una storia a sé. Ma ci possiamo considerare un gruppo di amici, soprattutto perché fuori dal circuito è difficile legare essendo sempre in viaggio.”

Il suo best ranking è attualmente al numero 30 della classifica ATP, ma Matteo Arnaldi è destinato a lasciare un segno profondo nel tennis internazionale. Il suo stile di gioco aggressivo, unito a un impegno instancabile, lo rende un atleta da tenere d’occhio nei prossimi anni. Il suo idolo è Kobe Bryant, che incarna alla perfezione la filosofia di migliorarsi continuamente, di rimanere concentrati, di non farsi né abbattere dalle sconfitte né di adagiarsi sugli allori quando si è a un passo dalla vittoria (o come Kobe stesso direbbe “Il lavoro non è ancora finito. Tu dici che è finito? Io non credo proprio”). Ciò che a tanti ragazzi serve è uscire dalla loro comfort zone, stare tanto fuori casa, capire com’è cavarsela da soli. Il vantaggio che ha permesso a Matteo di arrivare dov’è è anche che per lui tutto questo non è mai stato un problema: “…a me non è mai pesato. Mi è sempre piaciuto viaggiare, vedere posti nuovi… anzi, faccio fatica a stare nello stesso posto per tanto tempo. E poi ho la fortuna di avere con me il mio team, la mia ragazza, perciò non mi sento mai solo.”

Fuori dal campo Matteo racconta di essere un ragazzo che tiene vivo il suo spirito competitivo, anche quando gioca alla PlayStation, ma a cui piace anche viaggiare, andare al mare (essendo lui di Sanremo gli viene anche piuttosto facile quando è a casa) e guardare lo sport in televisione, su tutti i motori e l’NBA.

Gli appassionati di tennis italiani hanno molto da aspettarsi da Arnaldi, che, insieme ad altri stupefacenti giovani, come Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, sta ridefinendo il futuro di questo sport per l’Italia (e già lo ha fatto portandoci quel punto contro l’Australia in finale di Coppa Davis nel 2023). Il viaggio di Arnaldi è appena iniziato, e non vediamo l’ora di scoprire dove arriverà.

Francesco Maconi




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