Venezia, Savoretti in concerto al Malibran: «Mi manca l’Italia, mi sento un puzzle incompleto»
L’Italia ha imparato ad amarlo per la sua voce appassionata e struggente. Per le sue poesie in musica, per i suoi racconti di viaggio e di ricerca, tra l’Inghilterra dove è nato e dove vive e il nostro Paese, dal quale ha preso il cognome, un pezzo di anima, il romanticismo e il tifo calcistico. Ma anche per i suoi concerti, che fanno battere il cuore. E lui, Jack Savoretti, dopo vent’anni di canzoni e sette album, ha deciso di ricambiare apertamente, con un disco – “Miss Italia”, uscito a maggio scorso – che ha messo d’accordo le sue due anime, strizzando l’occhio al cantautorato italiano senza perdere quel timbro anglosassone che ha fatto le sue fortune. Oggi Savoretti tornerà a Venezia per un concerto al teatro Malibran (biglietti esauriti), seconda tappa di un mini-tour italiano che lo porterà poi a Bologna, Milano, Roma e Napoli. «È un’emozione grande tornare a Venezia, alla Fenice ho fatto uno dei concerti più belli della mia vita nel giorno del compleanno di mia moglie», racconta lui. «Questa città così romantica è parte della mia gioventù, venivo spesso per il carnevale con i miei genitori».
Savoretti, per anni le hanno chiesto di cantare in italiano. Ora che ha fatto un album, ce ne sarà un altro?
«Mai dire mai, però non credo. Questo disco è nato in un momento particolare – dopo la scomparsa di mio padre – in cui la musica italiana era l’unica in grado di emozionarmi. Non mi sentivo capace di esprimermi in un altro modo. E poi è servito a farmi innamorare, o ri-innamorare, della scrittura».
Il cantautorato italiano non ha mai avuto tanta fortuna all’estero, pensiamo a De André che lei ha cantato con Diodato a Sanremo. Invece questo suo disco è andato benissimo un po’ dappertutto.
«Avevo già un mio pubblico che mi conosce per gli altri lavori. E poi il mio cantautorato è più semplice, si sviluppa sul registro delle emozioni. La musica italiana è un po’ troppo intellettuale per essere apprezzata all’estero».
Il rapporto con l’Italia
Lei si sente molto italiano in Inghilterra – e con i suoi figli – e molto inglese in Italia. Qual è il suo posto giusto?
«Mi piace essere sempre quello che viene da un altro posto. Tra l’altro è una buona scusa per tante situazioni».
“Miss Italia” gioca, più o meno volutamente, sull’ambivalenza della parola miss: a noi italiani ovviamente fa pensare al concorso, ma miss in inglese significa mancanza. Ci racconta il suo rapporto con il paese al quale appartiene per metà?
«Mi manca l’Italia, ma soprattutto la mia italianità. Mi sento come un puzzle incompleto. Mi piace essere forestiero, però mi rendo conto che c’è sempre un pezzo che manca. Questo disco è una specie di cartolina spedita da un viaggio in cui mi sono messo in cerca di questo pezzo».
L’album è nato sull’onda emotiva della scomparsa di suo padre. Ma sua madre, che poi è stata la donna che le ha messo la chitarra in mano, come lo ha giudicato?
«Le è piaciuto molto. Ma il giudizio più bello e sorprendente l’ha espresso mia figlia dicendo che in questo disco sembro davvero io».
Il pubblico italiano come ha accolto questo disco?
«In tanti mi chiedevano di cantare in italiano, cosa che nei concerti ho sempre fatto. Il disco ha rafforzato il legame che ho con gli italiani. E’ stato commovente, mi sento accettato per come sono. Poi, certo, è anche strano: io non avrei mai pensato di sentire un mio singolo su Radio Italia».
Il rapporto con il successo
Lei ha detto che il suo più grande successo è stato non avere successo. Come è riuscito a restare un passo fuori dal sistema?
«Semplicemente non ci sono entrato, non ho avuto abbastanza successo e penso che sia stato un bene. Sono molto libero, non sono prigioniero di una canzone, una di quelle hit che segnano una carriera».
Nel disco ci sono tante collaborazioni e anche nei concerti c’è spesso qualche ospite. Sarà così anche al Malibran?
«Potrebbe esserci qualche sorpresa, ma non mi sbilancio perché è un periodo particolare. Però sarà comunque una bella serata».