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Il primario del San Matteo accusato di molestie patteggia due anni

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PAVIA. Due anni di pena e la frequenza di un percorso psicologico mirato anti-violenza per Francesco Mojoli, il primario del San Matteo e docente dell’Università di Pavia accusato di avere molestato undici specializzande in reparto al San Matteo. La giudice ha accolto il patteggiamento come chiesto dalla difesa. Niente risarcimenti alle parti civili: c’è stata una offerta di risarcimento alle sette specializzande su 11 che si erano già costituite parte civile (avvocati Francesca Romana Garisto, Francesca Vaccina e Francesco Castelli, che a loro volta avevano citato l’Ateneo e l’ospedale come responsabili civili). L’offerta è stata rifiutata.

Mojoli, indagato per violenza sessuale, aveva formulato la richiesta di patteggiamento tramite la difesa nella seconda tappa dell’udienza preliminare davanti alla giudice Maria Cristina Lapi, che ora ha deciso di accogliere la richiesta. Sul patteggiamento c’era il parere favorevole della pm Valentina De Stefano.

Ammesse come parti civili l’Università (rappresentata dall’avvocato Fabio Fasani) e il San Matteo (avvocato Fabio Federico): entrambi gli enti sono stati esclusi invece come responsabili civili.

a vicenda

Le accuse si basano soprattutto sui racconti delle donne, che avevano riferito ai carabinieri di Pavia dei comportamenti «sconvenienti» del primario e docente del corso di specializzazione dell’anno 2019/2020. Le giovani specializzande hanno parlato, nelle loro testimonianze, di posizioni “innaturali” che l’uomo assumeva per simulare atti sessuali, ma anche di palpeggiamenti e toccamenti in particolare durante la spiegazione di alcuni esami diagnostici. Testimonianze che sono bastate alla procura a indagare il primario con l’accusa di violenza sessuale aggravata «dall’aver commesso il fatto all’interno di un istituto di formazione con abuso di poteri e in violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione da lui svolta».

Le presunte molestie erano emerse da un questionario anonimo, sottoposto nel 2021 agli specializzandi del corso. Le risposte date al questionario, che riferivano appunto di comportamenti non consoni da parte del docente, avevano fatto partire anche un procedimento disciplinare a carico del medico, a dicembre del 2021, da parte dell’Ateneo. A febbraio del 2022 il docente si dimise dall’incarico di direttore della scuola di specialità, pur continuando a insegnare in Ateneo.

La difesa L’avvocata Maria Teresa Zampogna, difensore del primario, a novembre aveva chiarito: «Il mio assistito, pur negando ogni condotta di natura sessuale, ha scelto di patteggiare ma con la riqualificazione dei fatti nella fattispecie di minore gravità. L’intento – aveva aggiunto – è favorire la prosecuzione di uno svolgimento sereno dell’attività della scuola di specializzazione dell’Università e del reparto del San Matteo». Un dibattimento, secondo la difesa, avrebbe avuto «un impatto negativo sulla vita di tutte le persone coinvolte, nonché dell’Università e del Policlinico». Nel merito la difesa contesta l’accusa e parla di atteggiamenti «male interpretati». «I contatti fisici ritenuti ambigui – aveva ancora detto l’avvocata –, sono stati percepiti come tali a posteriori e mai notati direttamente da nessuno. I contatti, che mai hanno avuto natura sessuale, sono avvenuti esclusivamente in pubblico, durante lo svolgimento della normale attività lavorativa, sempre alla presenza di altri operatori sanitari e pazienti».




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