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Truppe Usa in Siria, sono il doppio dei soldati dichiarati mentre Washington rischia lo Shutdown

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Due settimane dopo la caduta del regime siriano emergono nuovi dettagli sulle vicende che negli ultimi mesi hanno preparato gli eventi, fino alla fuga di Bashar al Assad e della sua famiglia in Russia. Il Pentagono ha ammesso che le truppe statunitensi schierate in Siria erano state aumentate da circa 900 uomini a oltre 2.000 per contrastare l'Isis già prima della caduta del governo nazionale. A dirlo è stato il portavoce del Comando centrale unificato (Centcom), il maggiore generale Pat Ryder, che nella giornata di ieri, giovedì 19 dicembre, ha dichiarato: “Ho appreso oggi che, in effetti, ci sono ancora circa duemila soldati statunitensi in Siria.” Che non lo sapesse è poco credibile, ma lo stesso Ryder aveva precedentemente detto ai giornalisti che c'erano 900 unità nel Paese come parte della lotta decennale degli Usa contro i gruppi armati dello Stato islamico, con turnazioni di nove o dodici mesi per volta, mentre a quanto risulta le 1.100 forze aggiuntive sarebbero state inviate a fine ottobre per un periodo previsto tra i 30 e i 90 giorni. C'è poi la questione di auto protezione: da quando è iniziata la guerra di Israele a Gaza le truppe americane in Medioriente, inclusa la Siria, hanno subito sempre più attacchi: dal 17 ottobre 2023 si sono verificati almeno 181 eventi in tutta la regione. L'ufficiale dei Marines G.R.D. (nome intero non rivelabile), in contatto con chi scrive, racconta che le operazioni in Siria sono tali da richiedere un notevole supporto logistico e un continuo trasporto di unità verso le basi Usa al di fuori dei territori.

Ma che senza quella presenza, ovvero di piloti e tecnici con elicotteri d'attacco, di addetti alle comunicazioni, sanitari e analisti dell'intelligence, sarebbe impossibile portare a termine la missione di ridurre al minimo la disponibilità di armamenti nelle mani dell'Isis. Il fronte comunque è ancora caldo e per questo motivo il generale Ryder non ha potuto divulgare da quali reparti provengano le truppe, quali unità fossero coinvolte e neppure quale sia la loro missione specifica, a parte il fatto che la maggior parte delle truppe proviene dall'esercito. Ai giornalisti presenti alla conferenza stampa tale mistero non è piaciuto e alla domanda su come fosse possibile che così tante forze siano in Siria a loro insaputa, la risposta è stata questa: “Sono sicuro che il segretario alla Difesa Lloyd Austin stia monitorando le forze statunitensi dispiegate in tutto il mondo,” ha detto Ryder, “spesso ci saranno considerazioni di sicurezza diplomatiche o operative in relazione allo spiegamento delle forze, e se saranno rese pubbliche in futuro”.

Parte del lavoro è stato senza dubbio prendere contatto con i ribelli per farsi consegnare gli americani rilasciati dalle prigioni siriane al fine di portarli in Giordania e da lì rimpatriarli, ma Ryder ha detto che il segretario alla Difesa Austin non ha mai richiesto di tenere riservata la quantità di soldati schierati ma neppure risposto direttamente a una domanda sul fatto che una parte del Dipartimento della Difesa abbia tentato di nascondere l'informazione, dichiarando invece pubblicamente che il numero di truppe in territorio siriano fosse di 900 unità. Dalla caduta di Damasco gli Stati Uniti e Israele hanno bombardato il Paese con centinaia di sortite condotte mediante attacchi aerei, colpendo obiettivi che un tempo erano off-limits a causa del regime o delle forze russe che operavano nella zona, incrementando anche le operazioni di contrasto dell'Isis in Iraq al fine di impedire il flusso di rifornimenti verso la Siria. Per questo, ha confermato Ryder, “Le forze extra erano all'interno della Siria prima della caduta del regime.” E non vendo interesse nell'eliminare direttamente Assad, è evidente che la fuga del presidente sia stata seguita dagli Usa senza interferire con le operazioni russe che gli hanno permesso di raggiungere la base di Latakia, da dove sarebbe poi partito con un volo militare verso Mosca. Nel frattempo il presidente eletto Donald Trump ha pubblicamente chiesto all'amministrazione uscente di non coinvolgere ulteriormente gli Stati Uniti in operazioni militari nel Paese, ricordando che durante la sua prima presidenza egli cercò di ritirare i militari dalla Siria, e che per questo il suo primo segretario alla Difesa fu costretto a dimettersi.

Ora la questione diventa amministrativa: la Camera dei Rappresentanti ha bocciato un disegno di legge appoggiato dallo stesso Trump ma senza il voto di numerosi repubblicani, lasciando gli Usa esposti al rischio di shutdown (chiusura delle attività governative) prima del Natale. Il Tycoon non ha avuto l'appoggio di alcuni membri della destra repubblicana che hanno rifiutato di sostenere un pacchetto che avrebbe aumentato la spesa e incrementato ulteriormente il debito federale. Il finanziamento del governo è in scadenza oggi a mezzanotte ora di Washington (le 6 di domani in Italia), e se i congressisti non riusciranno ad estendere il termine, il governo Usa inizierà una chiusura parziale che interromperà i finanziamenti anche ai lavoratori pubblici come i militari. “Il Congresso deve eliminare o estendere al 2029 il ridicolo tetto del debito” ha detto Trump in un post sul suo social Truth poche ore dopo il fallimento del disegno di legge. Tuttavia Ryder ha rassicurato: “In caso d'interruzione dei finanziamenti e di fermo delle attività governative a partire dal 21 dicembre, il Dipartimento della Difesa continuerà a svolgere la missione di difendere la nostra nazione e il popolo americano; il personale militare continuerebbe a presentarsi in servizio e a svolgere le missioni assegnate in tutto il mondo per proteggere la sicurezza nazionale”. Entro questa notte vedremo come finirà.

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