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Trasferiti per i rapporti ‘inopportuni’ con l’ex senatore poi condannato per concorso esterno, ora tornano a fare i giudici a Catanzaro

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Andavano a cena con Giancarlo Pittelli, avvocato, politico e massone condannato a 11 anni in primo grado per concorso esterno alla mafia nel processo “Rinascita Scott“. Per questo motivo erano stati trasferiti d’ufficio per incompatibilità ambientale. Ma adesso Giuseppe Perri e Pietro Scuteri torneranno a fare i giudici alla Corte d’Appello di Catanzaro, dove si aprirà a breve il processo di secondo grado che ha tra gli imputati lo stesso Pittelli. E dove, secondo il Consiglio superiore della magistratura, i due non potevano più lavorare per ragioni di opportunità.

Il Tar annulla tutto – Nell’ultima seduta, infatti, l’organo di autogoverno delle toghe ha revocato la delibera del febbraio 2023 con cui aveva spostato i due magistrati alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, reintegrandoli quindi nel posto da cui li aveva rimossi nemmeno due anni prima. Il motivo? Un cavillo giuridico: secondo il Tar e il Consiglio di Stato, che hanno annullato il provvedimento, il Csm non poteva mandarli a Reggio di sua iniziativa, ma avrebbe dovuto farlo accogliendo una loro richiesta, avanzata apposta per evitare “l’onta” del trasferimento d’ufficio. Un problema quindi di pura forma, non di sostanza. Che però ha avuto l’effetto di far tornare a Catanzaro Perri e Scuteri: dopo l’annullamento, infatti, l’assemblea di palazzo Bachelet ha deciso a maggioranza di non riaprire nemmeno la procedura, dichiarandola estinta per scadenza dei termini massimi di durata. A dissociarsi da questa scelta soltanto due consiglieri, Michele Papa (laico eletto in quota M5s) e Tullio Morello (togato della corrente progressista di Area), secondo i quali, invece, si sarebbe potuto confermare il trasferimento con una nuova motivazione. Gli astenuti sono stati tre.

L’inchiesta – Il rientro delle due toghe a Catanzaro ora rischia di creare imbarazzi ai colleghi che dovranno giudicare su Rinascita Scott: il processo d’Appello si aprirà il 3 febbraio del 2024. Dalle intercettazioni dell’inchiesta, infatti, emerge come Perri e Scuteri (mai indagati) avessero un rapporto piuttosto stretto con Pittelli, ex parlamentare di Forza Italia e avvocato penalista nella città calabrese, poi arrestato nella maxi-operazione del dicembre 2019 e definito, nella sentenza di primo grado, a disposizione” del clan di ‘ndrangheta dei Mancuso. Nella delibera di trasferimento del Csm, peraltro, si sottolinea una circostanza assai significativa: prima di passare alla Corte d’Appello, Perri aveva svolto “per diversi anni, dal giugno 2014 al gennaio 2017″, le funzioni di gip proprio nel procedimento Rinascita Scott. In quel periodo Pittelli non era ancora iscritto nel registro degli indagati, ma già dal 2016 – si legge – “alcuni collaboratori di giustizia davano indicazioni sull’appartenenza dell’avvocato non solo alla massoneria, ma a una massoneria ‘coperta‘ e ‘deviata‘”. A tal proposito, prosegue il documento, “non possono non tenersi in debito conto gli elementi di contesto del distretto di Catanzaro”, nel quale “sono emersi fitti rapporti tra ‘ndrine e massoneria” e “la partecipazione di alcuni soggetti a entrambe è o può essere strumento di influenza di decisioni politiche, amministrative, giudiziarie”.

“Voi non c’entrate niente con la magistratura” – È il 16 marzo 2018, quando i due magistrati partecipano a una cena organizzata da Pittelli a casa propria, insieme a vari avvocati, un dentista, un magistrato del Tar e un colonnello dei Carabinieri. Per invitarli, l’ex parlamentare telefona a entrambi: a Scuteri si rivolge chiamandolo “bello mio” e “Pietruzzo“, mentre a Perri parla di una “cena per soli uomini“, precisando di non voler andare al ristorante perché “la gente potrebbe equivocare“: “Non voglio andare nei ristoranti con gli amici magistrati, la faccio a casa, solo tra di noi”, dice, “con ciò segnalando” – si legge nella delibera – “la riservatezza dell’incontro“. Il trojan installato sul cellulare dell’ex esponente di Forza Italia registra tutto. A tavola i commensali parlano male di varie toghe del distretto, tra cui l’allora procuratore capo Nicola Gratteri, mentre i due ospiti, definiti giudici “atipici“, sono riempiti di apprezzamenti dal padrone di casa: “Ragazzi voi siete fuori regola, voi non c’entrate niente con la magistratura!”, dice Pittelli, come se fosse un complimento. E racconta di una sua vecchia abitudine professionale: “Tante volte sapendo che c’era Scuteri come Gip proponeva l’abbreviato”, ai suoi clienti. Affermazione che il magistrato ha contestato perché da gip avrebbe trattato un solo procedimento dell’avvocato Pittelli. Nelle intercettazioni anche Perri sembra rivendicare la sua carriera da gip, raccontando di un avvocato che aveva protestato quando lui aveva lasciato quell’incarico: “Dottoressa io avevo chiesto l’abbreviato ma perché c’era il giudice Perri… ora ci siete voi come dobbiamo fare”, sarebbero le parole pronunciate da questo legale. Durante la cena si sente persino Pittelli mentre si vanta dei rapporti con i boss da lui difesi, in particolare quelli del clan Piromalli: “Un grande mafioso, un grosso mafioso, mi aveva detto: ‘Avvoca’, se volete candidarvi voi alla Regione, lo ritiriamo a Scopelliti”. Il riferimento era per Giuseppe Scopelliti, ex governatore di centrodestra, condannato in via definitiva per falso e coinvolto in varie indagini.

Gli auguri per l’onomastico – Convocati dal Csm per difendersi, i magistrati avevano sostenuto che la cena fosse un episodio isolato, vissuto in seguito con “imbarazzo“. Una tesi, però, smentita nettamente dalle intercettazioni, a partire da quelle del giorno dopo (17 marzo 2018) quando entrambi telefonano a Pittelli per ringraziarlo: “Carissimo, volevo ringraziarti per la serata di ieri, perché guarda, è stata veramente piacevole“, gli dice Perri. Lui conferma: “Siamo stati tra di noi… con la possibilità di parlare di ciò che ci preme… è diventata merce rara poter parlare senza il rischio di essere traditi, capito?”. “Certo, certo, è vero… ooooh, belli aperti”, replica il giudice. Che a giugno, poi, ritelefona all’avvocato per farli gli auguri per l’onomastico (“è la scusa comunque per sentirci”) e torna a fargli i complimenti per la cena di tre mesi prima: “È stata veramente una serata bellissima”. A novembre, infine, viene intercettata una telefonata in cui Pittelli incoraggia Scuteri a candidarsi alla presidenza del Tribunale del Riesame in vista del temuto trasferimento di Giuseppe Valea, allora indagato (poi archiviato) per presunti “aggiustamenti” di sentenze.”Il tenore di questi messaggi, i toni utilizzati, il fatto che siano i dottori Perri e Scuteri a cercare l’avvocato Pittelli, paiono smentire tanto l’assoluta occasionalità del rapporto, quanto, soprattutto, l’imbarazzo o il disagio per quanto ascoltato durante la cena”, scriveva quindi il Csm nella delibera di trasferimento. Senza contare che, mentre coltivavano questi rapporti disinibiti, i due giudici non avevano mai sentito il dovere di astenersi dai processi patrocinati dallo stesso Pittelli. Per questo la loro permanenza a Catanzaro era stata ritenuta in grado di “compromettere lo svolgimento” della funzione giudiziaria “in maniera serena, indipendente ed imparziale, anche sul piano della percezione esterna e della necessaria credibilità“. Ora tutto è perdonato: un vizio di forma ha cancellato qualsiasi problema di credibilità.

L'articolo Trasferiti per i rapporti ‘inopportuni’ con l’ex senatore poi condannato per concorso esterno, ora tornano a fare i giudici a Catanzaro proviene da Il Fatto Quotidiano.




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