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Il problema dell’Iban discrimination

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È un qualcosa che accade spesso. Troppo spesso, nonostante ci sia un Regolamento europeo che lo dovrebbe impedire. Parliamo della cosiddetta “Iban discrimination”, ovvero dell’impossibilità di inviare pagamenti (tramite bonifico) o procedere con RID e domiciliazioni su un conto che ha un Iban straniero. Infatti, moltissimi cittadini hanno aperto conti attraverso le cosiddette “neobank”, istituti che hanno sede al di fuori del proprio Paese e che – di conseguenza – offrono l’apertura di conti online anche a coloro i quali non vivono nel Paese di residenza.

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A oggi, sono moltissime le banche non italiane – solo per fare un esempio – che consentono ai cittadini italiani di aprire un conto corrente in Italia, pur non avendo la propria sede nel nostro Paese. Di conseguenza, gli Iban relativi a ogni singolo conto non hanno le caratteristiche tipiche degli Iban delle banche italiane: non iniziano con l’identificazione geografica “IT” (codice Paese ISO) e non hanno 27 caratteri. Per esempio, se un cittadino italiano decidesse di aprire un conto online con una banca norvegese, avrebbe un Iban di 15 caratteri che inizierebbe con l’ISO “NO”.

Iban discrimination, come risolvere questo problema

In alcune occasioni, anche in Europa, accade che chi deve ricevere un pagamento da parte di questi conti “stranieri” – ma sempre nell’area SEPA – rifiuti ogni tipo di transazione. Né bonifici, né domiciliazioni (RID). Nonostante questi istituti siano facilmente riconoscibili e abbiano ottenuto l’autorizzazione a operare nel Vecchio Continente. Cosa fare, dunque, qualora ci si trovasse di fronte a una Iban discrimination? Partiamo dalla base: chi rifiuta questa tipologia di pagamento viola l’articolo 9 del Regolamento UE 260/2012 (quello che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro) che si occupa dell’accessibilità del pagamento e che recita:

  1. Il pagatore che effettua un bonifico a un beneficiario titolare di un conto di pagamento interno all’Unione non specifica in quale Stato membro è situato tale conto di pagamento, sempre che il conto di pagamento sia raggiungibile conformemente all’articolo 3.
  2. Il beneficiario che accetta un bonifico o riceve fondi mediante addebito diretto da un pagatore titolare di un conto di pagamento interno all’Unione non specifica lo Stato membro nel quale è situato tale conto di pagamento, sempre che il conto di pagamento sia raggiungibile conformemente all’articolo 3.

Dunque, non può esserci alcuna discriminazione dell’Iban – se la banca opera nell’area SEPA -, in quanto le banche che operano in questa zona devono ottenere l’autorizzazione necessaria per operare. Ma come intervenire se qualcuno rifiutasse pagamenti o domiciliazioni? Come spiegato dall’Unione Europea, ci si può rivolgere alle autorità nazionali (nel caso dell’Italia si fa riferimento ad AGCM) contestando il tutto. Una procedura che, però, può essere piuttosto lunga. Dunque, è sempre meglio inviare una comunicazione via PEC a chi ha rifiutato questo tipo di pagamento ricordando che l’articolo 9 del Regolamento UE 260/2012 vieta la discriminazione dell’Iban.

L'articolo Il problema dell’Iban discrimination proviene da Giornalettismo.




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