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Servizio Sanitario Nazionale in crisi: donne e tecnologia opportunità per una via d’uscita?

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Come è ormai tristemente noto, la Sanità in Italia è in profonda crisi, quando dovrebbe essere il primo settore sociale sostenuto per il benessere della collettività. Il III Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario, presentato da Eurispes ed Enpam, lo certifica: la carenza di personale è diventata cronica, i contratti precari e il burnout (ne soffre 1 medico su 2, poco meno per gli infermieri) favoriscono la fuga di medici e infermieri.

I dati quantitativi dicono infatti che, riguardo al personale, negli ultimi anni al calo delle assunzioni ha fatto da contraltare la crescita dei contratti a tempo determinato (quasi il 45% tra 2019 e 2022): il risultato è un’età media alta, + 50 anni per i medici, poco meno per gli infermieri. Anche i dati qualitativi non fanno certo sorridere: i turni sono infiniti appunto per la mancanza di personale, la burocrazia rallenta il sistema ma pare ancora essere un male necessario, le aggressioni fisiche sono ormai all’ordine del giorno, soprattutto verso le donne, che devono oltretutto cercare di conciliare lavoro e famiglia. Eppure, proprio da loro pare giungere la speranza di una soluzione per il settore.

Attualmente, infatti, il settore soffre un paradosso: se da una parte ben due terzi del personale sanitario è femminile, e più di un medico su due è donna (51,3%), le posizioni di comando restano per lo più maschili, con solo il 10% delle donne alla guida degli Ordini professionali e meno del 20% che esercitano nel ruolo di primari.

Questa situazione potrebbe migliorare grazie alle nuove tecnologie applicate alla sanità, in primis telemedicina e intelligenza artificiale (già oggi presenti attraverso digitalizzazione delle cartelle cliniche, refertazione a distanza e robotica chirurgica): facendo risparmiare tempo e risorse, esse porterebbero a un miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Ma l’Italia è attualmente al 18° posto per digitalizzazione tra i 27 Paesi dell’UE; serve dunque un veloce potenziamento dell’applicazione dei nuovi strumenti al settore, anche se la digitalizzazione, che è una strada obbligata, non è sufficiente.

I giovani che si affacciano alla professione, nativi digitali, desiderano conciliare vita e carriera, avere ambienti di lavoro più sani e turnazioni sostenibili, ma per trattenerli il SSN dovrebbe offrire stipendi più competitivi, meno burocrazia, più supporto per la conciliazione lavoro-vita privata.

Dunque, serve anzitutto una visione nuova, che rimetta il valore umano al primo posto e lo valorizzi. Forse, l’ultima occasione è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, strumento che, se ben utilizzato, aiuterebbe a realizzare un’azione integrata su tutto il sistema, dalla formazione del personale alla riforma delle carriere.

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