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Il castello di Agliè nascose i tesori del Museo Egizio

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AGLIÈ. Un luogo sicuro in cui custodire i preziosi reperti del Museo Egizio di Torino durante la Seconda guerra mondiale: il Castello di Agliè è stato il riparo ideale in quegli anni difficili, ora raccontati dalla mostra Custodi dell’antico che sarà visitabile fino al 2 marzo.

I reperti

A cura della direttrice del Castello di Agliè Alessandra Gallo Orsi ed Elisabetta Silvello, con il coordinamento scientifico di Filippo Masino del Museo Egizio, promossa in concomitanza con il bicentenario della fondazione del museo, la Soprintendenza per la città metropolitana di Torino e il Nucleo carabinieri Tutela Patrimonio culturale di Torino, la mostra rievoca le vicende del secondo conflitto mondiale, quando le sale del Castello di Agliè furono individuate come luogo di ricovero per la protezione e la salvaguardia del patrimonio artistico conservato nei musei di Torino, tra cui il Museo Egizio. Ecco allora che si possono ammirare, nella Salone delle guardie della residenza sabauda, alcuni pezzi in prestito dal famoso museo torinese come una tavola d’offerta in granito rosa risalente alla 26ª dinastia, un frammento di sarcofago di epoca tarda e una tavola d’offerta di Nya risalente al Nuovo regno. Molti altri reperti, invece, riguardano la passione per l’antico e la storia di Carlo Felice di Savoia e della moglie Maria Cristina di Borbone, che nella residenza estiva erano soliti raccogliere meraviglie dal mondo, dalle anfore etrusche esposte a raffigurazioni in marmo di satiri e dei romani.

La conservazione

Attraverso il percorso espositivo, che accompagna il pubblico in un’atmosfera tra il fascino di sculture dell’Antico Egitto, suggestive immagini d’epoca e ambientazioni ispirate al ruolo della residenza durante la guerra, la mostra racconta una storia poca nota, ma di cruciale importanza per la sopravvivenza di numerose opere d’arte e tanti preziosi reperti: «Raccontiamo di quando Agliè diventò il rifugio per opere e reperti di molte gallerie – ha spiegato Filippo Masino all’inaugurazione che si è svolta sabato scorso –. Non solo, perché è anche l’occasione per riflettere sulla conservazione delle opere d’arte. La protezione dei beni culturali, infatti, passa dall’affinamento delle tecniche al lavoro sul campo, come quello dei Caschi blu».

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«È in tempo di pace che occorre riflettere sulla protezione e sulla conservazione – ha ricordato Ferdinando Angeletti, a capo del Nucleo tutela – L’Italia, in questo, è stato il vero precursore, estendendo a livello internazionale questa forza di polizia dedicata al patrimonio storico e artistico. Ad accompagnare la mostra, per far conoscere il tema anche ai giovani, sono in programma attività didattiche per le classi quinte delle scuole primarie e le secondarie di primo e secondo grado. A fine mostra si terrà anche un convegno sul tema della protezione dei beni culturali in collaborazione con il Nucleo Carabinieri e l’Università di Torino».

Organizzazione e Storia

I custodi dell’antico sono tutti coloro che hanno contribuito alla salvaguardia delle opere d’arte durante l’ultima guerra e anche il Canavese ha avuto i suoi Monuments Men. «Sul finire del 1942 l’intensificarsi dei bombardamenti costrinse a mettere in atto nuove strategie per la protezione delle opere d’arte piemontesi e il Castello di Agliè apparve un luogo ideale, sufficientemente distante da Torino, ma ben collegato con le strade – hanno spiegato i curatori –. Dall’inizio dell’anno successivo furono trasferiti nella residenza canavesana capolavori, arredi e testimonianze di rilievo storico e artistico: quadri, arazzi e altre opere della Galleria Sabauda; dipinti e cartoni della Pinacoteca Albertina; opere dei Musei civici; carte dell’Archivio di Stato; dipinti, sculture, tappezzerie, tappeti e mobili di Palazzo Reale; libri della Biblioteca Reale; oggetti e arredi dell’Armeria Reale e di Palazzo Chiablese. A tutto ciò si aggiunsero 302 casse del Museo Egizio contenenti i reperti classificati “unici o rarissimi”.

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Un prezioso corpus di fotografie d’epoca conservate nell’Archivio della Soprintendenza di Torino restituisce l’aspetto del Castello negli anni in cui la residenza divenne rifugio. Le opere, in casse di legno, siglate e numerate, furono stoccate in ogni luogo della residenza. A raccontare ciò che avvenne in quelle sale è un filmato attraverso riprese cinematografiche dell’Istituto Luce e immagini delle azioni compiute oggi dalla Task Force italiana “Unite4Heritage” istituita nel 2016, quando l’Italia, tramite un accordo interministeriale, fu il primo paese al mondo a mettere a disposizione dell’Unesco un apposito contingente specializzato in azioni per la difesa del patrimonio culturale in contesti di crisi». La storia del Museo Egizio, come ha spiegato Federico Zaina del Dipartimento ricerca, si intreccia con Agliè anche per un altro motivo: «Nel 1823 Carlo Felice acquistò quello che sarebbe stato il primo nucleo delle collezioni oggi esposte al Museo Egizio. Grazie a questa mostra abbiamo scoperto un tassello in più della nostra storia. La mostra è la chiusura di un cerchio iniziato nel 1942 e sublimato da questa collaborazione, dove l’esigenza di difendere le opere d’arte da danni bellici e calamità naturali si congiunge al tema del patrimonio culturale come componente fondamentale della nostra cultura». «Lo dimostra il fatto che nel 1942 il Castello ospitasse una formazione militare tedesca – raccontano Gallo Orsi e Silvello –. Dopo l’armistizio, per proteggere il patrimonio custodito, ne venne richiesto lo sgombero per evitare che fosse un luogo militarmente sensibile».

Il sindaco di Agliè Marco Succio ha aggiunto che in 10 anni molto è stato fatto a livello di promozione e immagine, di concerto con la direzione del Castello: «Da amministratore ho vissuto l’evoluzione della visione del paese e oggi la reputazione turistica e monumentale è pienamente riconosciuta. Questa mostra ha risvolti profondi per la conoscenza del nostro patrimonio, dove il Castello è un volano importante per Agliè e tutto il Canavese».




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