Ivrea, addio a Giuseppe Curto decano dei Generali: «Il Carnevale è fratellanza»
IVREA. Avrebbe compiuto 100 anni, il ragionier Giuseppe Curto, il prossimo 19 marzo, giorno del suo onomastico, da cui il nome di battesimo, ma il suo cuore ha cessato di battere lo scorso lunedì 30, nella sua bella casa di viale Monte Stella, a Ivrea.
Una vita lunga quasi un secolo la sua, vissuta fino all’ultimo in una forma e con una lucidità strepitose, che è stata prodiga di soddisfazioni e momenti belli, ma non gli ha risparmiato prove durissime come la perdita prematura dell’amata figlia Celina alla quale lui e la moglie Luciana avevano reagito trovando l’uno nell’altro e nell’affetto dei nipoti il necessario conforto e la forza per continuare ad affrontare la quotidianità. E sono stati in tanti, ieri, giovedì 2 gennaio, nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo, a stringersi alla moglie, al genero, ai nipoti e ai pronipoti, per recare loro un abbraccio di conforto nel ricordo dell’amico scomparso il cui segreto, oltre a una salute di ferro, era proprio il bel carattere non disgiunto dalla capacità di vedere sempre la realtà in una prospettiva costruttiva e positiva.
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Il suo approccio da bon vivant, aperto alle soddisfazioni e gratificazioni della vita, era stato confermato in una recentissima intervista in cui, a 50 anni di distanza dalle tre campagne quale Generale dello Storico carnevale di Ivrea, nel 1971, 1972 e 1973, aveva affermato: «Originario di Vialfrè, ho vissuto una gran bella vita, ho lavorato bene, sia alla Banca Commerciale, sia come assicuratore e la mia fortuna è stata quella di avere sempre avuto mia moglie al fianco, con la quale ho superato le cosiddette Nozze di titanio ovvero i 75 anni di matrimonio, e di avere vissuto, insieme, circondati da amici». E aveva spiegato quale fosse il valore che dava a questo sentimento: «Proprio l’amicizia è alla base del mio coinvolgimento nel Carnevale. Ero membro della Cheer, una delle Confraternite enogastronomiche eporediesi, nata nel 1966 e il cui motto era cercoma ‘d vive ben, cerchiamo di vivere bene, indicazione alla quale mi sono sempre attenuto. In quell’ambito, conobbi l’ingegner Giuseppe Aluffi, raffinato intenditore di enogastronomia e nel direttivo del comitato organizzatore del Carnevale, il quale mi propose di indossare la divisa da Generale e, soprattutto, riuscì a convincermi a farlo. Nel 1952, ero già stato Ufficiale di prima nomina nello Stato maggiore, un’esperienza interessate e divertente che mi spinse ad accettare l’importante ruolo del protagonista maschile della manifestazione più amata dagli eporediesi. Mi parve, infatti, un modo simpatico per stringere nuove amicizie, per allargare le conoscenze in occasione di una grande festa popolare».
Richiesto di un suggerimento per la manifestazione, aveva risposto con un'indicazione esemplare: «Più che un suggerimento, un invito alla fratellanza, a essere amici e a parteciparvi, a qualsiasi titolo, disinteressatamente e per il solo piacere di fare festa insieme. Se ne avvantaggerebbero gli animi e lo stesso Carnevale».FRANCO FARNÈ