«Apriamo ai giovani l’Agenzia per Ayamè»: la Ong pavese cerca nuove forze per i suoi progetti
PAVIA. Da 33 anni l’Agenzia n.1 di Pavia per Ayamè coltiva il vizio della speranza. Sostiene un ospedale, accoglie in una Pouponnière (un orfanatrofio) una sessantina di bambini bisognosi, spesso orfani, aiuta le comunità rurali a crescere e cerca di promuovere progetti di ecologia urbana. «In tre decenni però è cambiato tanto il mondo là in Costa d’Avorio, e anche qui da noi». Rino Rocchelli dallo scorso novembre è il presidente dell’Agenzia n.1 di Pavia per Ayamè ma ha il polso della situazione da molto più tempo, avendo preso parte nel corso degli anni, anche come ingegnere, a missioni e progetti.
L’appello ai giovani
Su un foglio di carta scarabocchia una mappa: ci sono le cose realizzate e quelle in gestazione. «E c’è soprattutto l’esigenza di allargare la nostra rete di sostegno – spiega Rocchelli – aprire di più ai giovani, comunicare meglio quello che facciamo. Vorremmo ampliare il numero dei sostenitori, magari anche meno generosi perché la crisi la sentiamo tutti, magari meno assidui perché i giovani poi se ne vanno, ma appassionati».
Se non fosse stato per la passione forse anche quelli che nel 1991, al collegio Ghislieri, diedero vita alla Ong (capitanati da Ernesto Bettinelli), avrebbero gettato la spugna: lacci e lacciuoli della burocrazia, una crisi economica dopo l’alta, alluvioni, povertà.
E di recente, in Costa d’Avorio, anche un’inflazione alle stelle che affama ancora di più la popolazione, unita ai cambiamenti climatici che rischiano di mettere in ginocchio il mercato delle produzioni locali, in particolare del cacao e del caucciù.
Ayamè - piccola e povera cittadina del sud del Paese - è, grazie a Pavia, una sorta di esperimento sociale. L’Agenzia prova a insegnare l’autosufficienza, evitando l’assistenzialismo tout court. Lo conferma la recente visita a Pavia del sindaco, Séverin Christian Ellogne Eba Koutoua, per firmare un gemellaggio con la municipalità pavese. «Non è venuto a chiedere aiuti economici ma know how, tecnologia – spiega Rocchelli – nella convinzione che la crescita della comunità debba partire prima di tutto da loro».
Piantagioni di speranza
In passato il sostegno della fondazione voluta da Franco Magni ha permesso alla ong pavese di attivare anche il progetto AgriMagni: 550 ettari di piantagioni di cacao, caffè, caucciù e olio di palma, in cui lavorano un centinaio di operai. Emigrano nella regione anche dai Paesi confinanti, perché ottengono un salario onesto, rispettose condizioni di lavoro, provando così a sfuggire allo sfruttamento che in molte zone del mondo è quasi una regola. «Anche in queste regioni l’economia è regolata da continue migrazioni dal Mali, dal Burkina Faso» dice Rocchelli. Poi basta un parassita, un periodo di siccità o di troppa pioggia e il precario equilibrio crolla. Sta accadendo con il cacao, che ha visto impennare il costo della materia prima. E allora si lascia tutto e ci si sposta. Ciò che è stato costruito va in malora e ci vogliono anni e fatica per rimetterlo in piedi. Inoltre, tutto quello che viene prodotto dai piccoli agricoltori è acquisito dal mercato della lavorazione e poi dell’esportazione. Ai contadini in tasca resta poco, anche per comprarsi da mangiare. Il cibo ora arriva da fuori, anche da 100 chilometri di distanza.
«Noi però non molliamo – spiega –. Stiamo avviando anche un progetto di Orticoltura su 12 ettari, prodotti a km zero per l’autosussistenza delle famiglie in cui lavorano soprattutto le donne».
L’Italia apre alla cooperazione
Fino al giugno scorso la Costa d’Avorio non rientrava tra le priorità della cooperazione italiana. Ora, per la prima volta, è stato emesso un bando di 2milioni di euro per sostenere l’infanzia. «Noi siamo sul territorio da trent’anni, anche con la Pouponniere – dice Rocchelli –. E ora cerchiamo di trovare accordi per partecipare. Ce lo meriteremmo». —