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Intelligenza artificiale: come sarà il mondo tra 5 anni

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Entrerà a scuola e negli uffici, sarà nelle banche e negli ospedali, s’intrufolerà a casa e in automobile. Come una mano invisibile, l’Intelligenza artificiale toccherà tutti i luoghi della vita quotidiana; modificherà, quando non stravolgerà, ogni ambito e settore. L’Intelligenza artificiale riuscirà a trasformare l’economia e l’istruzione, la medicina e la mobilità, la conoscenza e il divertimento. Saprà riscrivere le abitudini, fino a sconfinare nel territorio più privato, quello delle emozioni. Sarà un’opportunità e insieme una minaccia, che richiede cautele e difese.

È un fermento inarrestabile, in parte già evidente, ma pronto a trovare un primo compimento, a segnare una svolta, nell’arco dei prossimi cinque anni. «Entro il 2029 l’Ia potrà realizzare tutto quello che gli esseri umani sanno fare, a un livello superiore» assicura lo scienziato informatico Ray Kurzweil, che questa previsione l’aveva scolpita vent’anni fa nel libro bestseller La singolarità è vicina (pubblicato in Italia da Apogeo) e la ribadisce oggi, sventolando quel saggio in cui ha dimostrato un’innegabile lungimiranza. Non a caso, il suo ultimo lavoro si chiama La singolarità è più vicina. Il tasso di crescita annuo degli investimenti in Europa in Intelligenza artificiale sarà del 30,3 per cento annuo da qui al 2028, quando sfioreranno i 130 miliardi di euro (dato Idc); il mercato italiano passerà dagli 0,8 miliardi di euro attuali di valore ai 2,5 miliardi nel 2027 (stima Bain & Company). Da qualunque prospettiva la si guardi, sia locale che internazionale, tanto numerica quanto filosofica, la sensazione è che qualcosa di immane sia all’orizzonte.

Panorama ha chiesto a vari esperti di raccontare le metamorfosi in arrivo preferendo la pratica alla teoria, gli esempi concreti ai ragionamenti astratti. Per cominciare, l’avvento dell’Ia coinvolge ogni fascia d’età, a partire dai bambini e i ragazzi. «Permette di progettare e sviluppare percorsi di apprendimento su misura per ogni studente, individuando non solo le conoscenze già acquisite ma anche le lacune, pianificando interventi mirati per colmarle» riflette Marco Gambaro, docente di Economia dei media all’Università Statale di Milano. «Tale innovazione» precisa «potrebbe rivoluzionare l’organizzazione scolastica, richiedendo una riconsiderazione di ruoli e metodi didattici tradizionali». In sostanza, passa in ombra il modello del professore in cattedra che spiega gli stessi argomenti per tutti, a un ritmo uniforme; si fa largo l’ipotesi di un insegnante virtuale che s’interfaccia col singolo studente e si occupa di istruirlo tarandosi sul suo livello, verificandone i progressi. Il caro maestro col registro e la penna non scompare, anzi supervisiona il tutto. Qualcosa di simile avviene nel settore medico, dove il dottore tradizionale o il ricercatore verranno affiancati da un sapientone collega di chip: «L’Intelligenza artificiale rivoluzionerà ambiti come le sperimentazioni cliniche, la scoperta di nuovi farmaci e i test diagnostici, consentendo di ridurre significativamente i tempi di sviluppo e di migliorare l’accuratezza dei risultati» commenta Daniele Panfilo, Ceo e cofondatore della società specializzata in dati Aindo. Vivremo meglio e più a lungo, si ridurrà il rischio che un dottore non conosca una cura recente o possa commettere un errore. «I medici» aggiunge Panfilo, che nel curriculum ha esperienze legate all’Ia in ambito sanitario «avranno a disposizione piattaforme di supporto decisionale per suggerire diagnosi o percorsi terapeutici basati su dati clinici e scientifici aggiornati e verificati».

I dati sono la benzina dell’Intelligenza artificiale, il nutrimento che a questa tecnologia consente di trarre conclusioni generali e specifiche. Non soltanto in medicina: «Nel settore assicurativo» prosegue Panfilo «l’Ia consentirà di migliorare la personalizzazione delle polizze, con una definizione più accurata di premi e valutazione dei rischi». Caso per caso, cliente per cliente, sia che si tratti di proteggere la casa o un viaggio, mentre oggi per stabilire un premio ci si basa su poche informazioni basilari. Un discorso opposto lo meritano le automobili: nelle polizze potrebbe esserci un’uniformità maggiore, non necessariamente al ribasso. Uno standard unico, visto il progressivo affermarsi delle vetture che si guidano da sole. Saranno gli algoritmi avanzati a dare una svolta in questo ambito, grazie alla loro capacità di prendere decisioni cruciali in intervalli brevissimi. Noi, intanto, ozieremo al volante. Nel settore bancario l’Ia contribuirà «a ottimizzare i processi di concessione del credito e a rafforzare i sistemi antifrode». Torna il gemellaggio tra la macchina e l’uomo, con quest’ultimo che arretra di fronte all’affermazione degli assistenti virtuali, l’equivalente digitale del vecchio impiegato allo sportello: «Tali strumenti» conclude Panfilo «non solo guideranno gli utenti nelle operazioni quotidiane, ma saranno anche in grado di fornire assistenza, consulenze mirate e di risolvere problemi complessi, migliorando l’efficienza del servizio e l’esperienza complessiva del cliente».

Nemmeno quando torneremo a casa per rilassarci davanti alla tv sarà tutto come prima: «Gli algoritmi potrebbero permettere ai personaggi di un film di compiere azioni non originariamente previste nella narrazione» spiega Gambaro. Oggi le grandi piattaforme raccomandano i titoli che ci potrebbero piacere, domani faranno evolvere la trama sulla base dei nostri gusti, privilegiando snodi romantici, drammatici o comici. E nei videogiochi, dove l’interattività è un pilastro, l’Ia si scatena: «Consente di creare ambienti virtuali più realistici e complessi. Questo progresso permette lo sviluppo di storie aperte e strutture narrative articolate, sempre più coinvolgenti».

L’ultimo Ces, la principale fiera globale dell’innovazione in programma ogni inizio anno a Las Vegas, è stato un’unica generale prova di forza - e tracotanza - dell’Intelligenza artificiale. La parola d’ordine sventolata dai principali giganti dell’hi-tech, il manifesto di un’onnipresenza in qualunque oggetto d’uso comune, dai frigoriferi alle lavatrici fino alle automobili. L’Ia è ormai il tratto culturale, l’attributo principe di questo tempo. Dimostra un’invasività scalpitante che non risparmia le emozioni: si può già flirtare e scambiare messaggi erotici con un avatar orchestrato da un computer (vedi il servizio a pagina 16), arriveremo a costruire legami profondi con i nostri assistenti virtuali. «Finiremo per fidarci di loro, gli affideremo compiti essenziali. Sono programmati per rappresentare il meglio di ciò che siamo come specie umana: sono gentili, pazienti, sempre rispettosi. Sono qui per diffondere amore nel mondo» ha detto al Wall Street Journal Mustafa Suleyman, ceo dell’Ia di Microsoft. Retorica a parte, non sta esagerando, visto anche l’impatto del fenomeno sulle ultime generazioni, cresciute a pane e digitale: secondo un recente sondaggio dell’istituto di ricerca YouGov, un quarto degli under 40 pensa che l’Intelligenza artificiale sia in grado di sostituire una relazione romantica tradizionale. Un 10 per cento è aperto a un’amicizia con una macchina. Indignarsi è concesso, prenderne atto necessario.

In questo trionfo di inautentico, non resta che consolarsi con l’abbattimento delle barriere linguistiche nelle interazioni umane, l’ennesimo talento dell’Ia. «Le traduzioni vocali progrediranno grazie alla comprensione del contesto. I sistemi attuali si occupano solo di percepire accuratamente le parole pronunciate. Ma la vera sfida, e opportunità, è il ragionamento» spiega Sebastian Enderlein, chief technology officer di Deepl, uno dei più efficaci sistemi di traduzione disponibili online. «Gli esseri umani» precisa «sono bravissimi a capire ciò che non è stato detto decifrando variazioni sottili come il tono e il volume. Ed è qui che l’Intelligenza artificiale vocale farà grandi passi avanti nei prossimi anni: ampliando la sua capacità di interpretare e ragionare sul contesto, sarà in grado di fornire interazioni ancora più intuitive». Saremo presto poliglotti a sforzo zero, con evidenti benefici sul lavoro e in viaggio.

L’avvento imminente di queste innovazioni, come in ogni rivoluzione, esige un prezzo. Il più scontato è la perdita di posti di lavoro, al netto della promessa della nascita di professioni inedite: «Da qui a 10 anni, le nuove capacità delle macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone in Italia». Il calcolo, dello scorso febbraio, è dell’Osservatorio Artificial intelligence della School of Management del Politecnico di Milano. E senza arrivare a preconizzare una colonizzazione o una tirannide da parte dei computer, c’è il tema dei rischi legati a una vita sempre più digitale. A cominciare dall’interazione con gli assistenti personali basati sull’Ia: «Questi strumenti richiederanno l’accesso a una grande quantità di dati personali e sensibili. Li renderà un obiettivo ideale per i criminali informatici, che potrebbero sfruttare tali informazioni per furti di identità o per accedere in modo fraudolento a conti bancari e servizi online» riflette Cesare D’Angelo, general manager Italy & Mediterranean della società di cybersecurity Kaspersky.

C’è di più: i messaggi di phishing, quelli che ci invitano a cliccare su link pericolosi, «saranno personalizzati in base ai dati pubblici reperiti online, come quelli sui social media, risultando più credibili e difficili da individuare». Per non parlare dei deep fake, i video e gli audio ingannevoli, prodotti da un software per sembrare veri. Non avranno per protagonisti soltanto personaggi pubblici, politici, dirigenti d’azienda: «Immaginiamo un criminale informatico che riproduce perfettamente la voce o il volto di una persona cara per inscenare un’emergenza e domandare denaro». Quale madre saprà resistere alla richiesta disperata di soccorso economico da parte di un figlio? Le trappole sono tante, le cautele obbligatorie: «Bisogna imparare a diffidare di comunicazioni insolite, troppo vantaggiose o urgenti». Anche perché un’Intelligenza artificiale onnisciente, può trasformarsi in un grande fratello portentoso. «Per ridurre il rischio di essere spiati o controllati» suggerisce allora D’Angelo «il primo passo è prestare maggiore attenzione ai dati che affidiamo alle piattaforme. È importante limitare la pubblicazione di foto, video e altre informazioni personali, condividendole solo quando strettamente necessario».




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