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Hewitt-Safin 20 anni dopo: un clamoroso retroscena della finale dell’Australian Open 2005

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L’ultimo finalista australiano nello Slam di casa, esattamente 20 anni fa, Llyeton Hewitt. Contro il russo tormentato che avrebbe potuto (e probabilmente dovuto) vincere più di quello che ha conquistato, Marat Safin. Una finale che fu il definitivo capolinea di un’era di transizione che scortò al periodo dei Big Three, ufficialmente inaugurato qualche mese dopo dal primo Roland Garros di Nadal. Ma la storia di quella finale è particolare per un altro motivo: Safin, grande combattente quanto istrionico caratterialmente, vinse in rimonta in quattro set dopo aver perso il primo 6-1. Una cosa non così inusuale, certo, ma a 20 anni di distanza è emersa una particolare verità: il russo era a un passo dal ritirarsi, dallo gettare la spugna. Nessuno ovviamente lì per lì poteva saperlo, e i pochissimi che ne erano a conoscenza hanno mantenuto il silenzio. Almeno fino ad oggi.

Come riportato dall’Herald Sun, il protagonista della storia è Ivan Gutierrez, medico di entrambi in quell’Australian Open, che quella sera dovette entrare in campo per assistere entrambi i giocatori, prima per Hewitt, giusto per risolvere un piccolo fastidio, poi anche per Safin dopo il primo set perso nettamente. Il russo aveva speso tantissimo nella semifinale con Federer, dunque poteva anche esserci un calo fisico, e probabilmente questa è la spiegazione che si diedero Hewitt e il suo team a fine match: una ripresa improvvisa, da campione quale Marat era. Prima di approfondire le rivelazioni di Gutierrez, è infatti bene vedere il commento dell’allenatore dell’australiano Roger Rasheed: “Hewitt si era dato una grande chance vincendo il primo set. Stava affrontando un giocatore di grande valore come Marat Safin, che ha saputo mettersi in ritmo, e una volta che ha vinto il secondo set era difficile metterlo in difficoltà. Abbiamo provato di tutto, ma una volta che Safin ti prende…è capace di prendere qualsiasi giocatore al mondo; è un gran colpitore e ha saputo portare a termine il lavoro“.

Frasi di circostanza, mere riflessioni dettate dall’inconsapevolezza della reale situazione. Che, 20 anni dopo, è emersa prepotentemente nelle parole di Gutierrez, che non dovette svolgere nessun trattamento fisico su Safin quella sera. “Marat è depresso“, spiegò Ivan all’allora direttore del torneo Paul McNamee, “sta venendo distrutto e sa che perderà. Vuole solo qualcuno con cui parlare, per condividere quanto male si stia sentendo perché è davvero depresso“. In parole povere: il russo, nella sua ultima grande notte da tennista, aveva seriamente pensato di abbandonare il campo. E, ironia della sorte, ad aiutarlo fu proprio il suo stesso dottore (lo era di entrambi), che di fatto, seppur in maniera involontaria, contribuì alla sconfitta di Hewitt.

La chiacchierata con Gutierrez si rivelò infatti efficace quanto una seduta dallo psicologo, vista la dominanza imposta poi da Safin nei tre set vinti per portare a casa il titolo. E dire che in avvicinamento al torneo aveva perso in Hopman Cup contro Sanguinetti (con tanto di “Non hai giocato bene, sono io che ti ho fatto un regalo. Quindi taci, ok?” nell’intervista in campo post match) e di certo non godeva dei favori del pronostico. Ma quella notte gli dei del tennis si divertirono a giocare col destino, negando ancora una volta a un campione australiano di vincere in casa sua. E, dopo queste rivelazioni, nonostante siano passati 20 anni, probabilmente anche per un gran combattente e sportivo esemplare come Hewitt i rimorsi e i rimpianti aumenteranno a dismisura.




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