Inter, la grande fatica sulla volata scudetto
Da inizio dicembre al fischio finale di Pairetto che ha chiuso la partita con il Bologna, pareggio che lascia Inzaghi alle spalle di Conte, l’Inter ha giocato 10 partite più un’altra che è stata preparata e vissuta per una manciata di minuti prima di essere sospesa per il malore di Bove. Ha affrontato 5 trasferte più la settimana in Arabia Saudita e ha viaggiato complessivamente per 16.280 chilometri. Nello stesso arco di tempo il Napoli ha affrontato tre impegni in meno, un unico turno infrasettimanale (peraltro liquidato schierando tutte le riserve) e si è mosso per meno di un terzo di tempo di viaggio: 4.970 chilometri.
Il viaggio nella fatica dell’Inter che appare visibile da qualche settimana deve partire necessariamente da qui. Anche perché i prossimi trenta giorni saranno simili e quello che accadrà dopo pure. Per intenderci, da metà gennaio a metà febbraio i nerazzurri scenderanno in campo 7 volte più il probabilissimo recupero di Firenze, il Napoli lo farà solo in 5 occasioni. Tutte cadenzate da week end a week end. L’effetto calendario sulla volata scudetto è evidente ed è un vantaggio che Conte ha ereditato dal disastro della scorsa stagione e protetto con la precoce eliminazione dalla Coppa Italia. Da qui alla fine dell’annata sportiva, dopo il Mondiale per Club negli Stati Uniti, il Napoli deve giocare 18 partite e l’Inter, nell’ipotesi in cui esca subito da tutte le competizioni, non meno di 27 che possono diventare 39 in caso di cammini trionfali.
Cosa accade alla corazzata di Inzaghi è abbastanza semplice da decodificare: fatica e infortuni la stanno rosolando a fuoco lento. I secondi sono in parte conseguenza della prima, alimentando un circolo vizioso da cui è difficile uscire dovendo scendere in campo ogni tre giorni senza soluzione di continuità. Sostenere che le riserve non valgono i titolari significa fare il verso a monsieur de la Palice, il problema è che da almeno un mese è saltata la rotazione quasi scientifica che è sempre stata il marchio di fabbrica di Inzaghi per distribuire fatiche e impegni tra i suoi uomini. Due esempi: Bastoni (1.971’ in campo) è titolare fisso dal 6 novembre e De Vrij (1.577’) con i suoi 32 anni d’età lo è stato in 11 delle ultime 13 partite giocate. Sovraccarichi di lavoro obbligati per la lungodegenza di Acerbi e gli infortuni di Pavard e Bisseck.
Il cuore del problema, però, è a centrocampo dove i guai muscolari di Calhanoglu stanno togliendo il perno su cui gira tutto e stanno condannando altri a tirare la carretta per non privare Inzaghi di tutti i punti di riferimento contemporaneamente. E’ vero che la rosa è lunga, ma la sintesi è che i titolari dell’Inter in mezzo al campo stanno coprendo una percentuale di gioco inferiore rispetto ai corrispettivi del Napoli. Barella, Mkhitaryan e Calhanoglu sono stati attivi rispettivamente il 70, 69 e 54 per cento dei minuti totali giocati dai nerazzurri mentre Anguissa (91%), McTominay (73%) e Lobotka (72%) praticamente non mancano mai dando continuità al calcio di Conte che ha ridotto Gilmour, un anno fa colonna del Brighton in Premier League, quasi a una comparsa.
Morale: siccome dal mercato sono previsti rinforzi e, anzi, Marotta deve gestire il mal di pancia di Frattesi, alla fine Inzaghi dovrà stringere i denti per gestire al meglio la situazione. Blindare il passaggio diretto agli ottavi di finale della Champions League diventa essenziale per non aggiungere fatica a fatica, il resto lo dovranno fare i leader della squadra. La buona notizia per l’Inter è il ritorno di Lautaro Martinez alle vecchie abitudini oltre alla consapevolezza che il pareggio con il Bologna è pur sempre un risultato ottenuto contro un’avversaria con standing europeo che in questi anni ha spesso e volentieri fatto male ai nerazzurri. Non un dramma, insomma, ma più semplicemente la conferma di qualche spia accesa sul cruscotto della fuoriserie di Inzaghi.