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Il Convegno. Uscire dalla morse del debito pubblico: è tempo di far tornare l’Italia libera e sovrana

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Un macigno incombe sulla nostra nazione: il debito pubblico, che proprio in questi giorni ha superato la soglia dei 3.000 miliardi di euro. Un fardello che limita la capacità di spesa e l’indipendenza economica dell’Italia. Inutile dirlo: senza indipendenza economica, non può esistere alcuna sovranità politica. Questo è stato il filo conduttore del convegno organizzato ieri dall’associazione M.Arte, che ha visto la partecipazione di Renato Loiero, consigliere per le Politiche di bilancio del presidente del Consiglio, Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato di Forza Italia, e Villy De Luca, docente di Finanza presso l’Università Europea di Roma. A introdurre i lavori è stato il presidente dell’associazione, Vittorio De Pedys, mentre le conclusioni sono state affidate al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alessandro Morelli.

Il debito: un lascito pesante sulle generazioni future

Partiamo da un dato storico: negli anni del boom economico, il nostro debito pubblico era pari al 33% del Pil. Poi, lentamente ma inesorabilmente, questo rapporto è aumentato fino a raggiungere livelli critici agli inizi degli anni ’90. Solo la prospettiva di essere esclusi dalla moneta unica europea ha portato a un temporaneo rientro, ma è durato poco. Con la pandemia di Covid-19, il debito ha raggiunto nuovi record. Oggi, con oltre 3 trilioni di debito, siamo dietro in Europa solo alla Grecia.

Questo genera un enorme problema politico. Ogni anno, durante la redazione della legge di bilancio, si assiste a un legittimo confronto interno alla maggioranza e con l’opposizione. In questo contesto emerge sempre un convitato di pietra: l’aumento del debito. Tale aumento è funzionale al governo in carica, che deve mantenere le promesse elettorali e rispondere alle aspettative degli italiani. Tuttavia, questo porta spesso a eccessi, come dimostrano il reddito di cittadinanza e il bonus 110% Quest’ultimo ci ha lasciato quest’anno 40 miliardi da ripagare, più della finanziaria, creando un fardello per gli esecutivi successivi e le generazioni future. 

Il vincolo dei creditori esteri

Un debito così elevato crea un rapporto strutturale tra lo Stato e i suoi creditori. Attualmente, il nostro miglior creditore è la Bce, che ci offre condizioni di prestito favorevoli. Tuttavia, essendo uno dei maggiori creditori, la Bce esercita una notevole influenza. Qualcuno potrebbe pensare che uscire dall’Unione europea aumenterebbe la sovranità nazionale, ma sarebbe un errore. Anche eliminando la Ue dall’equazione, il risultato non cambierebbe. Oggi i creditori stranieri detengono circa il 30% del nostro debito, rispetto al 4% degli anni ’80. In Giappone, tale quota è solo del 10%. Se uscissimo dall’ombrello della Bce, non guadagneremmo sovranità, ma aumenterebbero gli interessi sul debito, riducendo ulteriormente la nostra libertà. Questo meccanismo è particolarmente diabolico: oggi sale il debito pubblico, ma sale anche l’avanzo primario. Quest’ultimo, lo ricordo, è quanto resta dopo aver sottratto la spesa pubblica dal reddito nazionale, ma prima di pagare gli interessi. Quindi che succede? Facciamo debito per pagare gli interessi sul debito. È un circolo vizioso.

E allora, che fare? Questa catena si rompe in due mosse

In primis si potrebbe introdurre una norma per obbligare il Parlamento ad approvare con larga maggioranza ogni sforamento al tetto del debito. Questo renderebbe più complicato fare nuovo debito per il governo in carica. Per riuscirci, infatti, dovrebbe mediare con chi sarà poi chiamato a ripagare le promesse elettorali. Non è una proposta campata in aria, è il sistema in vigore negli Stati Uniti dal 1917. Questo consentirebbe di raffreddare la corsa al baratro, dando alla politica la possibilità di essere più responsabile anche di fronte al proprio elettorato.

In secondo luogo dobbiamo operare una “nazionalizzazione” debito, riportandolo in mano ai nostri cittadini. Questo perché, se il confronto con i debitori è doveroso, i propri cittadini sono un interlocutore più ragionevole e legato al Paese a differenza dei “mercati”. Come possiamo raggiungere questo obiettivo? Con importanti sgravi fiscali per chi compra titoli di Stato. Questi sgravi serviranno solo a chi paga le tasse in Italia, escludendo naturalmente chi voglia fare solo speculazione. E sarebbe un saggio investimento sulla nostra libertà.

Le posizioni dei relatori sul debito

Posizioni che hanno trovato un riscontro negli esponenti politici presenti all’evento mercoledì. «Il problema è che il nostro debito è in mano estera, e avere un forte debito non governato da noi stessi delimita la nostra libertà», ha spiegato il sottosegretario Morelli. «Spendere in maniera espansiva ha un senso solo se questi investimenti portano risultati nelle casse dello Stato, non come è successo col superbonus. La logica europea, in questo senso, è il nostro grande problema».

Dello stesso avviso il senatore Gasparri. «Bisogna evitare che il debito pubblico cresca, ma questo deve essere in linea con gli obiettivi politici. E soprattutto bisogna distinguere tra debito “buono” e debito “cattivo”, come ha fatto anche Mario Draghi nel suo rapporto per il rilancio dell’Europa che prevede 800 miliardi di investimenti». Per concludere, il debito pubblico è un problema che solo la politica può affrontare con successo. È una battaglia la cui ricompensa sarà una maggiore sovranità per gli italiani di domani.

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