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Январь
2025

Caso Orlandi, l’amico Pierluigi Magnesio ricorda quell’addio di Emanuela

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Dopo 42 anni dalla scomparsa di Emanuela continuano ad emergere nuovi dettagli che potrebbero fornire ulteriori elementi al lavoro della Commissione bicamerale d’inchiesta, avviata nel 2024, e ai fascicoli aperti in Procura e in Vaticano (2023). Questo dopo l’archiviazione avvenuta nel 2015. 

Incredibilmente, dopo oltre quattro decenni, non si fermano polemiche su piste, motivazioni e responsabilità per uno dei cold case più importanti del ‘900. Un intrigo nel quale non si trova il bandolo della matassa, tra l’emergere di nuovi dettagli, testimonianze, reticenze in un contesto caratterizzato da continui depistaggi.   

Ci si aspetta molto dalla convocazione in commissione d’inchiesta, fissata il 16 gennaio, di una delle ultime persone che incontrò Emanuela prima della sua sparizione il 22 giugno 1983. Si tratta dell’amico d’infanzia, ora 57enne, Pierluigi Magnesio, figlio di un capo tecnico del Vaticano dove risiedeva. In un suo intervento su un canale YouTube dello scrittore Igor Patruno (rilanciato da un servizio di Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera), ha fatto emergere, dopo tanto tempo, un dettaglio che potrebbe aprire nuovi scenari sulla vicenda Orlandi: la ragazza quando lo salutò gli disse “addio”.  Questo dopo essere stato invitato da Emanuela, incontrata  mentre lui stava rientrando a casa in Vaticano, a ritrovarsi dopo la lezione di musica quel maledetto 22 giugno 1983.   Non sappiamo, ma appare piuttosto improbabile, che tale termine “addio”, fosse usuale nel modo di esprimersi di Emanuela. In quanto potrebbe aprire uno scenario in cui, come è stato ipotizzato anche sul caso Mirella Gregori (la quindicenne romana scomparsa nel nulla il 7 maggio 1983), più che un sequestro si potesse trattare di una sorta di allontanamento volontario, seppur condizionato da abili menti che agirono su due ragazze 15enni.  Ipotesi fermamente respinta dal fratello Pietro Orlandi.  Magnesio definisce Emanuela come una ragazza schietta, matura, intelligente, per nulla ingenua, che avrebbe forse potuto intuire che la proposta della Avon (per la distribuzione pubblicitaria con un compenso spropositato a una sfilata di moda) non fosse veritiera e si sarebbe potuto trattare di un modo per prendere tempo raccontando una bugia alla sorella.

Magnesio, con tono dimesso ma determinato, non ha nascosto il suo coinvolgimento affettivo per Emanuela, che lo aveva in qualche modo allontanato, e, dopo tanto tempo, ha ricordato una frase di Emanuela nell’ultimo loro incontro: “Mi chiamò per dirmi ti volevo salutare meglio, prima di dirmi addio, dopo un bacetto”.  

Potrebbe essere solo una coincidenza ma certo se quest‘uomo, ora 57enne, ha ricordato con precisione questo dettaglio che potrebbe costituire un elemento interessante per gli inquirenti.  Altri particolari che potrebbero rivelare, nel corso dell’audizione, anche elementi legati all’espressività, al tono, all’emotività di quel saluto. In ogni caso il Magnesio ha significativamente evidenziato come  quel dettaglio potrebbe avere un preciso significato.

 Inoltre, di fronte ad alcune contraddizioni e alla non linearità del suo racconto, ha precisato come fosse all’epoca spaventato. Questo in particolare in relazione alla sua presenza al Palazzaccio il 22 giugno, in attesa di Emanuela con gli altri amici e la sorella Cristina, quando  non vedendola sarebbero andata a cercarla nella scuola di musica. Una sua presenza che Magnesio subito negò agli inquirenti come emerge dai verbali.

A pochi giorni dal 57mo compleanno di Emanuela, il fratello Pietro si accinge al consueto sit in annuale per richiedere verità e giustizia, in programma sabato 18 gennaio in piazza Cavour dalle 16 alle 18. Pietro Orlandi  non ha preso bene, e non è la prima volta, questa ipotesi dell’allontanamento volontario, come ogni ipotesi di un coinvolgimento familiare. 

Nell’intrigo emerge un coinvolgimento dei servizi, per quella cassetta delle torture, recapitata all’Ansa di Roma il 5 luglio 1983, in cui proprio nel passaggio ai servizi sarebbero sparite le tre voci dei soggetti che in romanesco interloquivano con la ragazza. Un’altra cassetta, di cui non si è mai saputo nulla, è stata lasciata sotto un colonnato di San Pietro.

Si attendeva qualche novità dalla convocazione dell’88enne monsignor Piero Vergari ma, dalla confusa testimonianza dell’anziano ex rettore di sant’Apollinaire, dove vi era la scuola di musica frequentata da Emanuela, non sono emersi nuovi particolari elementi, dopo anni di silenzio e sospetti. Don Vergari, com’era chiamato all’epoca, fu nel 2012 uno dei pochi indagati, nell’inchiesta aperta dal procuratore Giancarlo Capaldo, per concorso in sequestro di persona (insieme al fotografo, autore delle prime telefonate alla famiglia Orlandi, Marco Fassoni Accetti e Sabrina Minardi, amante di De Pedis ed ex moglie del famoso centravanti della Lazio Bruno Giordano). Il fascicolo su Vergari fu archiviato nel 2015 (data della chiusura del caso da parte del procuratore Pignatone), ma permangono forti interrogativi sul suo ruolo nella vicenda. I suoi silenzi, dopo diverse inquietanti documentazioni telefoniche che lo riguardano, in particolare per la sintonia con Carla Di Giovanni, la moglie di De Pedis (mancata nel 2020) che sempre lo difese, di cui Vergari officiò il matrimonio nella basilica di Sant’Apollinaire. 

Una sintonia e una reticenza che trova il suo apice nelle battute telefoniche intercettate: “i giornalisti mai. Io non rispondo a nessuno” (Vergari) e “questo nuovo procuratore ha capito già, eh va a fa il vice questore! Il nuovo procuratore l’ha già trasferito” (con cui la moglie di De Pedis tranquillizzava Vergari).

Il rettore sviluppò un importante relazione con il boss della Magliana Renatino De Pedis, (ucciso il 2 febbraio 1990), conosciuto in carcere a Rebibbia dove operava come cappellano. Un personaggio da lui definito come un benefattore.  In breve De Pedis divenne un importante referente di autorevoli esponenti in Vaticano, (emerse una foto che lo ritraeva mentre brindava con il cardinale Ugo Poletti).  A Sant’Apollinaire vi era anche l’ufficio di Oscar Luigi Scalfaro, prima di diventare, sempre nel 1983, ministro degli interni.  

Un rapporto così fecondo che portò alla tumulazione dell’ex boss della Magliana, morto nel 1990, proprio a Sant’Apollinaire, con la dispensa del cardinal Poletti. Un fatto che accese forti polemiche e sospetti. Di certo l’ex rettore sa molte cose e le sue comunicazioni e interlocuzioni hanno alimentato sospetti e forti  interrogativi. Rischi alimentati anche dai moniti di suor Dolores, che assisteva le ragazze nell’istituto musicale di cui era direttrice. 

L’audizione di Vergari, alquanto confuso su una sedia a rotelle, non ha portato nuovi elementi. Nonostante l’età c’è chi non è convinto dei suoi silenzi.  Ora si attendono novità dall’audizione dell’amico Perluigi Magnesio.  Ma intanto le polemiche, che non si placano, soffocano una serena e chiara valutazione dei tanti e complessi contesti coinvolti.

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