Il caso Almasri e quello che il governo Meloni non dice
Dietro le bugie e il vittimismo della Meloni, dietro l’imbarazzante silenzio di Nordio e le supercazzole di Piantedosi e Tajani, dietro il complottismo della destra contro la Corte penale internazionale, la Germania, le toghe rosse, il procuratore Lo Voi, l’avvocato Li Gotti (che poi sono tutt’altro che rossi), la Spectre di sinistra, dietro a tutto questo can can mediatico che serve a mascherare la vergogna della liberazione del criminale libico Almasri e del suo accompagnamento a casa con un aereo di Stato, c’è la seguente e ormai decennale storia.
Il 2016 è l’anno del boom degli sbarchi di immigrati in Italia: 181mila, in gran parte con i barconi partiti dalla Libia. Le previsioni dicono che si arriverà presto a 250mila. Si parla di emergenza nazionale. L’anno dopo, l’allora ministro degli Interni del governo Gentiloni, Marco Minniti, vola in Libia, incontra i capi tribù, il debolissimo premier ufficiale Sarraj, il suo ambiguo antagonista generale Haftar, promuove il primo “Memorandum d’intesa sulla migrazione” per tenere fuori dall’Italia e dall’Europa migranti, rifugiati e richiedenti asilo.
L’accordo ha valenza triennale e verrà rinnovato nel 2020 e nel 2023 dai diversi governi. Prevede il sostegno alla cosiddetta guardia costiera libica, con erogazione di fondi, donazione di motovedette, addestramento del personale, la realizzazione di centri di accoglienza dei migranti che in realtà saranno lager detentivi, oltre a aiuti italiani a misteriosi progetti di sviluppo in Libia. La contropartita umanitaria dovrebbe essere l’ok libico all’ingresso delle organizzazioni Onu nei campi di un paese che non riconosce la Convenzione di Ginevra sui diritti umani e considera schiavi gli immigrati illegali.
Dopo la firma di quell’accordo, gli sbarchi crollano del 77% in un anno. Ma proprio dalle organizzazioni Onu cominciano ad arrivare le denunce più pesanti al “memorandum”. Nel 2018 l’Unhcr (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati) e l’Unsmil (la Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia) pubblicano un dossier in cui descrivono chi sono davvero la “guardia costiera”, la “guardia di frontiera” e i soggetti con cui abbiamo stretto patti. Nelle interviste realizzate in undici centri di detenzione emerge una realtà fatta di funzionari corrotti e criminali in divisa responsabili tra l’altro di “omicidi, fosse comuni nel deserto, stupri seriali e di gruppo anche su donne incinte e mamme che allattano, bambini massacrati davanti ai genitori, torture feroci in collegamento video coi parenti delle vittime affinché ne paghino la liberazione, ferri roventi, unghie strappate, scosse elettriche”. A questo bel quadretto si aggiunge anche un’inchiesta della Cnn che documenta persino le aste degli schiavi.
E’ scritto nel rapporto delle organizzazioni Onu: “Ci sono credibili informazioni sulla complicità di ufficiali dello Stato libico, gruppi formalmente integrati nelle istituzioni”. E’ la conferma che il confine tra criminali e poliziotti o guardacoste libici è sottile, per non dire inesistente. Paghiamo criminali e torturatori perché tengano lontano i migranti dall’Italia e chiudiamo gli occhi sui diritti umani. Per questo il memorandum non viene mai messo in discussione. Senza parlare degli altri interessi economici e degli altri affari poco trasparenti che abbiamo in Libia, a cominciare da quelli energetici (petrolio, gas).
Il caso Almasri non è altro che l’ultimo frutto avvelenato di quegli accordi che ora la destra al potere cavalca ed estende (vedi gli accordi per le deportazioni in Albania), ringraziando Minniti e Gentiloni. Accordi che continuano ad alimentare la spirale di violenze, torture, abusi e detenzione arbitraria a cui sono sottoposti uomini, donne e bambini che restano intrappolati in Libia o in Libia vengono respinti, dopo essere stati rintracciati in mare. Dal 2017 alla fine del 2023, oltre centomila disperati dei barconi sono stati rintracciati nel Mediterraneo dai guardiacoste libici e riportati indietro. Arrestati, detenuti, sfruttati, spogliati di ogni diritto. Ma secondo lor signori in un paese ritenuto “sicuro”. Così come la Tunisia e altri paesi dominati da regimi corrotti e dittatori figli di puttana. Ma sono i “nostri figli di puttana”.
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