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In tempi di incertezze ci si compatta al centro. E invece servirebbe una risposta più radicale

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di Carmelo Zaccaria

Quando il tempo stringe si ricorre al Centro. In previsione delle prossime elezioni si organizzano incontri, convegni, si presentano nuovi leader, nuovi federatori, perché è quanto mai urgente, dicono, compattarsi al Centro. Un Centro moderato, s’intende. Perché la sinistra, così com’è, fa paura. Ma a chi?

In una fase in cui la tenuta democratica scricchiola, dove esplodono ricchezze inaudite, si infittiscono le disuguaglianze, cresce l’invadenza delle tecnologie nella vita delle persone, si immagina un nuovo ordine mondiale fondato sulla prepotenza e sulla discrezionalità di pochi oligarchi, più che una svolta moderata forse ci sarebbe bisogno di un’azione politica ancora più radicale ed incisiva, per salvaguardare i valori fondanti dell’Occidente democratico. Solo nella vaghezza volutamente ondivaga e imprecisa di un Centro moderato, liberale, cattolico o riformista che sia, alberga l’illusione di riportare all’ovile gli elettori delusi. Ma siamo poi sicuri che quelli che si astengono sono moderati e non piuttosto gente incazzata, succube delle crescenti ingiustizie sociali e vittime di un persistente depauperamento economico?

Persino il cardinale Zuppi si è detto interessato al ritorno dell’impegno dei cattolici in politica, ma a patto che si rivaluti la persona umana e i suoi bisogni, che si provveda a ridurre le cause della nuova povertà, ci si interroghi sul permanere del lavoro precario, si prenda a cuore il destino dei migranti. Parole condivisibili anche da parte di una sinistra in cerca di ispirazione. Basterebbe partire da questo, no? Dare valore agli ultimi, ai dimenticati. Non mi pare di aver sentito parole analoghe nei convegni tenuti in questi giorni dai cattolici democratici, neanche un riferimento esplicito ad un nuovo welfare capiente e protettivo.

Il mantra non è sui temi, ma sulla premessa teorica: senza Centro non si vince. E perché mai? Si vince con il buongoverno, con una seria e dignitosa proposta politica; si vince, spesso, con progetti e idee coraggiose, convincendo i cittadini che chi governa comunque sta sempre dalla loro parte. Nei fatti invece l’obiettivo dichiarato di ogni Centro politico è quello di inserirsi fra i due poli, per occupare un proprio spazio autonomo, intermedio, indipendente, che sta invariabilmente in mezzo all’uno e all’altro. Bobbio indica questo spazio come Terzo Incluso dove non è concepibile nessuna assonanza con i due poli (come dice Calenda: né con uno, né con l’altro). Il Terzo Incluso quindi non esclude la presenza dei due poli, non li vuole eliminare, ma si vorrebbe aggiungere ad essi, indifferentemente, ora con uno ora con l’altro, facendosi largo, a volte sgomitando, incuneandosi e interponendosi tra i due estremi, cogliendo l’attimo, giocando di sponda, scrutando convenienze, scansionando accordi di ogni tipo, pur di sopravvivere. La sua azione non aggiunge valore a nessuno dei due poli, finendo per immiserire l’intero quadro politico.

Diverso sarebbe un pensiero di Centro che tende ad andare al di là dei due opposti, inglobandoli in una sintesi superiore, elaborando e proponendo una nuova ed originale proposta politica, che idealmente si pone non come forma di compromesso fra i due schieramenti, ma come dottrina politica innovativa. Bobbio lo chiama “Terzo Includente” che non rigetta i due poli, ma si nutre delle loro differenze, cogliendone le potenzialità, ridefinendone gli obiettivi. Più che una prassi acchiappavoti, il Centro diventerebbe così un luogo autentico di revisione della vita pubblica, modernizzandola, riempiendola di contenuti elevati. Se ciò che anima i centristi dell’ultima ora è quella di portare linfa vitale all’azione politica saranno i benvenuti, ma se la loro intenzione è solo quella di giocare tra i due poli, sfruttandone le singole debolezze, non ci sarà alcun beneficio, tantomeno per il fronte progressista. L’attenzione spasmodica per il risultato elettorale, da sola, non riuscirà a convincere i venti milioni di astenuti a tornare alle urne.

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