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Tale Musk, tale nonno: Joshua Haldeman, il canadese leader di Technocracy Incorporated, che in Sudafrica sposò l’Apartheid

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La figura di Elon Musk, patron di SpaceX e Tesla, si intreccia con una storia familiare che getta luce su un movimento poco noto ma influente: Technocracy Incorporated. Un’ideologia che mescola ingegneria sociale, utopie energetiche e ombre politiche, di cui il nonno materno di Musk, Joshua Haldeman, era uno dei leader.

Nato nel 1933 in Canada durante la Grande Depressione, il movimento fondato da Howard Scott proponeva una rivoluzione radicale: l’abolizione del denaro sostituito da certificati energetici calcolati in joule, la creazione di un super-Stato nordamericano (Canada, USA, Messico) gestito da scienziati e ingegneri, e la riduzione del lavoro a 4 ore giornaliere grazie all’automazione. Joshua Haldeman, leader del capitolo canadese dal 1936, promosse queste idee con zelo quasi missionario. Nel 1940, il governo canadese bandì il gruppo, definendolo “sovversivo“, e arrestò Haldeman per la distribuzione di materiali anti-bellici. Un rapporto dell’epoca lo descriveva come “un pericolo per lo sforzo bellico, al pari dei simpatizzanti comunisti”.

Il sogno tecnocratico di Haldeman ebbe una evoluzione paradossale. Trasferitosi in Sudafrica nel 1952, divenne un attivo sostenitore dell’Apartheid. In articoli pubblicati su riviste locali, sostenne che la segregazione razziale fosse “l’unico modo per preservare la civiltà occidentale”, sposando teorie cospirazioniste sui “banchieri internazionali” e citando fonti antisemite come I protocolli dei Savi di Sion. Questa duplicità riflette un paradosso della tecnoautocrazia: la fiducia nella razionalità scientifica può coesistere con ideologie reazionarie. Per Haldeman, l’efficienza tecnologica non era in contrasto con la gerarchia razziale.

Musk ha citato più volte il nonno, definendolo “un uomo che non avrebbe mai comprato un biglietto di sola andata per Marte”. Ma fra i due emergono parallelismi inquietanti. Nel 2019, l’imprenditore ha twittato l’obiettivo di “stabilire una Technocracy su Marte”, con governance basata su algoritmi. Le sue promozioni di criptovalute e l’idea di un’“economia dell’abbondanza” riecheggiano i certificati energetici di Technocracy Inc., mentre le accuse di discriminazione razziale nelle fabbriche Tesla (sempre respinte dall’azienda) potrebbero evocare il passato sudafricano di Haldeman.

Il movimento, ancora attivo con sedi in Nord America, ha rivisto le sue posizioni, e ora enfatizza sostenibilità e equità. Ma il suo retaggio sopravvive nell’ideologia di figure come Peter Thiel, che teorizza governi sostituiti da città-Stato gestite da CEO, o Marc Andreessen, che sostiene l’idea di una “costituzione algoritmica”. Critici come lo storico David Noble mettono in guardia: “Il technocratismo non è neutrale: quando elimina la politica, apre la porta a nuove forme di autoritarismo”.

L'articolo Tale Musk, tale nonno: Joshua Haldeman, il canadese leader di Technocracy Incorporated, che in Sudafrica sposò l’Apartheid proviene da Il Fatto Quotidiano.




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