Ambesi: “Ha perso anche Sinner, non lo meritava. WADA non aveva argomenti, gestione pessima”
Il mondo del tennis è stato sconvolto in questi giorni dalla notizia dell’accordo tra Wada ed il numero uno al mondo Jannik Sinner, che ha patteggiato una sospensione di tre mesi per la doppia positività accidentale al Clostebol. Questo è stato il tema principale dell’ultima puntata di TennisMania, trasmissione condotta da Dario Puppo e visibile sul canale Youtube di OA Sport, con ospiti Guido Monaco e Massimiliano Ambesi.
“Quello che è avvenuto secondo me è una sconfitta epocale per lo sport in particolare, ma se vogliamo anche per tutto quello che ruota attorno al termine di giustizia. È stato contestato a tanti l’utilizzo del termine patteggiamento, che nella lingua italiana significa scendere a patti per trovare un accordo. Quando si usa questo termine in ambito forense, si fa riferimento ad un articolo del codice di procedura penale, 444: applicazione della pena su richiesta delle parti. Questi articoli non fanno mai riferimento alla parola patteggiamento. In gergo quell’istituto viene chiamato patteggiamento. Sostanzialmente ti porta ad avere la riduzione della pena fino a un terzo ed il giudice emette una sentenza di colpevolezza, perché tu in quel caso ammetti di aver commesso un reato. Parliamo però di sfera penale. Nel caso di Sinner non c’è una sentenza. Sostanzialmente Wada, una volta trovato l’accordo o patteggiamento che dir si voglia, ritira il suo appello e quindi il caso si chiude“, dichiara Ambesi.
“Io non so esattamente cosa sia successo, posso provare a ricostruire perché qualche elemento in più ce l’ho, anche se avrei preferito non averlo. È chiaro che tutto parte il 10 gennaio, quando viene comunicato il giorno in cui si sarebbe tenuta l’udienza davanti al TAS. E quell’udienza è molto in là nel tempo, quindi è evidente che poi qualcosa è successo. Prendo per buona la versione della parte Sinner: Wada a un certo punto propone un’offerta. Un po’ per il discorso legato alla tempistica che tende a dilatarsi, visto che si sarebbe arrivati a sentenza 13 mesi dopo i casi di positività, oggettivamente troppo, ed è una situazione che toglie totalmente credibilità all’impianto antidoping vigente, sempre che ce l’abbia. Wada va dunque a parlare con Sinner per questo e soprattutto perché si rende conto di non avere in mano grandi argomenti. Da lì evidentemente comincia una trattativa. Sinner nel mentre vince gli Australian Open il 26 gennaio e secondo me lui non era al corrente di questa trattativa, perché altrimenti avrebbe potuto autosospendersi in data 27 gennaio in attesa di sapere quale sarebbe stato il suo destino“, spiega l’analista di Eurosport.
“L’autosospensione comporta che un’eventuale sospensione decisa insieme a Wada decorra da quel giorno. Perché non lo fa Sinner? Probabilmente perché in quel momento la richiesta di Wada non era di tre mesi, ma magari di cinque o sei. Ci sono trattative che arrivano a un dunque venerdì 13 febbraio, quando viene deciso l’ammontare della sospensione e l’inizio della decorrenza. Ci si poteva mettere d’accordo anche per iniziarla il giorno dopo gli Australian Open, anche se ovviamente non si sarebbe stata tanta credibilità per il sistema. Teoricamente quella sospensione doveva cominciare dal 14 febbraio, non il 9, ma un articolo del codice Wada prevede che il giorno di decorrenza possa essere stabilito insieme all’atleta e al suo staff, quindi in realtà dal giorno successivo agli Australian Open sarebbe stato possibile. Si è ragionato pensando alla possibilità di farlo giocare a Roma, quindi la sospensione decorre dal 9 febbraio e dura alla fine 86 giorni, perché vengono sottratti i quattro giorni in cui era stato fermo quando gli era arrivata la notifica della positività in attesa del giudizio di revoca di sospensione“, prosegue Ambesi.
“Per raggiungere un accordo tra le parti cosa deve accadere? Che l’atleta si prenda responsabilità di quanto avvenuto. Il patteggiamento del procedimento penale è una dichiarazione di colpevolezza, ma qui non siamo di fronte a un procedimento penale. Questo è diritto sportivo, che peraltro non sta neanche troppo in piedi. Ci si è messi d’accordo su quello che si doveva comunicare, con Sinner che dice: ‘Sono contento che Wada abbia ammesso la mia estraneità a qualsiasi pratica dopante, ma accetto il regolamento vigente in base al quale io ho piena responsabilità in quanto viene fatto dai miei collaboratori. Allora accetto la sospensione di tre mesi’. In tutta questa vicenda ci sono dei passaggi temporali che tornano poco, nel senso che il signor James Fitzgerald (portavoce Wada) lo scorso giovedì ci fa sapere che la richiesta di Wada è da uno a due anni perché non può essere messo in discussione questo caposaldo della normativa antidoping in base al quale l’atleta è sempre e comunque responsabile per l’operato del suo staff. È vero, c’è scritto nella normativa Wada. Poi che sia corretto o meno è un altro discorso“, il commento del giornalista di Eurosport.
Sulle contraddizioni di Wada: “Oggi Fitzgerald ci fa sapere che Wada, analizzando le carte e le prove portate dalla difesa di Sinner, si è resa conto di come questo caso fosse eccezionale. Talmente eccezionale da poter rientrare in quella casistica in cui mancano colpa e negligenza. Si sono quindi resi conto che anche una pena di un anno sarebbe stata esorbitante visto il caso, perciò hanno deciso di trattare con i legali di Sinner. C’è però un grosso problema di fondo, perché Wada rilascia un comunicato nel quale conferma l’assoluta estraneità dell’atleta a qualsiasi pratica dopante ed in cui condivide ciò che viene dimostrato dai legali di Sinner. Jannik quindi non solo non era dopato, ma non voleva neanche frodare il sistema. Ma, come recita il comunicato Wada, ‘abbiamo delle regole in cui crediamo e allora chiediamo una pena dando nel caso tre mesi’. Quindi lui è innocente, non si voleva dopare, ma viene fermato tre mesi. Qui c’è una chiara contraddizione che possono capire tutti“.
“Wada esiste per educare allo sport pulito combattendo il doping e per punire chi cerca di frodare utilizzando sostanze non lecite o pratiche dopanti per migliorare le sue prestazioni. Siccome nel caso di Sinner non avviene nessuna di queste due cose, Sinner viene squalificato dall’organizzazione che si occupa di combattere il doping, per non essersi dopato. Questa è la conclusione e direi che c’è un grosso problema. Non ci sono vincitori, ma solo vinti. La credibilità di Wada sta a zero e purtroppo a detta di tanti anche Sinner viene ritenuto non coerente arrivando fino in fondo a combattere una battaglia fondata sugli ideali. Poi però mettetevi nei suoi panni. Cosa doveva fare? Non poteva avere la certezza di essere scagionato e alla fine questi tre mesi ti consentono comunque di prendere parte agli appuntamenti più prestigiosi della stagione, quindi è stato portato in un modo o nell’altro ad accettare. Non se lui realmente fosse intenzionato a seguire quest’iter, ma glielo hanno spiegato e l’ha accettato“, le sue parole.
Sulla gestione di Wada: “Questa vicenda è stata gestita in maniera pessima da Wada sin dal primo momento. Wada aveva la possibilità di non entrarci, accettando la sentenza di Itia, invece è voluta entrarci chiedendo una sospensione da uno a due anni pur dicendo che l’atleta non si era dopato dovendo però rispondere di quanto fatto dal suo staff. Quella che loro definiscono colpa o negligenza è una chiara responsabilità oggettiva nel caso di Sinner. Avevano due vie: accettare la sentenza di Itia o andare fino in fondo. Se hai notato che il caso è diverso da come te lo eri prospettato, avevi la scappatoia per uscire, quindi studiavi meglio e accettavi la sentenza dell’Itia che era assolutamente credibile. Per me questo è l’esempio peggiore che ci sia di gestione di un caso antidoping, in assoluto. A mio parere non c’è più credibilità, bisognerà fare qualcosa. Sinner dovrà stare fermo tre mesi, pur non avendo mai avuto l’intenzione di doparsi, e la sua immagine purtroppo secondo tanti è stata intaccata. Dispiace, perché non lo meritava. Quando un innocente è costretto a subire una pena, c’è qualcosa che non va nel sistema. Chi è innocente non viene condannato, perché poi, anche se è un accordo, si tratta comunque di una condanna di tre mesi. Abbiamo perso tutti“.