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Natisone, la disperata telefonata di Patrizia Cormos: “Non abbiamo più tempo. Solo un elicottero può salvarci”

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Nove mesi dopo la tragedia del Natisone – tre ragazzi ingoiati dalle acque del fiume improvvisamente in piena – la mamma di una delle vittime ha potuto risentire la voce disperata della figlia che implorava, chiedeva aiuto. Patrizia Cormos aveva 20 anni, attorno a lei l’acqua stava salendo, inesorabile, divorando l’isolotto dove si trovava, a Premariacco in provincia di Udine. Con lei c’erano gli amici Bianca Doros di 23 anni, rumena, e il fidanzato Cristian Molnar di 25. “Non abbiamo più tempo, la prego, non ce la facciamo più. Solo un elicottero può salvarci”. Sono queste le parole pronunciate da Patrizia, che cercava di far capire al telefonista della centrale di soccorso che la situazione era disperata. La Procura di Udine ha indagato per omicidio colposo plurimo, causato da imperizia e negligenza, un capoturno e due addetti alla Sala operativa dei vigili del fuoco di Udine, oltre a un infermiere della Sala operativa regionale emergenza sanitaria (Sores Friuli Venezia Giulia). Con la chiusura delle indagini le parti offese hanno potuto sentire le registrazioni delle telefonate.

Dura per lunghi 11 minuti la chiamata che rischia di far finire a processo quattro persone. Per sei minuti la ragazza è stata messa in attesa e si può ascoltare solo una musichetta di sottofondo. Mihaela, la mamma di Patrizia, ha sentito la paura e i singhiozzi della figlia, il tentativo risultato inutile di far capire la gravità della situazione. Il suo commento: “È una vergogna. I ragazzi sono stati messi in attesa, senza alcun sostegno, e l’operatore sembrava quasi scocciato” ha dichiarato la donna.

La richiesta di aiuto – Le frasi sono agghiaccianti. “In quanti minuti arrivate?” ha chiesto Patrizia. La risposta dell’operatore è stata: “Siamo a Cividale, ci vuole un po’”. L’uomo ha chiesto alla ragazza di inviare video e foto, oltre alla posizione, così da poterli rintracciare. Si sente Patrizia che cerca di rassicurare gli amici dicendo loro di stare calmi. Bianca sta piangendo, Cristian grida in tedesco. Poi viene messa in attesa e cominciano i sei minuti interminabili senza risposta. Così decide di chiudere e di ritelefonare. È a quel punto, secondo il racconto della madre di Patrizia, che si sente lo stesso operatore dire, con tono infastidito: “Ancora la signora del Natisone”. La ragazza comincia a supplicare: “Non abbiamo più tempo, non ce la facciamo più, solo elicottero può salvarci”. Poi cala il silenzio.

Perché?”- La madre di Patrizia ha commentato: “Chiunque chiami per chiedere aiuto non dovrebbe mai essere messo in attesa. Quelli che rispondono dovrebbero cercare di rassicurare, offrire una parola di conforto e non lasciare la linea in attesa, con la musica di sottofondo. Non è stato dato ai ragazzi alcun supporto morale. Non riesco a capire chi ha formato queste persone. Come è possibile che non abbiano sentito le grida di quei ragazzi disperati?”. Sono gli interrogativi che i familiari stanno ripetendo da mesi: “Perché hanno chiesto la posizione, dove si trovavano, se poi non hanno fatto nulla? Perché non hanno mandato subito l’elicottero?”. Si sono posti le stesse domande anche i carabinieri di Udine e i finanzieri di Bolzano che hanno svolto le indagini, coordinati dal procuratore Massimo Lia.

Gli indagati – I quattro indagati erano stati convocati in Procura a dicembre, ma non si sono presentati. La principale fonte di prova è costituita dalla registrazione delle telefonate, oltre che dalle testimonianze di chi si trovava sul ponte che sovrasta la spiaggetta di Premariacco dove si è consumata la tragedia. Sono trascorsi 40 minuti tra la prima chiamata, alle 13.29 del 31 maggio, e l’ondata di piena che ha travolto i ragazzi alle 14.10. Una squadra dei vigili del fuoco era arrivata sul posto alle 13.55 quando l’isolotto era già sommerso. Un elicottero del soccorso regionale ha sorvolato la zona alle 14.13 (era stato attivato alle 13.48), mentre un altro elicottero decollato da Venezia alle 14.03 è arrivato alle 14.28. Nell’atto di conclusione delle indagini l’ipotesi d’accusa è così sintetizzata: “I quattro operatori, mediante condotte colpose concorrenti, per imperizia, negligenza e imprudenza, hanno cagionato la morte dei tre ragazzi, sorpresi da una piena improvvisa, mentre si trovavano sul greto del fiume Natisone, che li ha trascinati e uccisi per annegamento”.

L'articolo Natisone, la disperata telefonata di Patrizia Cormos: “Non abbiamo più tempo. Solo un elicottero può salvarci” proviene da Il Fatto Quotidiano.




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