Soumahoro torna a carica alla faccia dell’inclusione: crocifissi in aula no, ma “la fine del Ramadan diventi festa nazionale”
A volte ritornano: e con Soumahoro è una certezza. Il deputato ex Avs, confluito nel gruppo misto, torna alla carica dopo il tentativo fallito un anno fa, e riparte dalla sala stampa della Camera, intorno all’ora di pranzo di ieri, dove ha rilanciato l’idea che aveva dovuto richiudere nel cassetto la primavera scorsa: riconoscere civilmente l’Eid al-Fitr, ossia la “festa della rottura del digiuno”, al secolo la celebrazione di fine Ramadan. Ma anche stavolta sembra si tratti della cronaca di un flop annunciato…
L’ultima sparata di Soumahoro: “La fine del Ramadan diventi festa nazionale”
Ci risiamo insomma: uscita dalla porta nei mesi scorsi, stavolta il deputato portato in parlamento da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni tenta di far rientrare la sua proposta dalla finestra attraverso una petizione per effettuare una raccolta firme a supporto. Così, fa sapere a una sala desertica dove, non manca di sottolineare Il Giornale, «non c’era nessuno ad ascoltarlo, nemmeno i giornalisti o i suoi colleghi di partito», ha già depositato una proposta di legge, la numero 1815, e ora attende l’esito della sua istanza.
Crociata simbolica o solo un tentativo di battere un colpo?
Un estremo tentativo di dimostrare la sua esistenza in vita in Parlamento, per giustificare la sua presenza nell’assemblea degli italiani? O semplicemente una ennesima crociata simbolica in sfida a leggi, convenzioni e sentire dei cittadini non musulmani? Il tempo, e gli esiti di questa ultima sfida contro i mulini a vento, che inciampa in un momento in cui il Paese e la congiuntura internazionale hanno ben altre priorità, daranno la riposta.
Soumahoro torna alla carica: l’ultima battaglia contro i mulini a vento…
Nel frattempo, il calendario delle celebrazioni islamiche segna da ieri sera (28 febbraio ndr) l’inizio del Ramadan per i mussulmani d’Italia (e non solo), e Soumahoro vuole evidentemente portarsi avanti (e davanti alla scena per raccogliere il favore popolare) nel modo più scenografico possibile: lanciando una petizione e la proposta di legge numero 1.815 che, incalza l’ex Avs, sono da iscriversi nel solco dell’articolo 8 della Costituzione «secondo cui tutte le confessioni sono egualmente libere davanti alla legge». Ergo: la richiesta della del Ramadan, il mese sacro per i musulmani, come festa nazionale.
Soumahoro e il Ramadan festa nazionale: il paradosso della laicità selettiva
Dubbi e perplessità a parte, dunque, un obiettivo almeno, al momento, Aboubakar Soumahoro sembra averlo centrato: è uscito per un giorno dal dimenticatoio in cui i media lo avevano relegato, e dal cono d’ombra dove le vicissitudini giudiziar-familiari lo avevano confinato, ed è tornato a far parlare di sé. Ma, e questa è una costante, ancora una volta con una proposta destinata a scatenare polemiche: il Ramadan come festa nazionale con la chiusura delle scuole. Un’idea che, in un Paese laico come l’Italia, solleva interrogativi non da poco. Siamo davvero di fronte a una battaglia per l’inclusione o a un tentativo di forzare un’agenda identitaria?
La laicità a corrente alternata
Da anni in Italia si discute della presenza dei simboli cristiani nelle scuole, delle vacanze legate alle festività cattoliche e persino del presepe o della festa di San Giuseppe. E allora, chi oggi si batte per eliminare il crocifisso dalle aule come si porrà di fronte all’istituzionalizzazione di una festività religiosa di matrice islamica? Non c’era un principio di neutralità dello Stato? O la laicità può valere solo a senso unico, quando si tratta di ridimensionare le tradizioni cristiane e si invoca la neutralità e si propone di aggiungere ricorrenze di altre fedi?
Il Ramadan e le scuole chiuse: i dubbi, gli interrogativi in sospeso
Interrogativi su cui al momento il giudizio si sospende ma che aprono a un altra domanda in attesa di risposta: si accettasse il principio che ogni comunità religiosa possa rivendicare una festa nazionale, dove si fermerebbe il confine? Il rischio è di aprire un vaso di Pandora: domani potrebbero chiederlo anche altre comunità, con una proliferazione di festività che stravolgerebbe il calendario scolastico e lavorativo.
Inoltre, il Ramadan non è una festa singola, ma un mese intero di digiuno e preghiera, con momenti di celebrazione solo alla fine. La proposta di Soumahoro quale giorno vorrebbe rendere festivo? L’Eid al-Fitr? E perché non allora Yom Kippur per gli ebrei o il Diwali per gli induisti? Siamo sicuri che si tratti davvero di inclusione e non di una strumentalizzazione politica?
Un’Italia che deve includere, non può frammentarsi
L’integrazione non si costruisce imponendo ricorrenze religiose, ma trovando un equilibrio tra rispetto delle tradizioni e convivenza pacifica. Il vero problema non è il riconoscimento del Ramadan in sé, ma il principio che sta dietro questa proposta: trasformare il calendario delle festività nazionali in un mosaico di rivendicazioni identitarie. Soumahoro dovrebbe forse concentrarsi su questioni più urgenti per le comunità che dice di rappresentare: lavoro, integrazione, istruzione. Rendere il Ramadan festa nazionale non migliorerà la vita di nessuno, se non di chi vuole cavalcare un’onda politica divisiva. L’Italia ha già un equilibrio tra la propria tradizione storica e il rispetto per tutte le fedi. Stravolgerlo per inseguire mode ideologiche è un rischio che non possiamo permetterci.
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