Difesa, la proposta dell’Italia per il riarmo: un piano a garanzia Ue per mobilitare duecento miliardi dai privati (evitando nuovo debito)
Coinvolgere l’industria privata in un progetto a garanzia europea per le spese sulla difesa, con l’obiettivo di evitare la creazione di nuovo debito da parte degli Stati membri. Si può riassumere così la proposta italiana che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, discuterà al Consiglio Ecofin, il vertice dei ministri delle Finanze con gli omologhi degli altri Paesi Ue. Il piano, chiamato “Iniziativa europea per la sicurezza e l’innovazione industriale”, punta a mobilitare investimenti privati fino a duecento miliardi di euro nei prossimi tre-cinque anni, con una garanzia pubblica dal valore di circa 16,7 miliardi. Tecnicamente, il progetto prevede di una garanzia europea con diversi livelli di rischio, volta ad incanalare i fondi privati verso le imprese ad alta tecnologia del settore della difesa, ad esempio nella sicurezza informatica, nella produzione avanzata, nell’intelligenza artificiale e nelle tecnologie a duplice uso.
La strategia mira a ovviare al problema economico che l’Ue si trova di fronte: deve investire massicciamente nella difesa, per rimediare a decenni di sottoinvestimenti, ma diversi Paesi hanno difficoltà a farlo a causa dei bilanci appesantiti da debiti pubblici schizzati alle stelle. Il piano ReArmEu proposto dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, dal valore di ottocento miliardi di euro, si basa principalmente (per 650 miliardi) sull’attivazione della clausola nazionale di salvaguardia, che dovrebbe consentire di effettuare investimenti pubblici nella difesa pari all’1,5% del Pil ogni anno, per quattro anni, senza incorrere in procedure d’infrazione per deficit eccessivo. Ma i Paesi membri, più che con il Patto di stabilità, devono fare i conti con i mercati: l’Italia, ad esempio, ha registrato un rapporto debito/Pil del 135% circa nel 2024, in lieve rialzo rispetto al 2023, e non ha grandi margini di manovra a prescindere dai vincoli comunitari. E il nostro non è il solo Paese ad avere problemi simili.
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