Referendum cittadinanza, le ragioni del sì nei dati della scuola. EducAzioni: “Opportunità per l’Italia, ecco perché”
“L’8 e 9 giugno votate sì al referendum sulla cittadinanza”. A rilanciare l’appello è la rete EducAzioni che, il 15 maggio, ha organizzato l’evento online dal titolo “Crescere senza cittadinanza. È possibile cambiare con un sì una legislazione obsoleta e garantire pari diritti a tanti bambini, bambine e adolescenti italiani di fatto, ma non di diritto”. Attorno al tavolo il maestro Franco Lorenzoni e Raffaela Milano con docenti, scrittrici, studenti e studentesse, genitori e rappresentanti dell’associazionismo civico che chiedono di partecipare alla consultazione referendaria fortemente sostenuta dai movimenti dei ragazzi con background migratorio. “È noto – hanno spiegato gli organizzatori – come la mancanza della cittadinanza italiana pesi sul percorso di crescita di questi giovani, in un Paese dove sono nati o giunti da piccoli e che non li riconosce formalmente parte della comunità nazionale, proprio negli anni fondamentali di costruzione della propria identità. A giugno si offre l’opportunità di rimediare contribuendo a modernizzare l’Italia”.
A parlare non sono solo le parole e le convinzioni della rete ma i numeri forniti durante l’incontro. Nel 2024 sono nati in Italia 370mila bambine e bambini residenti. Di questi, quasi 50mila (il 13,5%) sono di cittadinanza straniera. “914mila studenti e studentesse senza cittadinanza italiana crescono nelle nostre scuole, l’11,2% del totale degli iscritti. Il 65,4% di loro è nato in Italia. Nelle scuole dell’infanzia, la percentuale dei nati nel nostro Paese supera l’80%. Sono bambini, bambine e adolescenti che provengono da 200 nazionalità diverse, europee ed extraeuropee. Tra le più diffuse vi sono Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina. A seguire, Egitto, India, Bangladesh”. Volti che Lorenzoni conosce bene: “Per chi educa è inaccettabile ogni forma di discriminazione. Dobbiamo mantenere alta l’attenzione. Il Referendum riduce da dieci a cinque anni la possibilità per chiedere la cittadinanza italiana. E’ un’occasione”. Parole condivise da Daniela Ionita, portavoce di “Italiani senza cittadinanza”: “La società è pronta. Crediamo che il lavoro debba essere strutturale. Oltre alla legge va rivoluzionato il meccanismo che ci porta a non valorizzare le persone migranti. Manca una nostra rappresentanza”.
D’altro canto la realtà è quella dei fatti: le giovani e i giovani stranieri residenti tra gli 11 e i 19 anni, al 1° gennaio 2024, sono 497.464 e rappresentano il 9,7% dei ragazzi e delle ragazze nella fascia di età. Nel 59,5% dei casi si tratta di giovani nati in Italia; l’11,7% è nato all’estero ed è arrivato nel Paese prima dei 6 anni; il 17% è immigrato in età scolare (tra 6 e 10 anni); l’11,8% è arrivato a 11 anni e più. L’indagine “Bambini e ragazzi” realizzata dall’Istat mette a fuoco alcuni dati di rilievo sul loro senso di appartenenza e sul modo di considerare l’essere cittadini/e. L’80,3% dei giovanissimi stranieri residenti in Italia, sebbene non abbia una cittadinanza formale, sente di essere “anche italiano”. Questa percentuale raggiunge l’89,5% tra i romeni e l’85,8% tra i marocchini. Ad abbassare la media è il dato relativo ai cinesi, dove la quota di chi si sente “anche italiano” si attesta al 47%. Tra tutte le ragazze e i ragazzi stranieri nati in Italia, la quota di chi si sente “anche italiano” raggiunge complessivamente l’85,2%. Un mondo vissuto da Valentina Costa, presidente dell’associazione genitori della scuola “Di Donato” di Roma: “Nelle nostre classi non esiste distinzione, siamo tutti rappresentanti della nostra cultura che viene celebrata in ogni momento. In questi luoghi, come il nostro istituto, si formano i cittadini”.
Nella stessa indagine, l’Istat ha interpellato i ragazzi con e senza cittadinanza italiana, su cosa richiama loro alla mente il termine “cittadinanza”. Complessivamente, per tutti il termine viene associato soprattutto a quello di “appartenenza” (29,6%), “comunità” (25,9%) e “diritti” (28,5%). Vi sono tuttavia delle differenze tra i ragazzi/e italiani e quelli stranieri. Tra i ragazzi/e italiani la parola “cittadinanza” è prevalentemente associata a “comunità” (30,1%), mentre tra i ragazzi/e stranieri questa associazione è molto meno diffusa (17,4% dei casi) e la parola cittadinanza è collegata soprattutto a “diritti” (30,2% contro il 24,7% degli italiani). Ma c’è anche un altro aspetto sociologico interessante. Complessivamente, sia tra gli italiani che tra gli stranieri, i giovani esprimono parere favorevole sul cosiddetto ius soli. Il 58,9% pensa che chi nasce in Italia dovrebbe subito acquisire la cittadinanza, mentre un altro 21,7% è favorevole all’acquisizione della cittadinanza per i nati in Italia solo dopo un periodo di residenza. Le ragazze sono le più favorevoli allo ius soli (64,6%).
Le difficoltà le hanno raccontate i giovani presenti alla conferenza online. “Sono nata a Dolo. Sono nigeriana. A scuola per me la procedura per partire in Irlanda era diversa, mi faceva sentire diversa. Il percorso per ottenere la cittadinanza è stato difficile”. Così anche Nicole Hernandez, studentessa di Officina Gomitoli: “C’è una cittadinanza legale e una culturale. La prima è un documento necessario per accedere ai servizi, per avere diritti, per aprire porte. L’altra è una questione di appartenenza che riguarda soprattutto chi è nato in Italia”. Alcuni studi sottolineano come la mancanza di cittadinanza incida anche sulle aspirazioni e le aspettative per il futuro. Una ricerca realizzata da Save the Children nel 2024 su un campione rappresentativo di adolescenti di 15/16 anni evidenzia che, mentre il 34,9% delle e degli adolescenti italiani pensa, una volta diventati adulti, di trasferirsi a vivere all’estero, tra le cosiddette “seconde generazioni” questa percentuale sale al 58,7%. Resta l’amarezza di Rahma Nur, scrittrice, poetessa e insegnante: “Vivo qui da cinquant’anni ma le difficoltà sono sempre le stesse. Ci sono scuole che non sono così accoglienti nei confronti dei bambini migranti. Ci sono ancora insegnanti che dividono le classi tra autoctoni e chi appartiene a una minoranza. C’è ancora un pensiero stereotipato”.
L'articolo Referendum cittadinanza, le ragioni del sì nei dati della scuola. EducAzioni: “Opportunità per l’Italia, ecco perché” proviene da Il Fatto Quotidiano.