Nucleare iraniano, colloqui in stallo con gli USA: Israele valuta attacco ai siti
Mentre i negoziati sul nucleare tra Iran e Stati Uniti attraversano una fase di crescente incertezza, funzionari iraniani avvertono sulla mancanza di una strategia alternativa qualora i colloqui dovessero fallire. Secondo un’inchiesta di Reuters, le tensioni interne alla leadership iraniana, sommate a pressioni esterne e al sostegno solo parziale di Cina e Russia, lasciano Teheran priva di una direzione chiara se i negoziati dovessero interrompersi. Malgrado le indicazioni della Guida Suprema, Ayatollah Ali Khamenei – che respinge le richieste di Washington come eccessive – alcuni esponenti iraniani, citati da Reuters, mettono in guardia: senza un allentamento delle sanzioni internazionali, la ripresa economica del Paese resterà fuori portata. Teheran potrebbe rafforzare i legami con Pechino e Mosca, ma gli analisti ritengono che un simile orientamento offrirebbe solo un supporto simbolico, in uno scenario internazionale sempre più instabile. Restano inoltre irrisolti nodi cruciali, tra cui le scorte di uranio arricchito e il programma missilistico iraniano. Lo stesso rapporto sottolinea che qualsiasi accordo sostenibile richiederebbe misure tangibili da entrambe le parti, possibilmente entro la scadenza dell’attuale risoluzione ONU prevista per ottobre.
Israele pronto ad agire? Allarme da Washington: «Preparativi per un attacco»
Nel frattempo, fonti dell’intelligence statunitense rivelano che Israele starebbe valutando un attacco contro le infrastrutture nucleari iraniane, nonostante gli sforzi diplomatici dell’amministrazione Trump per raggiungere un’intesa con Teheran. Secondo quanto riportato dalla CNN, un’azione militare israeliana rappresenterebbe una netta rottura con la linea del presidente, e appare improbabile che venga intrapresa senza almeno un tacito via libera da parte americana.Un attacco di questo tipo potrebbe innescare una pericolosa escalation in Medio Oriente, regione già destabilizzata dal conflitto a Gaza e dalle tensioni esplose a partire dal 2023. Sebbene non vi sia certezza su una decisione definitiva da parte israeliana, all’interno dell’amministrazione statunitense prevale il disaccordo sul grado di probabilità che tale scenario si concretizzi.
«La possibilità di un attacco israeliano a un impianto nucleare iraniano è cresciuta sensibilmente negli ultimi mesi», ha dichiarato una fonte a conoscenza delle valutazioni dell’intelligence. A preoccupare, anche l’ipotesi che un eventuale accordo promosso da Trump non riesca a garantire lo smantellamento completo dell’arsenale di uranio iraniano, aumentando così il rischio di un intervento militare israeliano. Oltre ai segnali pubblici e privati lanciati da esponenti di primo piano dell’establishment israeliano, vi sono comunicazioni intercettate e spostamenti militari – come il trasferimento di munizioni aeree e il completamento di esercitazioni – che alimentano l’ipotesi di una mossa imminente. Tuttavia, gli stessi movimenti potrebbero rappresentare una strategia di pressione su Teheran per costringerla a rivedere gli elementi cardine del suo programma nucleare. Un gioco di specchi che riflette la complessità crescente del dossier iraniano, e le sfide che attendono la Casa Bianca nei prossimi mesi.
Trump alza il livello dello scontro: «Attacco militare se falliscono i negoziati con l’Iran»
Donald Trump ha minacciato pubblicamente un’azione militare contro l’Iran qualora gli sforzi diplomatici per raggiungere un nuovo accordo sul nucleare dovessero fallire. L’intesa, secondo i piani dell’amministrazione, dovrebbe limitare o smantellare il programma atomico di Teheran. Ma Washington ha fissato una scadenza precisa. Secondo fonti vicine alla Casa Bianca riprese dalla CNN, Trump avrebbe inviato a metà marzo una lettera alla Guida Suprema iraniana, Ayatollah Ali Khamenei, ponendo un ultimatum di 60 giorni per il successo dei colloqui. Da allora sono passati più di due mesi e il primo round negoziale è iniziato da 38 giorni, senza progressi significativi.
Un alto diplomatico occidentale, dopo un incontro con Trump all’inizio del mese, ha confermato che il presidente avrebbe concesso solo alcune settimane prima di autorizzare possibili operazioni militari. Tuttavia, la linea ufficiale della Casa Bianca rimane improntata alla diplomazia. Questa postura ambivalente ha messo Israele in una posizione delicata. Jonathan Panikoff, ex funzionario dell’intelligence americana con delega alla regione, ha sottolineato come il premier israeliano Benjamin Netanyahu si trovi «tra l’incudine e il martello»: da un lato la necessità di ostacolare un’intesa che Israele ritiene insufficiente; dall’altro il timore di incrinare i rapporti con l’ex presidente, con cui vi sono già state frizioni su questioni di sicurezza regionale. «Alla fine – ha affermato Panikoff – la decisione di Israele dipenderà dalle scelte politiche e dalle mosse degli Stati Uniti. È difficile immaginare che Netanyahu possa ordinare un attacco senza almeno un tacito via libera da parte americana».
Teheran in difficoltà: Israele valuta l’opzione militare mentre l’Iran tocca il punto più basso in decenni
L’Iran si trova nella sua posizione militare più debole degli ultimi decenni, complice una combinazione di fattori: un’economia in crisi aggravata dalle sanzioni, la distruzione delle sue infrastrutture missilistiche e di difesa aerea da parte di Israele lo scorso ottobre, e l’indebolimento dei suoi proxy regionali più influenti. Secondo fonti dell’intelligence statunitense citate dalla CNN, Israele considera questo scenario come una finestra strategica di opportunità. Washington, da parte sua, sta intensificando la raccolta di informazioni per poter assistere le autorità israeliane qualora venisse presa la decisione di colpire.Tuttavia, una fonte vicina all’amministrazione Trump ha precisato che un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti in eventuali attacchi contro i siti nucleari iraniani sarebbe improbabile, a meno di una provocazione significativa da parte di Teheran. Le capacità operative di Israele, infatti, da sole non sarebbero sufficienti a distruggere completamente il programma nucleare iraniano: servirebbero supporto logistico, rifornimenti aerei e bombe ad alta penetrazione, come già emerso in precedenti valutazioni della CIA. Una fonte israeliana ha dichiarato alla CNN che Israele è pronto ad agire anche unilateralmente se gli Stati Uniti dovessero raggiungere un’intesa con Teheran che venga considerata inaccettabile da Gerusalemme. L’accordo, ha riferito la fonte, sarebbe visto come «sbagliato» e non garantirebbe la sicurezza dello Stato ebraico. Una recente valutazione dell’intelligence statunitense, risalente a febbraio, suggerisce che Israele potrebbe approfittare dell’indebolimento delle difese aeree iraniane utilizzando aerei da guerra o missili a lungo raggio per colpire infrastrutture strategiche. Tuttavia, secondo quanto riportato dai media americani, un’azione militare di questo tipo rallenterebbe solo marginalmente il programma nucleare iraniano, senza rappresentare una soluzione definitiva.
Nel frattempo, i negoziati tra Stati Uniti e Iran restano bloccati su un punto cruciale: la richiesta di Washington che Teheran rinunci completamente all’arricchimento dell’uranio. Un processo che, se da un lato può portare alla produzione di armi nucleari, dall’altro è essenziale per la generazione di energia a uso civile. Steve Witkoff, inviato speciale a capo della delegazione statunitense, ha dichiarato ad ABC News che gli Stati Uniti non possono accettare «nemmeno l’1% di capacità di arricchimento» in un futuro accordo. «Abbiamo presentato agli iraniani una proposta che affronta questi aspetti senza mancare loro di rispetto», ha spiegato Witkoff. Ma la posizione di Teheran resta intransigente. Martedì, la Guida Suprema Ali Khamenei ha affermato di non aspettarsi un esito positivo dai colloqui con gli Stati Uniti, definendo “un grave errore” l’insistenza americana sulla rinuncia all’arricchimento. L’Iran rivendica il proprio diritto all’arricchimento ai sensi del Trattato di non proliferazione nucleare dell’ONU, e ha ribadito che non intende fare concessioni su questo punto. Secondo Witkoff, un nuovo round di negoziati potrebbe svolgersi in Europa nei prossimi giorni (forse ancora a Roma) . Sebbene entrambe le parti abbiano presentato proposte, dopo oltre un mese di trattative – mediate dall’Oman – non esiste al momento alcuna bozza approvata dal presidente Trump, riferiscono fonti vicine al dossier. Intanto, le agenzie di intelligence americane continuano a monitorare l’eventualità di un attacco israeliano contro siti chiave del programma nucleare iraniano. «Per Israele – ha sottolineato un funzionario statunitense – l’opzione militare è sempre stata considerata l’unica realmente efficace per fermare il programma nucleare di Teheran».