Matteo Giunta: “Curtis diversa da Federica Pellegrini, Mao va lasciata tranquilla. Con Martinenghi sperimentiamo un nuovo approccio”
Nuovo appuntamento con OA Focus su YouTube, nel quale Alice Liverani è qui affiancata da Enrico Spada per mezz’ora di intervista con Matteo Giunta, per il quale ogni introduzione non si ritiene fondamentalmente necessaria. Tanti i temi, da quelli più lontani dal nuoto a, soprattutto, Nicolò Martinenghi, Los Angeles 2028 e il futuro.
Il primo tema è naturalmente Martinenghi: “Tete è un ragazzo che conosco dal 2017, l’ho sempre seguito con molto piacere. Adesso è un uomo: è maturato, ha 25 anni, e mi è sempre piaciuto per il suo approccio ad allenamento, gara e vita in generale. Sono quegli atleti che ogni allenatore vorrebbe allenare. Per me è stato molto facile dire di sì a questo progetto: è la condizione perfetta, in cui vorrei trovarmi, così come ogni allenatore. E con Fede è stata la stessa cosa. La difficoltà di Tete è che la rana in Italia è di un livello altissimo, quindi non puoi permetterti di arrivare a un campionato di qualifica in condizione non ottimale, altrimenti rischi di essere fuori dalla finale. Parte più difficile: in tre mesi di allenamento, con cambio abbastanza radicale, per lui di vita, per me affrontare gli allenamenti con un certo tipo di metodologia, sapendo che doveva essere già performante“.
Una riflessione su come si allenano figure di un tale livello: “Quando parliamo di atleti di alto livello, con background importante, devi essere capace di gestire l’atleta. Per farlo nel modo giusto devi essere capace di modellare il suo sistema di lavoro intorno all’atleta. Non puoi e non devi, anche se sei un allenatore vincente, restare fermo su quello che pensi sia il percorso perfetto: devi metterti in discussione, cercare di migliorare, perché si può sempre fare meglio anche di fronte a degli ottimi risultati. Il fatto che a Riccione Tete abbia fatto ottimi risultati non vuol dire che a quel punto ti siedi, continui su quella strada, ma sai che puoi continuare a migliorarti“.
Che tipo di lavoro si fa con Martinenghi: “Quando un atleta come lui ha vinto tutto, può essere un po’ un’arma a doppio taglio. Di positivo ha che hai raggiunto tutti gli obiettivi e goderti il resto del percorso, senza la pressione di chi ancora non ha vinto niente. Dall’altra parte, però, sentirsi (troppo) soddisfatti può portare a sedersi sugli allori e in uno sport come il nuoto, di performance, appena molli un attimo perdi completamente la tua condizione fisica e la tua possibilità di performare ad alto livello. D’altro canto c’è il mondo intorno a te, che da campione olimpico ti chiede di essere sempre performante e al top, e alcuni sono dietro l’angolo per poterti dare per spacciato o per finito. Questa è la parte negativa del nostro mondo, ed è a volte una cosa tutta italiana“.
Uno sguardo verso Los Angeles 2028: “Step by step. Abbiamo tempo: questo è un ciclo olimpico pieno, non ridotto come Tokyo-Parigi, ed è il momento giusto per fare cambiamenti, sperimentare nuove strade. Con lui sto cercando di capire le sue capacità di adattamento a certi carichi di lavoro. Ho iniziato a fare progressioni di allenamento che faceva quand’era più giovane, in fase di costruzione. Quello che è importante è per me dare stimoli diversi: se è troppo ripetitivo, ti fermi troppo sugli stessi allenamenti, metodologie, programmi, il fisico tende ad adattarsi meno e anche mentalmente è controproducente. Invece facendo cose diverse hai questa sensazione di freschezza, di fare cose che ti possono servire e riescono a darti quel qualcosa in più e provare a migliorare te stesso. Come obiettivo principale c’è quello cronometrico: vuole vedere se riesce a migliorare sé stesso, che è la benzina di tutti gli sport di performance, al di là dei risultati“.
Paragoni Curtis-Mao-Pellegrini: “Da un punto di vista giornalistico Fede la tirano sempre in ballo su qualsiasi argomento. Fu tirata in ballo con Benedetta Pilato, che nuota un altro stile ed è un’atleta che ha peculiarità agli antipodi rispetto a lei. Paragoni che non hanno senso, ma a livello di clickbait può aumentare i dati. Con Sara Curtis è successa la stessa cosa. Inizialmente ho sempre detto che Sara è un’atleta formidabile, ma con Fede ha poche similitudini, perché ha doti di velocità incredibili e secondo me non è esplosa a questi Campionati. Il record dei 100 ha enfatizzato tutto, ma già l’anno scorso nuotava un 50 di altissimo livello e non è una sorpresa. Abbiamo grossissime aspettative su di lei e Los Angeles 2028, perché sarà da tenere d’occhio nei prossimi anni. Mao? Con lei l’accostamento ci sta, è una duecentista che fa i 400. Bisogna però stare attenti: è una ragazzina di 14 anni. E se guardate i record di categoria, la maggior parte sono di ragazzi e ragazze che non arrivano a sbocciare a livello assoluto e si perdono nell’età giovanile. Spesso e volentieri questi vengono caricati di pressione, in un’età dove la pressione non dovrebbe esistere, ma dove dovrebbero essere lasciati liberi di crescere in modo armonico e soprattutto di divertirsi, perché se non ti diverti a 14 anni, ma inizia a essere una ricerca della prestazione e del risultato, vai in burnout e a 18-19 anni già non hanno più voglia di nuotare. Detto questo, Alessandra Mao ha buonissime prospettive, ma dev’essere lasciata tranquilla. Avrei preferito che non vincesse il titolo italiano, e in quel caso sarebbe stata un pochino più ‘lasciata tranquilla’. I 200 stile libero è un po’ che a livello generale non stanno producendo grosse performance, 1’58″6 è un tempo eccezionale per avere 14 anni, ma non in assoluto“.
Alto livello in Italia, con poco da invidiare a Paesi molto più popolosi: “A livello tecnico penso che ci sia una delle realtà che ha gli allenatori più qualificati e con preparazione di altissimo livello. A volte la differenza tra un allenatore vincente e uno non vincente è solo la fortuna di trovare sul proprio cammino un atleta che possa esprimere risultati di altissimo livello. Ricordo l’allenatore di Popov: ‘qual è la tua bravura?’ ‘Ho incontrato Alexander Popov’. Il fatto è che abbiamo una media tecnica altissima, ed è uno dei fattori più importanti dei successi di questi ultimi anni. Non oso immaginare cosa potrebbe succedere se avessimo le infrastrutture e la disponibilità economica americana o australiana“.
Sugli allenatori e sulla preparazione: “La situazione è complessa. Il 99% degli allenatori in Italia sono grandissimi appassionati di sport e metodologia dell’allenamento: fare questo lavoro, con queste risorse economiche, è una cosa da fare un plauso a tutto il comparto tecnico e della categoria che è incredibile. Detto questo, mi ritengo fortunato a poterlo fare, perché non ne esistono di più edificanti, in cui ti svegli la mattina e non vedi l’ora di poter ‘spaccare il culo’ ai tuoi atleti ed avere a che fare con un materiale umano di altissimo livello. Da allenatore, quando riesci a far raggiungere un obiettivo al tuo atleta, è una soddisfazione che poche altre cose possono offrirti. Viviamo fondamentalmente di questo“.