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Prima stila una pagella e poi premia i peggiori: così il governo Meloni condona gli ‘inaffidabili’

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Il 30 settembre scorso è scaduto l’ultimo giorno utile per aderire al concordato preventivo biennale presentato nel 2024 dal governo Meloni e dal viceministro per l’Economia Maurizio Leo. Si tratta, se si vuole uscire dalla demagogia salviniana, di un condono neppure tanto mascherato, che il Sole 24 ore definì “Fuga dalle tasse”. Nel gergo governativo lo chiamano accordo con il governo ma nella sostanza è un elusione fiscale concordata che ha consentito a migliaia di lavoratori autonomi di pagare le tasse non in base ai guadagni effettivi ma in base a una proposta fatta dall’Agenzia delle Entrate al fine di fare emergere redditi in nero. Dunque un condono concordato.

Il viceministro Leo alla fine del biennio si è detto soddisfatto degli 1,6 miliardi entrati nelle casse dello Stato ma non ci ha detto quanti ne sarebbero entrati se lo Stato avesse preteso dagli evasori dichiarati il dovuto. Visto che il governo nelle dichiarazioni ufficiali parla a vanvera di riduzione delle tasse vale la pena entrare nei meandri più oscuri di questa giungla fiscale italiana e del suo criptico linguaggio per capire cosa si nasconde dietro quelle due paroline che tanto piacciono alla Lega di Matteo Salvini e al viceministro (meloniano doc) Leo, regista della cosiddetta riforma fiscale.

Con una certa facilità si può scoprire che dietro quelle due parole c’è un tentativo neppure tanto mascherato di legalizzare l’evasione del 55,4% delle partite IVA, quegli stessi lavoratori autonomi che il fisco in una pagella messa a punto dal governo definisce “inaffidabili”. Un modo piuttosto spudorato di consolidare una delle tante anomalie del nostro sistema: quelli che pagano più tasse sono i lavoratori dipendenti e i pensionati, che non hanno alcuna possibilità di concordare alcunché.

Nei confronti dei lavoratori autonomi (consistente base elettorale del centrodestra) l’obiettivo è lisciare il pelo o, per usare le parole sdolcinate della riforma siglata da Maurizio Leo, è “stimolare sempre di più la gente a adeguarsi e a essere confidenti con il fisco”. La cosa curiosa e a dir poco scandalosa è che il fisco ha messo a punto una pagella in base alle dichiarazioni fatte l’anno precedente, distinguendo tra dichiarazioni attendibili e inattendibili. Chi ha preso un voto dall’8 in su è stato considerato “affidabile”, chi ha ottenuto un voto sotto la soglia dell’8 è stato considerato “inaffidabile”. Una pagella servita a poco perché alla fine al concordato hanno partecipato tutti, ma se si guardano le cifre si capisce perché è in quell’area che va ricercata e colpita l’evasione. Altro che lisciare il pelo.

Secondo i dati ufficiali del dipartimento Finanza, su 2,42 milioni di autonomi censiti per formulare le pagelle, 1,34 milioni sono sotto la soglia degli affidabili. E, cosa che ha dell’incredibile, non di poco. Il reddito dichiarato da questi signori è di 23.530 euro l’anno; circa il 70% in meno di quelli, dello stesso settore, che la pagella ha definito affidabili. La cosa assurda è che il governo, invece di colpire gli inaffidabili attraverso controlli e sanzioni, gli ha proposto un concordato. Gli scostamenti tra affidabili e inaffidabili sono impressionanti: nelle società immobiliari toccano il -78,9%; nella ristorazione il -91%; nei bar e pasticcerie il -80,6%; nei negozi di abbigliamento -87,3%.

Adesso si capisce perché il presidente del Consiglio Giorgia Meloni dice che in Italia in questi due anni sono diminuite le tasse. Per quelli che non le hanno pagate sono sicuramente diminuite.

L'articolo Prima stila una pagella e poi premia i peggiori: così il governo Meloni condona gli ‘inaffidabili’ proviene da Il Fatto Quotidiano.




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