Il giallo dei fidanzati di Policoro, dopo 36 anni spunta una lettera: “C’è una parte di me che voglio cancellare”
Era il 23 marzo del 1988 quando Luca e Marirosa furono ritrovati senza vita nel bagno di casa di lei, in una villetta di Policoro. “Intossicazione da monossido di carbonio”: questa la causa della morte ufficiale, stabilita dagli inquirenti all’epoca dei fatti. Fu liquidata così la morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, come un banale incidente domestico. Una versione che non ha mai convinto la famiglia di lui che ancora invoca verità e giustizia, soprattutto adesso che, alla luce di nuove e recenti tracce, il giallo dei fidanzati di Policoro sembra svelare uno scenario piuttosto oscuro.
Il dramma dei due fidanzati
Luca e Marirosa hanno poco più di vent’anni e vivono a Policoro, piccolo sobborgo in provincia di Matera. Sono due studenti fuorisede pieni di sogni ambiziosi, quando le loro vite vengono spezzate nel pieno della giovinezza. Lei studia Architettura a Napoli mentre Luca è iscritto alla facoltà di Giurisprudenza, alla Cattolica di Milano. Sono entrambi rientrati nel loro paese di origine per trascorrere qualche giorno insieme. Antonia Giannotti, la madre di Marirosa, la sera del 23 marzo rientra a mezzanotte e in fondo al corridoio vede una luce provenire dalla porta aperta del bagno. La scena che le si presenta è questa: Marirosa è riversa nella vasca da bagno piena d’acqua mentre Luca giace a terra nudo. “Incidente domestico”, diranno gli inquirenti. Le loro famiglie non hanno mai creduto a questa storia. Anche perché i corpi dei due ragazzi presentano (secondo alcune testimonianze) segni evidenti di colluttazione. Sarà a madre di Luca, Olimpia Fuina a farsi portavoce di questa battaglia arrivando a chiedere più volte la riapertura delle indagini.
“È un grido che continua ad echeggiare nonostante i silenzi, gli sguardi altrove. Perché su quella vicenda non si è mai conosciuta tutta la verità. Come abbiamo più volte ribadito non ci convince il percorso giudiziario che ha approdato ad un giudizio contestabile. Un percorso accompagnato da un contesto sociale che, nella maggior parte dei casi, ha avvallato questi silenzi e ha cercato, fortunatamente invano, di portare al silenzio chi ha sempre urlato la sua sete di verità e di giustizia. Perché la responsabilità di chi si è reso colpevole, di chi ha omesso e chi ha depistato resta in eterno e va oltre le aule dei tribunali”: le parole, durissime, sono di don Marcello Cozzi, sacerdote che guida il presidio Libera Basilicata che ha sin da subito sostenuto l’appello della madre di Luca.
Le indagini
Gli inquirenti di Matera ipotizzarono che Marirosa fosse svenuta per prima, stordita dalle esalazioni di gas mentre faceva la doccia. Luca, per soccorrerla, sarebbe rimasto anche lui vittima delle esalazioni tossiche. Questa tesi ha portato alla chiusura delle indagini, ma non è riuscita a mettere a tacere le profonde perplessità della comunità locale e della stessa magistratura, sulla morte dei due fidanzati. Già nel 1989, il giudice istruttore Michele Salvatore, poco convinto dalla versione dell’incidente domestico, chiese di andare a fondo. Qualche anno più tardi anche l’allora magistrato Luigi De Magistris arrivò a parlare di un possibile “duplice omicidio dei fidanzatini”. Nonostante queste ombre, la versione ufficiale della morte accidentale per intossicazione è la più accreditata nei faldoni giudiziari. Negli anni, tutte le inchieste sono state archiviate nonostante siano stati riesumati i cadaveri. Una nuova perizia ipotizzò l’omicidio, del caso si discusse anche in Parlamento: l’allora ministro della Giustizia, Piero Fassino, nel 2000, parlò di “insufficienza degli accertamenti espletati”. Il papà di Luca è venuto a mancare e ad aspettare giustizia resta sua madre che ha sempre sostenuto che ci sia stato un depistaggio. Negli anni, un collaboratore di giustizia, ex affiliato della criminalità di Tursi, parlò di festini organizzati in un villaggio turistico di Policoro, a cui secondo quest’uomo, avrebbero partecipato uomini professionisti, imprenditori e persino magistrati, insieme a delle ragazze molto giovani. Il custode del villaggio confermò un viavai sospetto di auto di grossa cilindrata. Queste inquietanti ipotesi investigative, nella ricostruzione della signora Orioli sarebbero connesse alla sorte oscura dei due ragazzi. “La porta del bagno era aperta, la stanza areata, eppure si parla di monossido. Luca aveva un testicolo gonfio, come se fosse stato colpito, e Marirosa presentava una ferita alla testa. Sono segni che non possono essere ignorati”, ha dichiarato di recente a sostegno della sua battaglia. (Fonte: Open).
I nuovi elementi di indagine
“Amore mio, spero che resterai accanto a me anche quando ti confesserò una piccola parte di me che voglio cancellare per sempre”: emerge in questi giorni una strana lettera ritrovata da Olimpia, la madre di Luca. È stata attribuita a Marirosa che, secondo quanto riporta il Corriere del Mezzogiorno, l’avrebbe consegnata a Luca poche ore prima della tragedia. Secondo la famiglia di lui, è un nuovo elemento d’indagine perché quelle strane e angoscianti parole suggerirebbero l’esistenza di una verità nascosta. “Luca vivo avrebbe potuto nuocere a qualcuno”, dice Olimpia Fuina, certa che il figlio avesse conosciuto un segreto potenzialmente pericoloso al punto da mettere a rischio la sua stessa vita. Dopo aver presentato, a settembre, un’istanza alla Procura generale di Potenza per chiedere l’avocazione delle indagini, a seguito dell’ennesimo rigetto della Procura di Matera, l’avvocato degli Orioli Antonio Fiumefreddo ci tiene a rimarcare l’importanza di questa lettera. “Si tratta di un documento assolutamente inedito, mai acquisito né sequestrato nel corso delle indagini”, dichiara. “Si tratta di una lettera autografa – afferma l’avvocato – di Marirosa inviata a Luca Orioli poco prima della loro morte. Il contenuto apre uno scenario di straordinaria rilevanza investigativa, confermando la correttezza delle analisi condotte dai colonnelli Salvino Paternò e Cesare Nota Cerasi, quest’ultimo su delega del dottor Luigi de Magistris”, che quindi credeva in una pista ben precisa ma quale?
I festini della “Matera bene”
A parlare è sempre l’avvocato Fiumefreddo quando sostiene che: “Secondo le ricostruzioni in particolare del colonnello Paternò dietro la vicenda potrebbe celarsi un contesto di feste a cui avrebbero partecipato persone della “Matera bene”. Tuttavia non sta a me privilegiare una pista ma non possiamo escludere che i ragazzi, estranei a questi fatti, volessero comunque denunciarli”, dichiara l’avvocato. Ora la Procura di Potenza valuterà l’istanza. Mentre la famiglia Orioli spera il caso potrà riaprirsi, la famiglia di Marirosa nega che quella lettera potesse essere la sua. “Tutte le lettere di Marirosa sono state consegnate in copia alla nostra famiglia e tutte le lettere, tutte, avevano la busta, tranne una. Guarda caso quella con la frase ritenuta equivoca di Marirosa e sulla quale si è costruita la menzogna. Perché la famiglia Orioli ha fatto sparire la busta della lettera di Marirosa?”. La famiglia dichiara anche che “Numerose battaglie giudiziarie in sede civile hanno conclamato la falsità dell’accostamento tra la morte dei ragazzi ed i presunti festini”. (fonte: Corriere del Mezzogiorno).
Un giallo quello di Policoro che rievoca quello che riempie da mesi le cronache: il delitto di Garlasco. In entrambi i casi le primissime indagini, dopo il ritrovamento dei corpi, sono state centrali. Ma a indurre il parallelo sono anche le perizie in contrasto tra loro, le ipotesi investigative discordanti e una lunga vicenda giudiziaria che non sembra mai avere fine. La madre di Luca ha anche fatto riferimento più volte alla presenza di più persone sulla scena del crimine, altra similitudine. Su Policoro, come su Garlasco, aleggiano ombre persistenti che continuano ad alimentare profondi dubbi.
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