Alberto Trentini, l’ambasciatore López consegna a Maduro una lettera della mamma. Nel silenzio politico, Mattarella tiene alta l’attenzione
“L’Italia è al fianco di Alberto. E al vostro”. Con il suo tono pacato, non più consono ai tempi che corrono, il capo dello Stato Sergio Mattarella ha confermato ad Armanda Colusso – nella telefonata riportata da Repubblica – una verità innegabile: la storia del cooperante di Lido Venezia, recluso da 404 giorni nel carcere venezuelano de El Rodeo I, è ormai entrata nel cuore degli italiani, compensando il silenzio spettrale di Palazzo Chigi. Ma non solo. L’iniziativa di Mattarella, che chiede ad Armanda di “non perdere la speranza”, segna un punto di rottura con l’atteggiamento taciturno dell’attuale maggioranza di governo.
Nel frattempo, sull’altra sponda dell’Atlantico, a Caracas, prosegue la missione dell’ambasciatore Alberto López, dell’Organizzazione internazionale per i diritti umani, che è stato ricevuto dalla Presidenza della Repubblica del Venezuela e ha consegnato una lettera di Armanda rivolta a Nicolás Maduro. “Mio figlio era arrivato in Venezuela da pochi giorni, voleva aiutare le persone con disabilità e stava iniziando ad amare il suo Paese”, scrive Colusso al presidente venezuelano. “La mia famiglia vive a Venezia e Alberto è il nostro unico amatissimo figlio – prosegue – ed è la nostra ragione di vita”. Nella lettera, condivisa con Ilfattoquotidiano.it, la madre chiede al leader di Caracas di “concedere la libertà ad Alberto e permettergli di tornare a casa da chi lo ama“. “Sarebbe per noi una gioia incontenibile se venisse liberato per il Santo Natale”, ha auspicato.
Trattative in corso. Caracas ha anche ricevuto una comunicazione in cui il presidente dell’Oird, l’ambasciatore Gennaro Ruggero, esprime preoccupazione per le circostanze di Trentini, chiede un “dialogo bilaterale” con Palazzo di Miraflores e conferma la missione di López, voluta dall’ambasciatrice Oird Michela Turco e sostenuta anche dall’Organizzazione internazionale per i diritti umani. “Ne sono al corrente il ministero degli Esteri (Farnesina) e la Città del Vaticano”, si legge.
Interpellato da ilfatto.it l’ambasciatore López commenta: “Stiamo riscontrando disponibilità da parte delle autorità venezuelane. Le conversazioni procedono e veniamo trattati con attenzione e professionalità”. E chiosa: “L’impegno per la libertà di Trentini non è opera di un singolo attore diplomatico ma frutto di un lavoro di squadra. Che coinvolge tutti”. Nelle stesse ore l’ambasciatore López ha sostenuto un incontro con il direttore della Commissione Esteri dell’Assemblea nazionale, Sergio Talisandro. La svolta è senz’altro il risultato di una mobilitazione civile, pacifica e coordinata che ha superato più di 134mila firme su Change.org, quasi trecento giorni di digiuno a staffetta e diverse manifestazioni, anche di piazza, che si ricongiungono ai costanti appelli di Armanda. “Io andrò a casa con la convinzione che parlerete e scriverete di Alberto e chiederete assieme a me a gran voce la sua liberazione”, aveva detto a metà novembre a Palazzo Marino. E così è stato. Diverse voci hanno raccolto il suo appello: i riflettori si sono accesi sul cooperante e le istituzioni sono state spronate all’azione, ripristinando attraverso López un dialogo interrotto troppo a lungo.
Un’altra opportunità. Qualcosa è cambiato, alla Vigilia di Natale, là dove l’opinione pubblica è vigile, perché non si commettano più gli errori del passato: le prime settimane in bianco, mezzo anno senza contatti politici e più occasioni sprecate: dallo scambio di prigionieri Usa-El Salvador-Venezuela alla canonizzazione di José Gregorio Hernández e María Carmen Rendiles, i primi santi venezuelani. In tanti sono stati rilasciati mentre lui è rimasto dentro: i diciotto americani, tra cui David Estrella, un prigioniero svizzero, il francese Camilo Castro e una ventina di colombiani. Alcuni sono stati rilasciati nelle ultime settimane, a dimostrazione che neppure i venti di guerra nei Caraibi – tra sanzioni, raid su imbarcazioni civili e sequestri delle petroliere al Largo del Venezuela – fermano il lavoro diplomatico Anzi, c’è una diplomazia che prende il sopravvento a partire dai momenti di crisi, come dimostrato da Parigi, che ha riportato Castro a casa dopo aver chiesto il “rispetto del diritto internazionale”. Altre iniziative sono state adottate dal premier spagnolo Pedro Sánchez, che martedì ha ricevuto i familiari degli spagnoli detenuti in Venezuela.
Perché fare presto. La legale Ballerini, ma anche ilfatto.it, sono entrati in contatto con alcuni dei prigionieri rilasciati da Maduro: loro parlano di Alberto come un “uomo forte”, ma chiedono di “non perdere altro tempo”, viste le recenti di minacce di morte a El Rodeo I e le invivibili condizioni detentive, che lasciano “ferite difficili da cancellare”. “Fa impressione solo dirlo”, ha detto Fabio Fazio domenica a Che tempo che fa, aggiungendo: “Chiunque possa fare qualcosa lo faccia, ma lo faccia proprio con tenacia”. Su Trentini riposa anche la speranza di altri italiani detenuti nel Paese, tra cui Biagio Pilieri e Daniel Echenaguccia, i cui familiari chiedono che “non vengano lasciati nell’oblio”, ma “si adoperino gli strumenti diplomatici” necessari alla loro liberazione.
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