Aimee Song ha più di cinque milioni di follower su Instagram, un blog e un marchio di abbigliamento autoriferiti (Song of Style), un libro bestseller intitolato Cattura il tuo stile e una carambola di collaborazioni con le più importanti griffe. Song, 31enne californiana dalle origini coreane, quando si è laureata in Architettura d’interni all’Università delle Arti di San Francisco non pensava certo che il suo futuro sarebbe stato quello di diventare una fashion blogger planetaria. «Ho iniziato a postare alcune mie foto su Facebook per ricordarmi com’ero, una volta diventata vecchia!», ha dichiarato spesso.
Inserita dal magazine Forbes nella classifica degli under 30 più influenti nel mondo della moda e dell’arte, è stata tra le antesignane che hanno intuito le potenzialità dei social, trasformando dal 2008 a oggi la condivisione dei suoi look in un business internazionale. Il suo è un pubblico vasto e globalizzato, con cui ha imparato a condividere la vita in maniera pressoché costante, tra una clip in cui dispensa ricette di frullati detox e un tutorial su come abbinare l’outfit perfetto.
«Un tempo mettevo in mostra solo un lato molto patinato di me, oggi credo di fare un lavoro migliore mostrando tutte le sfaccettature di questo mondo. Dietro il glamour c’è un sacco di lavoro», aggiunge. «Viaggiare molto è un benefit del mestiere, ma mi tiene lontana dalle cose che per me sono importanti come la famiglia, gli amici e anche da uno stile di vita sano. Sono in giro mediamente 300 giorni l’anno e inoltre mandare avanti i miei affari da remoto non è così agevole come si può pensare».
Con il suo marchio di abbigliamento è diventata un brand in brand, siglando proprio lo scorso maggio la prima collaborazione di un’influencer con il colosso americano dello shopping on line Revolve.
La sfida concreta, in un business basato sui like, è quella di rimanere autorevole sia come testimonial che come imprenditrice e Aimee lo fa a modo suo: «Prima di pensare a quanti soldi mi danno, valuto se il marchio a cui accosto la mia immagine fa per me e se mi piace veramente: preferisco essere choosy che imbarcarmi in un progetto che non mi convince».
La chiave del suo successo è stata quella di adattarsi ai cambiamenti, evolvendosi anche nel modo di comunicare: non solo foto (anche se arriva scattarne 500 al giorno), insomma, ma sempre più spesso video e dirette: «Se potessi ricominciare da capo darei molto più spazio a YouTube e ai canali video, ed è lo stesso che consiglierei a chi vuole intraprendere questa carriera oggi. Non bisogna farsi ossessionare troppo dai numeri, ma capire qual è la propria nicchia d’elezione e investirci, rapportandosi con il proprio gruppo di riferimento nella maniera più onesta possibile». Lo stesso principio vale anche nei rapporti: «Credo che essere se stessi funzioni sempre, sia che si cerchi amicizia, opportunità di lavoro o una relazione. Basta essere autentici, senza mai scadere nell’inquietante. Il lato ironico dei social è che, anche se sono nati per far entrare le persone in contatto, spesso rendono le cose più difficili. Soprattutto quando si ha a che fare con così tanti profili diversi».
Impossibile non chiedersi cosa succederebbe nella realtà se a un appuntamento con una guru dello stile come Aimee Song si presentasse un uomo malvestito: «Sono cose che si possono migliorare facilmente con un po’ di shopping, ma se manca l’humor o non si ha niente di interessante da dire, c’è poco da fare! L’unico per cui farei un’eccezione sarebbe Barack Obama», ammette.
Essere esposti può generare anche insicurezze e critiche feroci, ma dopo più di un decennio la pelle diventa dura: «Ci sono stati episodi di cyberbullismo in seguito ai quali ho dovuto ricorrere perfino a un terapista, ma nel tempo sono diventata più brava a non prendere le cose troppo sul personale e questo tipo di negatività mi ha fatto realizzare quanto conti incoraggiare l’inclusione e la comprensione, sostenendo diversità e individualità. Per me è fondamentale diffondere messaggi di questo tipo tra chi mi segue e spingere gli altri a fare altrettanto».
Per Aimee l’ufficio è dovunque ci sia una buona connessione wi-fi, e infatti non esce mai senza lo smartphone («a volte me ne serve addirittura uno extra»), ma non ci sono solo selfie e location instagrammabili: «Sono molto coinvolta in cause come il problema idrico nei Paesi emergenti. E cerco di aiutare le donne di quelle zone per dar loro la possibilità di creare un reddito sostenibile attraverso organizzazioni no profit come Charity Water e We. Se fare blogging significasse solo parlare di vestiti sarebbe davvero noioso».
Aimee Song, l'identità non ha prezzo è una delle storie di GQ di settembre, in edicola dal 24 agosto
Testo di Simona Airoldi
Foto di Laura Villa Baroncelli
Servizio di Nik Piras
Fashion Editor Nicolò Andreoni
Hair Daniel Sung Hoon Kim
Make-up Melissa Hernandez @The Wall Group