A pranzo ad Amatrice, dove la rinascita parte dal gusto
A volte il miglior modo di aiutare qualcuno passa attraverso il gusto. È il caso di Amatrice e dei suoi tantissimi ristoranti, che sono diventati il motore economico e culturale della rinascita della città e del territorio. Andare a pranzo lì, nella provincia di Rieti, è sicuramente un modo per aiutarne la rinascita.
Sono passati tre anni da quando, il 24 agosto 2016, una scossa di terremoto di magnitudo 6.0 ha squassato il territorio lungo la valle del Tronto, tra i comuni di Accumoli e Amatrice, colpendo moltissime frazioni e insediamenti, provocando la morte di 298 persone e danni ingentissimi alle strutture e alle case.
La ricostruzione, da allora, procede. Moltissimo è ancora da fare ma lo spirito di chi è stato colpito dal sisma sembra essersi risollevato. Da tutto il Paese la solidarietà si è fatta sentire in modo tangibile, a volte bloccata da inspiegabili pastoie burocratiche, ed ha portato alla realizzazione di opere che, lentamente, fanno rinascere la zona. È il caso del Polo del Gusto, inaugurato nel luglio 2017 su disegno dell’architetto Stefano Boeri e grazie all’associazione della filiera del legno friulana con i fondi raccolti dal Corriere della Sera e TgLa7. Uno spazio nato per ospitare i migliori ristoranti della zona, tutti colpiti dal sisma, ma che da qui si sono rimessi in piedi e, anzi, stanno già terminando i lavori per tornare alle loro zone originarie.
A Roma è d’abitudine fare una gita di un paio d’ore in auto per raggiungere Amatrice: una passeggiata nei dintorni per ossigenarsi, poi l’immancabile sosta al ristorante per una gricia o un’amatriciana. Fu infatti merito dei Borboni, che portarono da Napoli i pomodori San Marzano, se l’originale gricia si trasformò in quella che è oggi l’amatriciana. E la variante piacque a tutti.
Da allora divenne famosa nella Capitale perché molti dei cuochi delle osterie e delle taverne di Roma venivano proprio da lì, da Amatrice. Una lunga strada che ha portato, nel 2015, alla tutela della ricetta originale fatta dal comune di Amatrice. Severissimo il disciplinare che regola la ricetta: né aglio né cipolla nel sugo, e per la pasta solo spaghetti; e d’altra parte Amatrice si fregia del titolo di «città degli spaghetti».
Nella gallery sopra i ristoranti per un pranzo tipico. Qui sotto, la ricetta più tradizionale:
LA RICETTA DELLA PASTA ALL’AMATRICIANA
Ingredienti: 400 gr. di spaghetti, 100 gr. di guanciale di Amatrice, 75 gr. di pecorino di Amatrice, 350 gr. di pomodori San Marzano, 1 cucchiaio di olio EVO, 50 ml. di vino bianco secco, 1 peperoncino.
Come si fa: La ricetta classica prevede l’uso del guanciale, da soffriggere nel suo grasso, senza aggiunta di olio. Molti manuali di cucina romana poi chiedono che al guanciale venga aggiunta la cipolla, mentre ad Amatrice non viene usata. Qualcuno poi soffrigge un dente d’aglio nell’olio extravergine d’oliva prima di aggiungervi i pomodori San Marzano e il guanciale, che può essere normale o con l’aggiunta di pepe nero e peperoncino. Rigoroso invece l’utilizzo, come formaggio, del pecorino romano. Varia la scelta della pasta da abbinare al sugo: spaghetti, certo, ma anche bucatini, tonnarelli o rigatoni.
Il sugo all’amatriciana comunque è tanto presente sulle tavole degli italiani da aver creato tantissime varianti, alcune delle quali ha creato scompiglio. Come quando lo chef Carlo Cracco annunciò in diretta tv che lui preferiva aggiungere uno spicchio di aglio vestito all’intingolo. E suggerì a un concorrente di Masterchef di aggiungere la cipolla alla gricia. Intervennero addirittura l’allora sindaco di Amatrice Pirozzi e il governatore del Lazio Zingaretti schierati contro la variante. Lo chef, nonostante gli interrogativi del londinese Guardian (“come ha fatto uno chef italiano a sbagliare la pasta più famosa del mondo”) continuò pacatamente a rimanere della sua idea. “La cucina – ha detto Cracco – è libero arbitrio”».
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