Per quattro mesi attaccato al telefonino per seguire le lezioni: i Lions gli regalano pc e stampante

UDINE. Con il suo italiano traballante, masticato davanti alla televisione di casa in Albania, ha dovuto passare ore sui libri e studiare con una determinazione feroce per raggiungere la preparazione del resto della classe. Poi è arrivato il lockdown. Scuola chiusa, addio contatti diretti con insegnanti e i compagni. Mollare? Non se ne parla. Silvin Lulashi, 17 anni, si è aggrappato al suo Samsung Galaxy 7 e ha continuato a correre, anche con la didattica a distanza. Ha toccato il traguardo: una media dell’8 e mezzo – nel suo primo anno da italiano – e la segnalazione, da parte dell’istituto tecnico Zanon, come studente meritevole. Un riconoscimento che gli ha portato una borsa di studio da 500 euro, il valore del computer e della stampante regalati dal Lions Club Lionello, guidato dal presidente Stefano Toppano.

«È stato un regalo meraviglioso, un pc mi serviva proprio – racconta Silvin, che vive a Udine con la sua famiglia, mamma Brixhilda, papà Lodovik e il fratellino di 11 anni, Kevin –. La didattica a distanza con lo smartphone non è stata semplicissima, soprattutto durante le interrogazioni era complicato mantenere la concentrazione».

Lasciata Scutari, cittadina da circa 200 mila abitanti nell’Albania nord-occidentale, Silvin è arrivato in Italia l’anno scorso, ad agosto, e si è subito buttato sui libri. «L’italiano un po’ lo conoscevo perché seguivo i notiziari e documentari che passavano in tv, ma ho trascorso davvero molte ore a studiare a casa – racconta il giovane, appassionato di fantasy –. L’impatto con la scuola un po’ mi preoccupava: invece mi sono trovato benissimo da subito. Tutti mi hanno aiutato».

Dopo le prime settimane di adattamento («Dovevamo abituarci a un nuovo stile di vita, in una città più pulita e con meno caos»), il giovane – che a settembre comincerà la terza – ha messo il turbo.

«Sono riuscito ad ottenere buoni risultati – aggiunge –. Anche in Albania studiavo tanto, il metodo di apprendimento là è ugualmente serio, ma ancora vecchio stile. Non ci sono tanti computer come qui in Italia». Quando è piombato il coronavirus, la didattica a distanza ha preso il sopravvento. «È stata una situazione davvero straordinaria. La prima settimana ero disorientato, in più c’era qualche problema di connessione – ricorda –. Con il passare dei giorni le cose sono migliorate, sono riuscito a seguire le lezioni e a fare il mio dovere».

Il lockdown ha creato qualche disagio anche dal punto di vista emotivo. «L’ho vissuto male, sembrava di essere in prigione – ammette Silvin –. Quando ero triste mio padre mi diceva che quel momento non era nulla in confronto a quello che aveva vissuto lui: la sua infanzia e quella di mia mamma è stata segnata dalla dittatura, che si è conclusa nel 1992. Non c’era da mangiare, c’era molta povertà, mancavano i soldi per andare in vacanza». Una spinta ulteriore per non arrendersi. «Alla fine dell’anno ho preso 9 in tedesco, 10 in inglese, 8 in italiano: sono contento per come è andata» dice. La segnalazione della professoressa Francesca Bassa de Montonsori, funzione strumentale per gli allievi non italofoni, è stata un passo naturale nel riconoscimento del talento del giovane.