Contributi a fondo perduto, la protesta dei commercialisti: a pochi giorni dalle scadenze non si hanno certezze
In ballo c’è l’ultimo, e il più ricco, dei bonus che il Governo ha varato a favore delle imprese colpite dall’emergenza Covid-19: quel contributo a fondo perduto che garantisce una dote minima di 1.000 euro per le imprese individuali e di 2.000 per le società con meno di 5 milioni di euro di fatturato annuo. Alla scadenza del termine per la presentazione delle domande, fissata per giovedì 13 agosto, mancano pochissimi giorni.
Ma nessuno, né il Governo né l’Agenzia delle entrate, ha ancora chiarito uno dei grandi dubbi irrisolti sui criteri di ammissione: quali sono i Comuni le cui imprese possono accedere al contributo, al suo valore minimo, anche in assenza del requisito chiave nella ratio della norma, e cioè il fatto di aver subito, ad aprile di quest’anno, un calo del fatturato o degli incassi pari ad almeno il 33% rispetto ai valori dello scorso anno. Il decreto Rilancio, sia nella sua versione iniziale che nella legge di conversione, prevede infatti che il criterio del calo di fatturato non si applichi né alle imprese avviate dopo il 1º gennaio 2019, né a quelle con sede fiscale od operativa in comuni colpiti da eventi calamitosi con i connessi stati di emergenza ancora aperti al 31 gennaio di quest’anno.
Rebus Vaia
La natura degli eventi calamitosi in questione ha trovato spiegazioni molto parche nella documentazione e nelle circolari dell’Agenzia delle entrate. Che si è limitata a pubblicare un elenco «non esaustivo», di Comuni con stati di emergenza aperti, tra cui non figurano enti locali della nostra regione.
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Eppure il Friuli Venezia Giulia, come confermato dalla Regione di fronte a una richiesta di chiarimenti pervenuta dall’Ordine dei commercialisti, ha ben 121 Comuni con stati di emergenza tuttora aperti, quasi tutti per danni risalenti alla tempesta Vaia dell’autunno 2018, il cui stato di emergenza è stato prorogato al novembre 2021. Si tratta non solo della fascia montana e pedemontana udinese e pordenonese, ma anche di molte aree della pianura e ben 3 capoluoghi di provincia su 4, con la sola esclusione di Udine.
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I commercialisti
Già sollevata su questo giornale il 22 giugno scorso, la questione non ha ancora trovato chiarimento. I commercialisti, già sul piede di guerra con il Governo per la mancata proroga delle scadenze fiscali, hanno atteso la pubblicazione della legge di conversione in Gazzetta per chiedere chiarimenti all’Agenzia delle Entrate: gli ordini del Fvg e del Veneto si sono mossi simultaneamente, ma le risposte ricevute non li hanno aiutati a fare chiarezza. Se la Direzione Entrate del Veneto ha fornito il lungo elenco di Comuni con stati di emergenza aperti, precisando però che la risposta non aveva caratteri di interpretazione autentica della legge, quella del Fvg ha taciuto.
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L’unica certezza è che nella nostra regione ci sono, come anticipato sopra, 121 Comuni (su 215 complessivi, quasi il 60%) in stato di emergenza, tutti per cause legate al maltempo: la causa più frequente di proroga dell’emergenza è l’enorme volume di alberi abbattuti ancora da rimuovere nei boschi. Norma alla mano, l’emergenza ancora aperta dovrebbe essere una condizione sufficiente per schiudere le porte al contributo da 1.000 o 2.000 euro alle imprese con sede in quei comuni. Troppa grazia Sant’Antonio? I commercialisti si sono posti il dubbio, ma nessuno si è preso la briga di scioglierlo.