Salvini, Topolino e questo giornale: tornare ai fondamentali
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L'attacco del leader leghista al Tirreno. La risposta del direttore
Questo articolo risponderà per le rime a Matteo Salvini che ha riservato al Tirreno, il giornale che mi onoro di dirigere, una serie di attacchi semplicemente falsi. Prima però, scusate, c’è una importante questione da risolvere, che riguarda Topolino.
Perché Salvini, ogni estate, tira in ballo Topolino? Io proprio non lo capisco. Nel luglio 2019 il leader della Lega aveva dovuto fronteggiare una domanda in tv. Sì, dai, quelle cose che fanno i giornalisti: le domande. Gli avevano chiesto conto dell’inchiesta dell’Espresso sui fondi russi. Lui – scartata solo all’ultimo momento l’opzione di citare Søren Kierkegaard – aveva optato per questa risposta: «Preferisco Topolino a L’Espresso, se posso scegliere delle letture fantasy». Si sbellicarono tutti dalle risate! Lo staff del Capitano decise di mettere questa sagace analisi su twitter. Un bravissimo sceneggiatore di Topolino, Roberto Gagnor, replicò così: «Allora ci legga. Nelle nostre storie troverà cose interessanti: fantasia, cultura, tolleranza, apertura verso gli altri, coerenza, universalità». Come scrivono nei fumetti: boom! Il tweet dello staff di Salvini fu cancellato di gran fretta. E uno.
Un mesetto dopo Salvini, ormai ex ministro dell’Interno previo harakiri, lo fa di nuovo. E rilascia un’altra dichiarazione approfondita: dice che non si aspettava di trovarsi «i renziani pronti a votare per il governo di Pippo e Topolino». E due. Anche in questo caso spunta un ottimo sceneggiatore della rivista Disney, che asfalta l’uomo carismatico della Lega. Si chiama Francesco Artibani. La sua risposta è fulminante. «Matteo, quello che conta è che mercoledì prossimo Topolino sarà ancora al proprio posto. Tu no» disse Artibani. Ovviamente questa figuraccia fece il giro d’Italia.
(C’è da dire che qui il leader politico aveva piazzato improvvisamente in scena anche Pippo. Non so però quale lettura dare a questa mossa, nel contesto sociopolitico nazionale).
L’altro ieri in un ristorante la frase su Topolino – quella che, se non arriva, non è veramente estate – è tornata. E, teniamoci forte, riguarda da vicino anche noi del Tirreno. «Parlavo con il sindaco di Piombino del Tirreno... Se devo ridere leggo Topolino, non il Tirreno, con tutto rispetto per Topolino». E tre. Mamma mia che successo: hanno riso almeno in una decina, aspettando il secondo.
Ora, io posso capire che un sindaco di destra sia imbarazzato per l’azione di un giornale che negli ultimi tempi ha condotto una eccezionale inchiesta, capace di svelare per esempio che l’amministratore delegato della Società Parchi ha preso casa nella foresteria del parco archeologico di Baratti e Populonia, vende i vini della Coop di cui è presidente in Franciacorta nel Caffè del museo e nonostante la legge sulle società pubbliche svolge anche le funzioni di direttore. Posso anche capire che a Piombino è successo un po’ di casino, ovviamente riportato dal Tirreno, perché il sindaco ha pensato bene di incontrare Salvini e la candidata alla presidenza della Regione (la quale, a proposito, appare melanconicamente sempre più sullo sfondo di queste scene, oscurata dall’onnipresente e ingombrante leader nazionale: liberatela!). Quell’incontro non è avvenuto in una piazza o in una sede di partito, bensì in municipio, in sede istituzionale, in piena campagna elettorale; e insomma non è stata una bella figura.
Quindi, va bene, posso capire il nervosismo locale; però, via, Salvini, via, visto che ti garba la Toscana capirai l’espressione “darsi una regolata”. In Val di Cornia hai detto che il Tirreno dice cose false: ma dove, ma quando, ma cosa. Alle prime domande (quelle cose strane che fanno i cronisti: le domande) si sgretola tutto questo castello che non si sa se è di sabbia o di carte, ma comunque è ben fragile, precario perché finto come una moneta di Topolinia (ops). A Marina di Pisa hai detto che giornali e tv nazionali, questa oscura fanteria del male, sono volutamente reticenti, sordi al richiamo della foresta leghista, determinati a non mostrare la verità di folle osannanti e successi in tournée. Bastava aprire il Tirreno di ieri, per vedere foto e scene, puntuali, precise, oneste. Ma verificare è così difficile, così noioso, immagino.
Che poi, bisognerebbe intendersi su un’altra cosetta. Dire ai giornalisti che affermano il falso è come dire a un panettiere che il suo pane è velenoso, o a un bagnino che fa affogare i bambini apposta. Bisogna davvero ripartire dai fondamentali. Ripetiamo tutti insieme: questa è una roba grave, tra persone serie non si fa. Si discute, si sostengono argomenti, si contesta, ma nel rispetto. Altrimenti, una menzogna finirà per squalificare chi la dice. Inesorabilmente.
Potremmo anche vedere il bicchiere mezzo pieno. Ogni mese riceviamo attacchi dai poteri vari, di ogni colore politico e di ogni tonalità economica: siamo sempre qui, da 143 anni. Beppe Grillo qualche anno fa tuonò: non comprate il Tirreno. Che grandi vendite facemmo, quella settimana! Ma sinceramente sarebbe meglio che questa robaccia tossica e incolta smettesse di esistere.
Qualche tempo fa, in piena emergenza covid, i vertici della Lega per la provincia di Livorno organizzarono una pittoresca manifestazione di protesta davanti alla sede del Tirreno, alcune decine di persone. Lamentavano non si sa bene cosa: in sintesi volevano che pubblicassimo di più i loro comunicati stampa. Di quella giornata mi sono rimaste impresse un paio di cose. La prima: invitammo una delegazione dei nostri contestatori ad entrare in sede, per parlare con noi, ed erano sbalorditi: non se lo aspettavano, di essere accolti da chi stavano attaccando. La seconda cosa è l’espressione di un esponente della Lega della costa livornese, che fu molto gentile e mi spiegò che in casa sua, sin da bambino e oggi che è adulto e ha messo su famiglia, il Tirreno non manca mai, ogni giorno. Ecco, io non saprei davvero cosa dire oggi a quel signore che quel giorno fu così civile e sincero. Posso dire però a tutti che il Tirreno è così. Porte aperte e fondamenta solide.